Spettacoli

“Un Poyo Rojo” al Palazzo della Cultura: una complessa performance di arte militante

Nella Corte Mariella Lo Giudice, nell’ambito della IV edizione di Mediterrartè – Classico Contemporaneo festival internazionale delle realtà artistiche del Mediterraneo, ideato e organizzato da Artelè, è andato in scena: “Un Poyo Rojo”
Interpreti: Luciano Rosso e Alfonso Barón; coreografia: Nicolás Poggi, Luciano Rosso e Alfonso Barón; regia di Hermes Gaido; produzione: Carnezzeria (in collaborazione con T4/ Jonathan Zak and Maxime Seuge).
Una premessa socio-politica è indispensabile per comprendere e godere pienamente questo straordinario, poliforme, pluripremiato spettacolo che ha superato le 1400 repliche in oltre 30 paesi, con una media di 120 rappresentazioni all’anno conquistando con il suo linguaggio universale un pubblico internazionale.
Un “Poyo Rojo” fu creato nel 2008 nella periferia di Buenos in un momento in cui si era aperto il vivace dibattito -talora anche violento- sul progetto di legge per la legalizzazione del matrimonio omosessuale in un’Argentina fortemente divisa e sostanzialmente benpensante.
Il messaggio era chiaro: un “J’accuse” contro ogni forma di imposizione e costrizione mediato attraverso la libertà estetica dell’arte.
In realtà la legalizzazione del matrimonio omosessuale sarebbe giunta il 15 luglio del 2010, ponendo l’Argentina al primo posto in America Latina, al secondo in America e al decimo nel mondo.
Chi sono i protagonisti di questo spettacolo?
Alfonso Baron, prima cultore di rugby e snowboard, ben presto si era dedicato al teatro come attore, danzatore e coreografo presso gruppi di ricerca e compagnie di danza d’avanguardia.
Nel 2009 creava con Rosso e Gaido la compagnia “Urraka”, e portava in scena “Un Poyo Rojo”, con la regia di Hermes Gaido, attore, musicista e regista formatosi al Conservatorio d’Arte Drammatica e allievo di Alejandro Saez.
Con “Un Poyo Rojo” Baron avviava ben presto una tournée internazionale con Luciano Rosso, danzatore, attore, coreografo e percussionista proveniente da una solida formazione (nel 2001 era entrato nel celebre gruppo di percussioni ‘El Choque Urbano’).
«Volevamo abbattere il muro delle convenzioni sociali attraverso la chiave dell’umorismo — spiegano i protagonisti — in un momento in cui la società argentina si divideva sui matrimoni omosessuali. A volte il caos è necessario, la tranquillità non è terreno fertile per l’arte. Il Laburatorio era un focolaio artistico, passavamo del tempo con gli amici, mangiavamo stufati, ballavamo il tango, avevamo fame di creare».
“Un poyo rojo”, che debuttò nel 2008 al Laburatorio, nella periferia di Buenos Aires, per poi essere rappresentato all’Off d’Avignon, all’Edinburgh Fringe, al Montréal Complètement Cirque e alla Biennale di Venezia si pone sulla scia di Copi, Savary, Lavelli, Arias: gli argentini del gruppo Tse, in esilio volontario a Parigi, che portarono sulla scena la derisione, la sfrontatezza sessuale attraverso il gusto per l’esagerato, l’ostentato, il teatrale per superare i comportamenti omofobici.
Nel minimalista spogliatoio di una palestra due uomini in canotta e pantaloncini, simili ai guappi della squallida periferia di Buenos Aires, come due galli da combattimento sviluppano un pas de deux malizioso e sensuale.
Tra danza, mimo, clownerie, contorsionismo, acrobazie circensi e arti marziali si affrontano e si confrontano, si pavoneggiano, si sfidano.
In un secondo momento i due uomini, nella stessa palestra, sulla scia della colonna sonora trasmessa da una vera radio che ogni sera viene sintonizzata sulle stazioni locali, si osservano si avvicinano, si corteggiano con un ritmo amoroso e violento, si amano.
È una danza che dalla classica va alla breakdance, all’acrobazia, al mimo, al wrestling, al cartone animato: un capolavoro burlesco e folle.
I due danzatori/acrobati interpretano dunque questo lavoro, diviso tematicamente grossomodo in due tronconi: inizialmente una sfida fisica, poi l’attrazione e l’innamoramento.
Alternando affettività, performance e seduzione la commistione stilistica prende forma attraverso i corpi impegnati in svariate prestazioni virtuosistiche per giungere infine all’amore con un lungo bacio che chiude significativamente lo spettacolo conducendo alla commozione e al buio in scena.
Lunghi e meritatissimi gli applausi da parte di un pubblico variegato composto anche da alcuni turisti argentini venuti ad acclamare i talentuosi artisti loro connazionali che a fine spettacolo hanno voluto precisare: “Non siamo una coppia!”.

Foto di Magui Pichinini

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