L'Opinione

Vietato contraddire la cultura di sinistra

Nella nostra “allegra” società” in cui tutto scorre, parafrasando Eraclito, senza un fine preciso ma con il solo scopo di rinsaldare la nostra penosa instabilità, si è cronicizzata l’insensata abitudine di ricorrere alla parola “fascismo” con la faciloneria di chi apre bocca senza capire la sequenza delle sillabe che si pronunciano.
Si è presa in prestito una parola del passato, carica di significati profondi dal punto di vista storico, politico e umano, e la si utilizza per etichettare qualunque pensiero che non si conformi alle ideologie imposte ad arte da una cultura di sinistra che si avvale della complicità di pseudo intellettuali, adoranti servi delle telecamere.
Ed è un modus vivendi oramai così ben radicato nelle nostre teste di burattini, che c’è chi trova perfettamente naturale andare a teatro e urlare a squarcia gola “Viva l’italia antifascista!” come se fosse necessario ribadire un simile concetto, come se una fantomatica macchina del tempo ci avesse teletrasportati nel passato e ci trovassimo di nuovo nell’inferno vissuto dai nostri nonni sotto la dittatura fascista.
Questo significa non avere alcuna conoscenza storica, confondere la realtà passata con quella presente che fortunatamente non ha niente da spartire con la precedente. Per rinfrescare la memoria a chi non lo ricorda, o non vuole, e a al tizio che ha sentito il bisogno urgente di urlarlo, il Fascismo è stato un movimento d’estrema destra fondato da Benito Mussolini che diede vita a un regime totalitario che oppresse l’Italia per un ventennio. E il solo fatto che questo novello detentore della storia lo abbia potuto fare in piena libertà e pubblicamente, dimostra senza alcun dubbio che non siamo oppressi da alcuna dittatura fascista.
Ma non rallegriamoci, perché siamo comunque quotidianamente soffocati da un altro tipo di dittatura, molto più sottile e invisibile, senza che ce ne siamo accorti siamo rimasti imbrigliati nelle maglie della dittatura ideologica della cultura di sinistra, che ci ha convinti della sua presunta superiorità intellettuale. Con un lavoro tenace e paziente, in ogni ambito culturale, da quello scolastico e a quello intellettuale, ha messo in atto una vera e propria campagna di martellamento che oggi ha dato pieni risultati generando un inconsapevole quanto radicato assoggettamento ideologico e ha portato a isolare chi non si adegua.
E noi fedeli burattini non ci pensiamo nemmeno un secondo a tacciare di fascismo chiunque si dissocia e a considerarlo come un nemico da distruggere.
Questa silenziosa ma incisiva, propaganda di sinistra ha manipolato e stordito il consenso della massa fino a convincerla della sua autorevole giustezza.
La verità assoluta sta tutta a sinistra!!
Siamo così assuefatti a questa novello totalitarismo della cultura di sinistra, che la subiamo senza avere la forza di ribellarci, ci siamo ridotti ad avere il terrore di esprimere in pubblico quello che pensiamo veramente.
La verità è che, se non siamo fantocci di sinistra, non siamo più liberi dei nostri pensieri!
Quante volte ci siamo sentiti esclusi, avviliti o addirittura inadeguati, come se fosse tutta colpa nostra?
Infinite volte, ma non abbiamo il coraggio di confessarlo nemmeno a noi stessi.
Questa presunta cultura è come un virus che, trasmesso da un burattino a un altro, ha infettato la società e ha inculcato alla maggior parte che il pensiero di sinistra deve essere accettato in blocco, come unica possibilità di opinione, e ogni forma di resistenza critica deve essere neutralizzata come pericolosa dissidenza.
In sostanza, chi osa contraddire e non si conforma all’uniformità del pensiero di sinistra viene accerchiato dalla massa e viene espulso come parte malata.
Non so a voi ma a me questo ricorda tanto un modus operandi che ci ha condotti dritti dritti alle dittature del Novecento in cui il dissenso, esattamente come oggi, deve essere cancellato con fermezza.
E noi burattini, che non ci accorgiamo degli spessi fili che ci muovono, siamo i perfetti attori di questa tragicommedia dell’indipendenza di pensiero, manipolati a tal punto da credere di lottare per una libertà collettiva, per un pluralismo culturale quando invece non facciamo altro che continuare ad alimentare una penosa omologazione che ci impone concetti non nostri.
Questa sudditanza è così ben radicata dentro di noi che la consideriamo il nostro modo naturale di pensare e agire, senza renderci conto che, goccia dopo goccia, è stato eroso il nostro senso critico e si è trasformata in una imposizione pressante e costringente pur non essendo sancita da nessuna parte.
Però noi, i pochi rimasti, i ribelli, ma non per questo fascisti, che ancora hanno il brutto viziaccio di continuare a pensare con la propria testa, non possiamo non domandarci se questa omologazione del pensiero sia solo un paravento colorato per nascondere il profondo fallimento di una sinistra che dal dopo guerra a oggi non è stata capace di interpretare le reali necessità della collettività e che invece ha tradito i suoi stessi ideali politici.
In effetti se solo proviamo a soffermarci per riflettere un attimo, ci accorgiamo che questa perfetta omologazione di pensiero non ha prodotto un mirabolante arricchimento della collettività, ma solo confusione e una desolante povertà culturale che ci ha condotto a scagliarci gli uni contro gli altri e a dividerci in fazioni opposte.
Più che in una cultura più equa e universale viviamo in una imperante arroganza dell’ignoranza in cui tutti sono stati addomesticati e hanno dimenticato che quando si inizia a imporre con la prepotenza un “sedicente” pensiero libero si finisce inevitabilmente per instaurare un pensiero totalitario e si gettano le prime fondamenta di una nuova forma di dittatura.
Ma di questa pericolosità ne siamo consapevoli solo noi, quelli con il brutto viziaccio di pensare, o anche questa portentosa cultura di sinistra?
Forse è per questo che siamo additati come fascisti non appena proviamo a farglielo notare.

Nella foto: Edgardo Sogno

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