L’assassino è accanto a noi
Siamo reclusi! Abbiamo deposto la nostra libertà per il bene comune, scontiamo una pena mai commessa nella speranza di redenzione. Poco più di quaranta giorni di reclusione, qualcuno dai balconi, con aria sommessa, festeggia una liberazione più amara della sua stessa ricorrenza. Nessuno intona canti, forse qualche nostalgico un fievole “bella ciao”, che poi forse neanche sa che senso abbia. Stiamo chiusi tra le nostre quattro mura, qualcuno in prigioni di cristallo; in fin dei conti la reclusione è come una livella, non guarda in faccia nessuno. Puoi avere tutto ma ti toglierà sempre il bene più prezioso, il tempo. Aspettiamo ansiosi e trepidanti una nuova conferenza stampa, qualcuno che ci comunichi cosa possiamo o non possiamo fare. Abbiamo lottato per la libertà e così rapidamente l’abbiamo messa di canto per un bene superiore, o così vogliamo credere. In realtà aspettiamo solo che qualcuno dia il via alla fase 2, che poi bene non si sa che cosa sia ma, di certo, sarà meglio della fase 1, si spera. Aspettiamo, speriamo di poter tornare liberi, con le restrizioni del caso. Una normalità apparente che profuma di vittoria ma che, alla fine, lascia tutti sconfitti. Abbiamo perso qualcosa mai scoperto prima, abbiamo accanto un assassino, vive in casa nostra, nel luogo più sicuro, ma non basterebbe un abile Poirot od un goffo Clouseau a smascherarlo. Si è insinuato nel luogo a noi più caro, dove tutti ci sentiamo protetti. È sul divano accanto a noi, in cucina, magari nel nostro letto. Abbiamo perso la fiducia in chi eravamo certi ci avrebbe sempre protetto. Sì, perché quando tutto, pian piano, riaprirà guarderemo tutti con sospetto. Il salumiere, il panettiere, il portinaio o nostra moglie. Potrebbe essere tuo figlio, il tuo compagno o tuo marito. Dopo essere stati dei Gregor Samsa, rinchiusi nella nostra stanza, spaventati dal mondo esterno, usciremo ancora più impauriti di prima. Eviteremo i nostri simili, faremo incetta di guanti e mascherine, dando sfogo ad una follia collettiva che solo un virus poteva far venire a galla. Forse, in questo universo Kafkiano, abbiamo solo messo in mostra ciò che realmente siamo, fragili, bigotti, paurosi scarafaggi. Abbiamo perso le nostre certezze o, forse, non le abbiamo mai avute. Ci siamo sempre nascosti dietro una realtà illusoria, non siamo altro che dei Neanderthal che hanno scambiato la clava per la tecnologia, tralasciando la cosa più importante, la necessità del rapporto umano, quello che da domani, o da giorno 4 maggio, forse non sarà più come prima.