Spettacoli

Un omaggio a Glenn Miller tra note e parole al “Bellini”

La HJO Jazz Orchestra, diretta da Sebastiano Benvenuto Ramaci, con il testo e la regia di Ezio Donato, in collaborazione con il Teatro Massimo ‘Vincenzo Bellini’, è stata protagonista per la Stagione di Concerti 1923-24 del recital “Glenn Miller Story”.
Interpreti: Giuseppe Pambieri (Glenn Miller), Micol Pambieri (Helen Burger)
Formatasi nel 2012, la HJO è composta da circa 20 musicisti provenienti da diverse esperienze musicali: sax, trombe, tromboni, piano, batteria e basso.
Nel 2012 l’orchestra ha vinto il Primo premio del “Porta le tue Note Sul Palco” patrocinato dal Rotary International; nell’ ottobre dello stesso anno il “Bellini G.A.R. 2012”, nel 2014 il Lions Day Awards 2014 – Premio Faro Biscari. Dal 2016 la HJO collabora anche con artisti di grande notorietà come, tra gli altri Dee Dee Bridgewater, Joyce Yuille, Rosalba Bentivoglio, Giovanni Hoffer.
Il maestro Ramaci ha voluto concederci un’intervista in cui ha sottolineato non solo le peculiarità dello spettacolo della serata, ma soprattutto le caratteristiche dell’orchestra da lui diretta, le motivazioni che lo hanno spinto alla creazione dell’HJO e le finalità che la compagnia vuole raggiungere.
Il gruppo musicale si è proposto sin dall’inizio di accostare un pubblico vario e sempre più ampio, alla letteratura musicale resa famosa dalle storiche ‘Big Band’ americane dagli anni ’30 del Novecento ad oggi, muovendosi attraverso tipologie eterogenee, dallo swing al jazz con arrangiamenti creati appositamente, facendo rivivere la fascinosa atmosfera di un’epoca diventata ormai patrimonio culturale.
Ringraziando i vertici del teatro ha dichiarato la sua passione per Glenn Miller cui è dedicata la serata e la sua soddisfazione per il riuscito connubio musica/prosa.
Stesso entusiasmo traspare dall’intervista a Giuseppe e Micol Pambieri (padre e figlia), nei panni dei coniugi Miller, per questa celebrazione del famoso trombonista, della sua leggendaria storia con la sua misteriosa fine e dello swing che dilagò nell’Europa del dopoguerra che esprimeva con musica e ballo la gioia della liberazione.
Ezio Donato, il regista che magistralmente ha creato questo seducente amalgama di parole e musica confessa che lo spunto è nato dalla richiesta di Benedetto Ramaci di far conoscere oltre la musica anche la vita di Glenn Miller e “il suo contributo nel creare e diffondere una musica che all’indomani della Seconda Guerra Mondiale rappresentò la liberazione, non solo militare ma soprattutto culturale, dall’oppressione nazi-fascista… attraverso notizie dell’epoca, rare immagini delle sue performance, testimonianze di amici ”.
L’idea era quella di far conoscere il musicista, oltre la sua musica, inventando un racconto che “potesse portare nel cuore degli altri” questo autore squattrinato all’eterna ricerca di “dare un timbro nuovo alla musica”.
Grande è stato l’accordo -riferisce Donato- con Ramaci, fin da quando questi gli chiese la regia. Poi arrivò l’idea di far parlare proprio Glenn Miller attraverso i dialoghi con la moglie Helen Berger.
Per il regista il grande successo -fino ai nostri giorni- di Miller è dovuto al fortunato incontro tra il ‘genio’ del musicista e le condizioni storiche e culturali dell’America di quegli anni.
Uscita appena dalla grande depressione la gente aveva voglia di divertirsi e di ballare. Miller interpretò queste istanze e aggiunse ai suoi ritmi la grande tradizione afro-americana del jazz; e non solo. Egli arrivò anche a rivisitare alcuni classici, come nel caso del “Trovatore” di Verdi tradotto in swing.
Helen Berger fu fondamentale per il successo del marito. È lei che spingerà sempre questo “genio della musica e dell’amore” a non fermarsi mai, ad andare sempre avanti.
Protagonista a tutto tondo della serata è stato dunque Glenn Miller -quel trombonista e poi direttore d’orchestra cui toccò di vivere e interpretare il suo tempo- e la sua affascinante musica tra fiati e ritmo. Brani della sua vita, dell’amore per la moglie Helen, e della sua tragica decisione di entrare in guerra sono state quindi messe in scena, su testo di Ezio Donato, da Giuseppe e Micol Pambieri, dandoci la dimensione dell’uomo, oltre che del musicista.
Alton Glenn Miller (1904-1944) quasi ventenne già nell’orchestra di Ben Pollack, approdava a New York, formando la sua prima band, nel 1937. L’anno dopo prendeva vita un secondo gruppo, la ‘Glenn Miller Orchestra’, composta da 50 elementi, che ottenne un grande successo attraverso la diffusione radiofonica.
Ma nel 1942 ‘l’uomo’ Miller per amor di patria volle arruolarsi come volontario nell’esercito americano per dirigere la ‘Army Air Force Band’ in Inghilterra, allo scopo di incoraggiare i combattenti. Nello stesso anno Glenn ricevette il primo ‘Disco d’oro’ della storia.
Scomparve improvvisamente -lasciando nello sconforto la moglie e il figlioletto- il 15 dicembre 1944, mentre sorvolava la Manica a bordo di un aereo militare per raggiungere Parigi liberata. Né il corpo né l’aereo furono mai ritrovati dando luogo alle ipotesi più disparate circa le cause della sua morte. Secondo alcuni -anche per lo stesso regista- l’aereo sarebbe stato abbattuto per errore dalle stesse forze alleate.
La ‘Glenn Miller Orchestra’ e la sua musica comunque proseguirono dopo la guerra, fino a giungere a noi, al maestro Ramaci e ai trascinanti brai in programma: dalla famosissima e mitica Moonlight Serenade, all’eterna Rhapsody in Blue, a Pennsylvania 6-5000, e ancora a Chattanooga Choo Choo… e a numerosi altri ritmi.
Calorosi applausi hanno accompagnato l’intera esibizione da parte di un pubblico entusiasta in sintonia con il testo di Ezio Donato interpretato dai Pambieri e con le note del maestro Ramaci.
Regista, interpreti e direttore sono riusciti a trasmettere a piene mani una grande, spumeggiante gioia di vivere, e di vivere dentro la musica: un patrimonio che -lungo gli alchemici sentieri delle affinità elettive- hanno voluto fortemente condividere con il pubblico creando così una sorta di rito collettivo.

Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi

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