Politica

L’assessorato ai Beni Culturali e all’Identità siciliana a un leghista

“E’ stato un vertice positivo e costruttivo – è questo il commento del presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè -. Bravo il presidente Nello Musumeci e complimenti anche al senatore Stefano Candiani della Lega che ha dato una grande dimostrazione di maturità politica, garantendo che attraverso la delega ai Beni Culturali la Lega-Salvini Premier darà impulso alla sburocratizzazione. Spero che l’assessore ai Beni culturali, chiunque esso sarà, abbia il coraggio, e ne sono certo, di imprimere una svolta amministrativa partendo dalle Sovrintendenze: ci sono 18 mila pratiche ferme. Vanno sbloccate di colpo, salvo verifiche successive. Valgono qualcosa come 3 punti di Pil, e in un momento in cui la Sicilia rischia di perdere 10 punti, mandando in fumo 7 miliardi di euro, non possiamo permetterci di stare fermi: serve uno shock”. E lo shock c’è stato nei siciliani che si chiedeno come l’assessorato ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana possa mai andare ad un leghista. Anche i più decisi sostenitori del presidente Musumeci sono rimasti perplessi. Un salto di qualità all’inverso dal compianto Sebastiano Tusa a uno degli alfieri del partito più lontano dal concetto generale di cultura e ancora di più da una genuina “identità siciliana”. E dire che si erano sollevate perplessità, anche tra le forze di governo, quando si era parlato dell’assessorato all’Agricoltura anche perché nella Pianura Padana di questo settore se ne intendono. Miccichè, inoltre, sembra avere dimenticato l’attacco fattogli da Salvini nel dicembre 2019 su Twitter: “Questo signore (di Forza Italia) ha bisogno di studiare la storia ma soprattutto ha bisogno di un dottore, ma uno bravo”. Adesso potrà pensarci l’assessore leghista. Ma, cosa ancor apiù grave, è che tutti abbiano dimenticato la frase dell’allora ministro all’Economia Giulio tremonti, di Forza Italia ma così vicino alle posizioni leghiste da far arrabbiare il Cavaliere, che nell’ottobre 2010 al termine di un Consiglio dei Ministri particolarmente prodigo nel taglar fondi al settore ebbe a dire: «Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia». E quindi, per gradire e magari riflettere un po’, ecco alcune facezie leghiste su Sicilia, Meridione e Cultura.
Mario Borghezio nel 2012: “Vendiamo la Sicilia, è un paese improduttivo senza speranza, la venderei agli Usa o a qualche pool di miliardari russi o americani. E se per esempio, come sembrava che si potesse fare nell’immediato dopo guerra, gli Stati Uniti volessero aggiungere una stellina alla loro bandiera, allora molto volentieri la Sicilia, ma prima ancora la Campania, perché siamo di fronte a zone completamente improduttive. Sarebbe un p’ alleggerita quella palla al piede che finché siamo tutti insieme appesantisce il nord”. Francesco Speroni nel 2006: “Gli italiani fanno schifo e l’Italia fa schifo. Perché non vuole essere moderna e hanno vinto quelli che vogliono vivere alle spalle degli altri”. Erminio Boso nel 1995 in Senato insulta un usciere: “Poiché tutti i meridionali sono ladri e lei è un meridionale, lei non può che essere un ladro”, e nel 2013: “Sono contento se affonda un barcone. Sì. Perché pagano le persone che giocano sulla pelle della gente”. Matteo Salvini nel 2012: “La Lombardia e il Nord l’euro se lo possono permettere. Io a Milano lo voglio perché qui siamo in Europa. Il Sud invece è come la Grecia e ha bisogno di un’altra moneta, l’euro non se lo può permettere”, e nel 2013: ““Ci siamo rotti i coglioni dei giovani del Mezzogiorno, che vadano a fanculo i giovani del Mezzogiorno”. Per tacere delle feroce campagna leghista contro la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Alla fine degli anni ’90 il quotidiano “La Padania”, organo della Lega, inaugura la pagina degli Esteri: ovvero Roma e il Sud. Questo è stato ed è il loro modo di pensare, rinnovato da Umberto Bossi
Ma, al di là di queste facezie da bighelloni, uno dei punti più preoccupanti è che nei programmi leghisti dei vari appuntamenti politici la parola “cultura” viene molto poco menzionata. E l’Identità siciliana? Abbinata alla Cultura ma cosa diversa. Nel settembre 2018 il vicepresidente della Regione Gaetano Armao annunciò che la “lingua siciliana arriverà nei banchi di scuola” spiegando che “Per questo motivo il governo regionale, in coincidenza con la ricorrenza delle celebrazioni dello Statuto, ha maturato la decisione di rendere attuativa la legge 9 del 2011 sull’insegnamento del dialetto siciliano nelle scuole. Con l’assessore all’Istruzione, Lagalla, siamo impegnati a far studiare sui banchi di scuola, per un’ora la settimana, oltre alle lingue straniere, anche il dialetto”. Per rinfrescare la memoria ricordiamo che la Legge della Regione Siciliana n. 9 del 31 maggio 2011 “Promozione, valorizzazione e insegnamento della storia, della letteratura e del patrimonio linguistico siciliano nelle scuole” fu approvata dall’Ars quando il presidente della Regione era Raffaele Lombardo che da poco aveva rotto con il centrodestra nazionale spiegando che serviva «Un partito che sappia interpretare i bisogni del Sud, proponendone un modello di sviluppo che si basi sulle proprie capacità e risorse e abbandoni per sempre il rivendicazionismo». Siamo, però, certi che il nuovo assessore leghista per quel che riguarda cultura, tradizione siciliane e lingua saprà ben raccordarsi e consigliarsi con Salvini, Bossi, Calderoli, Borghezio e il resto dei componenti l’allegra brigata, che sono notoriamente molto ferrati in queste materie Ma, se proprio si deve dare un poltrona alla Lega, resta solo una domanda: “Ma un qualsiasi altro assessorato no?”.

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