Yasmine: simbolo delle colpe di un’Europa sempre meno inclusiva
La lettera che, qualche giorno fa, Luciana Littizzetto ha letto nella trasmissione di Fabio Fazio, colpisce come uno schiaffo in faccia ognuno di noi, che tra i luccichii delle luci degli alberi di Natale, corriamo da un negozio all’altro alla ricerca dei regali, e ci siamo già dimenticati del dramma di questa bambina di 11 anni aggrappata a una tavola di legno in mezzo alle onde del mare, pur di continuare a vivere.
Questa bambina si chiama Yasmine proviene dal Sierra Leone ed è l’unica superstite di un naufragio avvenuto nei giorni scorsi, al largo di Lampedusa.
E’ bene ricordarlo per quanti lo hanno già triturato nel calderone della loro frenetica quotidianità.
Nei nostri pensieri, concentrati sulla scelta del pranzo di Natale, non c’è posto per capire il terrore che deve aver provato questa bambina, circondata dal buio e dai corpi senza vita degli altri che erano con lei su quel gommone.
Il Natale è vicino, ma già noi prima ancora che il Bambino Gesù sia nato, lo abbiamo condannato a morte e ce ne siamo lavati le mani come Ponzio Pilato.
Ci siamo lentamente ma inesorabilmente chiusi nei nostri bozzoli di indifferenza all’interno dei quali, non appena si spengono i riflettori, scaraventiamo con noncuranza feroce, nomi e morti, li archiviamo in un angolo remoto delle nostre coscienze, in attesa di indignarci alla prossima tragedia senza senso.
Nel frattempo, uomini, donne e bambini senza nome, vengono dalla disperazione delle loro terre e approdano nella nostra terra in cerca di una speranza.
Ma la nostra terra non li vuole, li guarda con sospetto e così vengono risucchiati in un destino di abbandono e di indifferenza che sempre più spesso si tramuta in disprezzo e in odio, come se la loro stessa vita sia una colpa imperdonabile che il liberale e democratico Occidente non può perdonare.
Mentre vengono sballottati da un paese all’altro come anonimi pacchi postali, coloro i quali dovrebbero proteggerli gridano ciascuno le proprie ragioni politiche che non seguono le loro, ma gli interessi di partito per una propaganda a beneficio esclusivo della politica.
Le loro vite diventano il sacrificio necessario di una politica sempre più distante e che invece di farsi promotrice degli illuminati valori di accoglienza e di unione, è sempre più divisiva e fomenta gli animi in inutili quanto impietose campagne di chiusure dei confini.
“Polizia e politici italiani razzisti”
Questa l’accusa che il Consiglio d’Europa ha rivolto contro l’Italia ad ottobre. Nello specifico, secondo il rapporto dell’Ecri, la commissione contro il razzismo e l’intolleranza, composta da 46 esperti, uno per ogni Paese membro, la polizia italiana compie “profilazione razziale” nei confronti dei rom e degli africani e, soprattutto, la nostra politica, in questi ultimi anni, è diventata sempre più xenofoba e alimenta un dibattito pubblico dai toni divisivi su stranieri.
Un’accusa che ha sollevato l’indignazione italiana, soprattutto di una classe politica di destra che, però, fino a oggi, ha esplicitato solo posizioni intransigenti nei confronti dei flussi migratori.
Una mancanza di comprensione della problematicità in atto che, però, non è solo italiana, in molti altri Paesi membri sono state approvate leggi sull’immigrazione fortemente intrise di razzismo come, per esempio, in Francia con la legge Darmanin sotto il governo Macron.
Questo diffuso atteggiamento politico europeo evidenzia in modo chiaro che le politiche razziste e nazionaliste stano diventando un appannaggio dei governi qualunque sia lo schieramento politico.
Non solo l’Italia, ma tutta l’Europa sta vivendo un momento di particolare crisi nel definire i suoi rapporti con i sempre più consistenti flussi migratori.
Il rapporto con l’Altro è sempre più caratterizzato da politiche razziste che sfociano in discorsi nazionalistici e di esaltazione della razza.
E qui in Italia si assiste a questa escalation di toni che mira a fomentare odio e separazione nella popolazione.
Intanto tra un discorso e l’altro, persone disperate continuano a sbarcare.
Quest’anno, così come ha ricordato e sottolineato, la Littizzetto nella sua lettera, sono sbarcati sulle nostre coste 64.234 migranti di cui 7.879 solo minori. Ragazzi dell’età dei nostri figli che sono stati catapultati nella nostra terra, completamente soli, ma spinti dal desiderio di realizzare i sogni che sono stati negati loro.
Sogni spezzati come quello del ragazzino senza un nome di 14 anni, sul cui corpo senza vita è stata ritrovata la sua pagella cucita dentro la giacca.
A testimonianza del suo impegno a scuola e dei suoi bei voti, in modo da avere una possibilità di riscatto.
Ma nessuno se ne ricorda più, il suo ricordo è stata seppellito in fondo al mare di indifferenza e di colpevole inattività, insieme alle migliaia di altri corpi senza un nome.
Corpi che gridano il vergognoso fallimento non di questo o di quel partito, ma dell’intero genere umano che si è dimenticato che non sono i colori della pelle a renderci diversi o addirittura migliori.
Tutti abbiamo e meritiamo pari dignità umana.