Un’estate incandescente
L’impatto del riscaldamento globale è, ormai, sotto gli occhi di tutti e come dimostra Mark Maslin, attraverso dati scientifici, l’innalzamento della temperatura del pianeta rappresenta uno dei principali problemi del nostro tempo e investe non solo la scienza, ma anche l’economia, le usanze e i costumi individuali e collettivi, gli spostamenti delle popolazioni, la geopolitica, l’etica. Rispetto ai livelli preindustriali la temperatura media del pianeta è aumentata di 0,98° centigradi e, in mancanza di interventi, potrebbe arrivare a +1,5 ° tra il 2030 e il 2050. Un’estate incandescente, quella del 2024, non solo per le elevate temperature, gli incendi, la siccità, specialmente in Sicilia, ma anche per gli avvenimenti nazionali e internazionali. Sono stati talmente tanti i colpi di scena, nello scacchiere internazionale, che riesce difficile anche metterli in fila. A partire dall’attentato a Donald Trump che ha suscitato una grande ondata di indignazione e un acceso dibattito sui sistemi di sicurezza americani e sul possesso delle armi. Scampato all’attentato e lievemente ferito, Trump sembrava avere già la vittoria in tasca e, con i sondaggi a lui favorevoli, aveva rincarato le critiche alla gestione di Joe Biden. Ma, a stretto giro di posta, è avvenuto il ritiro di Biden dalla corsa presidenziale. Il presidente in carica aveva dichiarato che solo se glielo avesse detto Dio, o i medici, si sarebbe dimesso (si veda l’articolo “Povera America!” su Sikelian). Ma la pressione di parecchi sostenitori e di tanti delegati democrati, dopo il disastroso faccia a faccia con Trump, è stata tale che Biden è stato costretto a rinunciare alla corsa per il secondo mandato e a cedere il passo alla vicepresidente Kamala Harris. Pur non godendo di grandi simpatie, la Harris è sembrata ai democratici capace, più di Biden, di affrontare la campagna elettorale e di reggere il confronto con Trump.
Kamala Harris ha incassato immediatamente l’endorsement da parte dei leader dem al Senato e alla Camera, Chuck Schumer e Hakeem Jeffries. “Siamo con lei”, hanno detto in una conferenza stampa. “Harris ha eccitato e dato energia ai democratici”, ha detto Jeffries.
Già nel primo sondaggio, dopo il ritiro di Biden, si era ridotto notevolmente il vantaggio di Trump che superava di soli due punti la Harris: Trump, infatti, godeva del 47% e la Harris del 45% mentre Biden si era fermato al 42%. A distanza di qualche settimana Trump e Harris sono pari e dopo solo 15 giorni Kamala è in testa. Non solo, ma la Harris, stando alle notizie in arrivo d’oltreoceano, pare aver raggiunto il sostegno di un numero sufficiente di delegati del partito democratico per essere candidata alla presidenza. La NBC News ha comunicato che Harris è riuscita a consolidare l’appoggio del partito e che, a poche ore dall’annuncio del ritiro di Biden, il partito democratico ha raccolto circa 250 milioni di dollari in donazioni online e impegni di grandi donatori. Oltre alle donazioni online, anche i principali donatori, che fino a pochi giorni prima si erano astenuti per le crescenti preoccupazioni nei confronti della candidatura di Biden, hanno assunto impegni per un totale di 150 milioni di dollari a favore della campagna di Harris.
Il 2 agosto è diventata ufficiale la candidatura di Kamala Harris alla Casa Bianca.
“La vicepresidente (a lungo invisibile) dell’Amministrazione Biden ha già raggiunto la maggioranza dei delegati alla convention ed è diventata la prima donna nera e la prima persona di ascendenza asiatica a ottenere la nomination di uno dei due maggiori partiti Usa”. A convergere sul suo nome tutta l’élite “gotha” del partito (cioè, i Clinton per primi, gli Obama da ultimi, Nancy Pelosi, regista dell’operazione “cambio in corsa”, i gruppi democratici alla Camera e al Senato, i governatori).
Trump ha accusato i democratici di aver tenuta nascosta la reale condizione di salute di Biden e ha chiesto che il presidente lasci la Casa Bianca immediatamente e non alla scadenza, cioè fra sei mesi. Trump ha, inoltre, definito la Harris un’incompetente, una stupida, con un quoziente intellettivo basso, e ha chiesto chiarezza su quanto del denaro raccolto dai democratici sia stato dato alla campagna dell’ex Biden, ribattezzata in fretta e furia come campagna Harris for President.
Anche la Harris ha affilato le armi e, parlando di Donald Trump, ha detto che nella sua esperienza come procuratrice “ha conosciuto i tipi come lui, truffatori e predatori sessuali”.
Pure Hollywood si è schierata con Kamala Harris, primo fra tutti George Clooney, “mentre la Silicon Valley – con cui sia lei che il marito avvocato Douglas Emhoff hanno sempre avuto stretti rapporti – sta riaprendo al ticket dem dopo le sirene trumpiane”.
A rendere bollente il clima politico di questa estate è anche l’aggravarsi della questione mediorientale.
