Spettacoli

Wet Floor con Federico Gaime Nonnis e Daniel Dwerryhouse

I finali non sono mai scontati, né negli articoli di giornale né nella vita. Questa considerazione conclude Wet Floor (Pavimento Bagnato) andato in scena al Piccolo Teatro della Città, da sempre punto di riferimento per il pubblico che ama ricerca ed innovazione nel campo della drammaturgia contemporanea.
L’opera teatrale Wet Floor, inserita nel cartellone NuovoTeatro, prende di mira il mondo del giornalismo impreciso, manipolatore e tendenzioso (quando addirittura non inventa di sana pianta una notizia) eppure capace di avere il totale controllo di pensieri, parole, opinioni.
In scena Daniel Dwerryhouse, bravo attore con una lunga esperienza con i grandi della regia, e il giovane Federico Gaime Nonnis, nei panni rispettivamente di Ruth, un addetto alle pulizie, e di Ben, un giornalista di successo, osannato ed idolatrato dal suo pubblico.
I due personaggi, che stanno rispettivamente alla base e al vertice della piramide sociale, si incontrano/scontrano nella redazione di un quotidiano, dove il giornalista, abituato a comandare, è aggressivo ed arrogante, avvezzo al turpiloquio, avvezzo a dare spregiativamente del tu a chi svolge un lavoro manuale, come Ruth. Quest’ultimo lava i pavimenti dell’ufficio ma li lascia troppo bagnati, impedendo a Ben di camminarci sopra; nell’attesa che si asciughino, tra i due protagonisti nasce un dialogo su cosa è diventato oggi il giornalismo.
Da una parte c’è Ben. Afferma che il suo mestiere non sta nel cercare la verità ma piuttosto nell’assecondare le pulsioni più bieche: la gente vuole leggere ciò che gli piace, ciò che vuole sentirsi dire o ciò che presume di sapere. Ed ecco quindi dati in pasto ai lettori migliaia di articoli e servizi televisivi sul gossip, sulla vacuità di amorazzi veri o inventati, sulle diete miracolose ed i super-cibi, zenzero e curcuma in testa. Il giornalista, dunque, non è un agitatore di coscienze, un rivoluzionario mosso da spirito civico e voglia di cambiamento. L’unica sua esigenza è la velocità: se non sei il primo a dare la notizia (vera o falsa che sia), ignorala.
Ruth, da parte sua, chiede ingenuamente ai reporter notizie vere; e pretende un necessario ed urgente strumento che garantisca ai cittadini la possibilità di una correzione adeguata di notizie sbagliate o scorrette, per smentire e per ristabilire la dignità e la moralità di ogni persona ingiustamente diffamata dalla stampa, così come è accaduto a lui con conseguenze nefaste per la propria vita. La sua volontà di contestazione globale è estrema. Critica lo sporco ingranaggio del sistema nel quale è caduto il giornalismo, ingranaggio al quale però lui stesso soggiace.
Il terzo interprete della pièce Wet Floor è il pubblico. In sala si ride per le battute e si riflette. Lo spettatore prende le parti di uno o dell’altro personaggio, cambiando continuamente la propria prospettiva man mano che sorgono le domande: che cosa determina l’interesse per una notizia? Come contrastare il linguaggio dei media che con sottile perizia esercita il suo potere? La parola di un giornalista è sempre verità per chi l’ascolta? Conta ciò che si dice o la bocca che lo dice? Troppo spesso il giornalista di successo diventa una sorta di personaggio popolare nei social, in grado di influenzare comportamenti e scelte del pubblico. In realtà questo dio della verità è mosso da un non confessabile interesse economico: più lettori, più spettatori, più click corrispondono a più introiti. Non importa se una notizia non vera diventa virale. Ciò che conta è il like.
Fabio Pisano, pluri-premiato drammaturgo napoletano autore di Wet Floor, è stato bravissimo a cogliere l’aria che tira. Il suo testo, attualissimo per tematica, risale al 2018 e fa entrare in scena anche i “leoni della tastiera” ovvero gli hater (neologismo entrato nei dizionari della lingua italiana giusto nel 2018) cioè le persone che usano la piazza virtuale dei social per esprimere odio o per incitate all’odio: nella pièce Wet Floor gli odiatori augurano a Ben la morte ed altre atrocità, non riflettendo sul fatto che la realtà è molto complessa ed è difficile da raccontare, senza contare che occorre sempre fare i conti con la propria coscienza prima di emettere un giudizio affrettato sugli altri: lo insegna la favola di Esopo sulle due bisacce.
La regista Maria Assunta Calvisi, una veterana dal teatro attiva soprattutto in Sardegna, ha lasciato agli attori la libertà di costruire i propri personaggi per uno spettacolo che passa dal testo alla messinscena mantenendo fedeltà all’originale dimensione drammaturgica ideata da Fabio Pisano.
In conclusione si può affermare che l’ottimo risultato dello spettacolo Wet Floor va al di là del piano effimero, dall’evento rappresentato da bravi attori (soprattutto Daniel Dwerryhouse, toscanaccio nonostante il nome inglese) giacché ciò che si sente e vede in scena si avvicina ed intreccia con l’esperienza del vissuto da ogni spettatore. Uscendo dal teatro, dove ci si è divertiti, si continua a riflettere.

Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi

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