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Natale a Buenos Aires sulle note di un Tango.

Arrivo a Buenos Aires con una “iluvia que no moja y no iluvie”, è Natale e non ritrovo più i fiori di dieci e più anni fa, ma solo alberi che s’intravedono nella nebbia che bassa mi accompagna lungo il viale che conduce al “Hotel Dos Cogresas”.  Ritrovo l’alloggio di sempre, in pieno centro, un punto strategico dove i diversi “Barrios” sono facilmente raggiungibili.

Buenos Aires è una rappresentazione dell’Europa, con i suoi palazzi a volte un po’ decadenti a ricordare uno sfarzo che appartiene ad un passato che sembra rimanere lì, fermo sulla scena. Amo fermarmi a bere un caffé accompagnato da una “mezza Luna” nei “bistrot”, che tanto mi ricordano Parigi e poi dopo una lunga passeggiata ritrovo il “ Barrio Palermo”, ricco di ristoranti italiani .

Rafforzo il legame con il famosissimo “Café Tortoni”, fondato nel maggio del 1858, cento anni prima della mia nascita, in questo luogo dieci anni fa ho deciso di praticare il Tango.

Il Tango già dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità: “personifica sia la diversità culturale, sia il dialogo. Rappresenta l’essenza di una comunità e pertanto merita di essere salvaguardato”. Non è solo un ballo, spesso è uno stile di vita, ma noi Europei siamo solo il “popolo della notte”, difficilmente riusciamo a coglierne il vero significato.

Raggiungo la “Boca” da dove ha inizio il Barrio del Caminito, in lontananza il suono di un “Bandoneόn”, sprofondo nel business turistico che purtroppo lo invade.

La Boca, il vecchio porto di Buenos Aires, privato dalle navi da carico del passato, l’acqua stagnante sembra non aver più nulla da raccontare. Una visita al Museo Quinquela, ricco d’opere pittoriche, mi consente di rivivere questi luoghi nel tempo che fu, quando il porto commerciale brulicava di “Vita vera”.

L’artista Benito Quinquela Martin, è riuscito con un progetto grandioso a far rinascere questo quartiere povero. Negli anni cinquanta tutte le case di legno sono state dipinte con colori vivaci; le costruzioni ormai in stato di degrado sono una rappresentazione originale delle case popolari, i “convertillos”, abitati da immigranti in prossimità della Boca e lungo la vecchia ferrovia, dove si trova la maggiore espressione turistica del “Tango Porteňo”, in questa città si trova il più grande museo a cielo aperto. Nei dipinti di Quinquela è possibile percepire la vita dei nostri immigrati, una vita fatta di stenti, ma anche d’allegria e di comunione con tutti i popoli che nel tempo sono approdati in questa terra. Il tango non è solo il “ballo sensuale”, che è stato venduto oltre Oceano, ma è soprattutto una rappresentazione storica di una cultura; attraverso la musica del Tango si canta la parodia della vita, la vita di quelle persone che nella notte ricercano in una Buenos Aires d’altri tempi la “Gata Varela” un polacco di nome Goyeneche, un “traficante de illusiones”, un “settembre del 68”, ma soprattutto la consapevolezza “que para vivir ya que tener un gran amor”. Cammino lentamente lungo la vecchia ferrovia, una nota stonata di un cantore argentino porta alla mia consapevolezza “que no soy Maria de Buenos Aires”, ma solo Maria de Italia.

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