Il 24 luglio Netanyahu ha tenuto il suo controverso discorso nell’aula del congresso degli Stati Uniti, chiedendo per la prima volta scusa ad Israele per non essere riuscito ad evitare l’attacco del 7 ottobre, ma incitando anche i legislatori statunitensi a continuare a prestare il proprio appoggio ad Israele per poter raggiungere una “vittoria totale”. “Dateci i mezzi e finiremo il lavoro”, queste sono state le sue parole. Fuori da Capitol Hill, nel frattempo, migliaia di manifestanti contestavano il suo intervento ed alcune poltrone dell’aula, tra queste quelle di Kamala Harris, erano significativamente vuote.
Qualche giorno dopo però, mentre si trovava a Teheran, uno dei leader di Hamas, Ismail Haniyeh, è stato assassinato, insieme alla sua guardia del corpo, da un raid israeliano (Israele aveva giurato di uccidere Haniyeh già all’indomani dell’attacco del 7 ottobre). Un’altra morte eclatante ha ulteriormente scosso le fondamenta dell’ordine mondiale: il comandante di Hezbollah, Fouad Shukur, viene ucciso a Beirut. Nell’attacco è morto anche il consigliere militare iraniano Milad Bedi. Matthew Levitt, dell’Istituto per la politica del Vicino Oriente di Washington, ha parlato di un’inevitabile rappresaglia di Iran e Libano contro l’Occidente (annunciata tra l’altro dalla stessa guida suprema dell’Iran, Khamenei); anche se nessuno ancora conosce l’entità e la portata di questa rappresaglia.
Non cessano nel frattempo i raid israeliani a Gaza: un missile israeliano ha colpito una scuola provocando la morte di più di 90 palestinesi tra cui anche bambini e donne. L’esercito di Israele si è difeso dicendo che l’aeronautica “ha colpito con precisione i terroristi di Hamas che operavano all’interno di un centro di controllo e comando nella scuola”, ma è ormai chiaro che la catastrofe umanitaria a Gaza sta raggiungendo proporzioni spaventose.
Rispondendo alle pressioni degli Usa, del Qatar e dell’Egitto, Netanyahu ha promesso di inviare il 15 agosto una delegazione a Doha o al Cairo, per concordare un eventuale cessate il fuoco, ma i negoziati, dopo l’attacco alla scuola, appaiono sempre più difficili. D’altronde a destare enorme preoccupazione in America, ma anche nel resto del mondo, è il crollo delle borse, alimentato proprio dalle notizie impressionanti provenienti dall’Estremo Oriente. A crollare, in particolare, la Borsa di Tokio che ha chiuso a meno 12% (il peggior crollo degli ultimi 43 anni) e quella di Wall Street, per i dati allarmanti sulla diminuzione della crescita americana e sull’aumento della disoccupazione. Molti temono l’effetto domino e in tanti, tra gli analisti economici, si chiedono se sarà un crollo confinato ai mercati o se si innescherà una recessione?
Clima rovente anche in Venezuela dove organizzazioni come Foro Penal e Amnesty International hanno denunciato le torture e le continue violazioni dei diritti umani nei confronti di chi ha osato criticare il governo, mentre Nicolàs Maduro, rieletto presidente per un terzo mandato, bandisce il social network X dal paese.
E l’Europa?
Le recenti elezioni hanno confermato che l’Europa è spaccata in blocchi contrapposti. Il gruppo di Fratelli d’Italia ha deciso di non votare la riconferma della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen assieme ai Patrioti di Matteo Salvini, di Viktor Orban e di Marine Le Pen. Fdi è stata l’unica delegazione a non rivelare fino all’ultimo la sua scelta, ma è rimasta con il cerino in mano poiché a mettere al riparo il bis di von der Leyen sono stati i 53 deputati dei Verdi, che prima dell’avvio del voto hanno confermato di votare per il sì.
Certo, Antonio Tajani avrebbe voluto votare Ursula von der Leyen. Tuttavia, il vice-premier nel governo Meloni e Ministro degli Affari Esteri, incassato il colpo, ha stemperato i toni del dibattito e ha ribadito che non cambia nulla per l’Italia essendo uno dei paesi fondatori dell’Europa e il terzo paese europeo in ordine di importanza.
In Ucraina nel frattempo il conflitto ha subito una drastica svolta: i caccia F-16 di Kiev hanno superato le linee di difesa russe, mentre gli ucraini si avvicinano anche alle centrali del gas.
Questo avvenimento è stato definito dagli analisti come una “pietra miliare significativa” nel conflitto, in quanto indica la capacità dell’esercito ucraino di condurre raid efficaci in territorio nemico.
Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, ha subito risposto ai raid di Kiev: l’operazione militare speciale russa dovrà ora acquisire una dimensione “apertamente extraterritoriale”, suggerendo un’espansione delle operazioni militari russe in profondità nel territorio ucraino, includendo città come Odessa o la stessa Kiev.
Una situazione fortemente instabile caratterizza, dunque, questa estate di fuoco, e sotto molti profili.
La pace sembra, ad oggi, più lontana che mai.