Un luglio bollente
Un luglio incandescente, quello del 2024, non solo per le elevate temperature, la siccità e gli incendi, specialmente in Sicilia, ma anche per gli avvenimenti nazionali e internazionali. Sono stati talmente tanti i colpi di scena, nello scacchiere internazionale, che riesce difficile anche metterli in fila. A partire dall’attentato a Donald Trump che ha suscitato una grande ondata di indignazione e un acceso dibattito sui sistemi di sicurezza e sul possesso delle armi. Scampato all’attentato e lievemente ferito, Trump sembrava avere già la vittoria in tasca e, con i sondaggi a lui favorevoli, aveva rincarato le critiche alla gestione di Joe Biden. Ma, a stretto giro di posta, è avvenuto il ritiro di Biden dalla corsa presidenziale. Il presidente in carica aveva dichiarato che solo se glielo avesse detto Dio, o i medici, si sarebbe dimesso. Ma la pressione di parecchi sostenitori e di tanti delegati democrati, dopo il disastroso faccia a faccia con Trump, è stata tale che Biden è stato costretto a rinunciare alla corsa per il secondo mandato e a cedere il passo alla vicepresidente Kamala Harris. Pur non godendo di grandi simpatie, la Harris è sembrata ai democratici capace, più di Biden, di affrontare la campagna elettorale e di reggere il confronto con Trump.
Kamala Harris ha incassato immediatamente l’endorsement da parte dei leader dem al Senato e alla Camera, Chuck Schumer e Hakeem Jeffries. “Siamo con lei”, hanno detto in una conferenza stampa. “Harris ha eccitato e dato energia ai democratici”, ha detto Jeffries.
Già nel primo sondaggio, dopo il ritiro di Biden, si è ridotto notevolmente il vantaggio di Trump che adesso supera di soli due punti la Harris: Trump, infatti, gode del 47% e la Harris del 45% mentre Biden si era fermato al 42%. Non solo, ma Kamala Harris, stando alle notizie in arrivo d’oltreoceano, pare aver raggiunto il sostegno di un numero sufficiente di delegati del partito democratico per essere candidata alla presidenza. La NBC News ha comunicato che Harris è riuscita a consolidare l’appoggio del partito raggiungendo la soglia di 1.992 delegati, al di sopra dei 1.976 necessari per la maggioranza. A poche ore dall’annuncio del ritiro di Biden, Harris e il partito democratico hanno raccolto circa 250 milioni di dollari in donazioni online e impegni di grandi donatori. Oltre alle donazioni online, anche i principali donatori, che fino a pochi giorni prima si erano astenuti per le crescenti preoccupazioni nei confronti della candidatura di Biden, hanno assunto impegni per un totale di 150 milioni di dollari a favore della campagna di Harris.
Trump ha accusato i democratici di aver tenuta nascosta la reale condizione di salute di Biden e ha chiesto che il presidente lasci la Casa Bianca immediatamente e non alla scadenza, cioè fra sei mesi. Trump ha, inoltre, definita un’incompetente la Harris e ha chiesto chiarezza su quanto del denaro raccolto dai democratici sia stato dato alla campagna dell’ex Biden, ribattezzata in fretta e furia come campagna Harris for President.
Anche la Harris ha affilato le armi e parlando di Donald Trump ha detto che nella sua esperienza come procuratrice “ha conosciuto i tipi come lui, truffatori e predatori sessuali”.
Pure Hollywood si è schierata con Kamala Harris, primo fra tutti George Clooney, “mentre la Silicon Valley – con cui sia lei che il marito avvocato Douglas Emhoff hanno sempre avuto stretti rapporti – sta riaprendo al ticket dem dopo le sirene trumpiane”.
E mentre continua lo scontro Trump-Harris, le piazze si infiammano contro l’arrivo in America del leader israeliano Netanyahu.
E l’Europa?
Le recenti elezioni hanno confermato che l’Europa è spaccata in blocchi contrapposti. Il gruppo di Fratelli d’Italia ha deciso di non votare la riconferma della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen assieme ai Patrioti di Matteo Salvini, di Viktor Orban e di Marine Le Pen. Fdi è stata l’unica delegazione a non rivelare fino all’ultimo la sua scelta, ma è rimasta con il cerino in mano poiché a mettere al riparo il bis di von der Leyen sono stati i 53 deputati dei Verdi, che prima dell’avvio del voto hanno confermato di votare per il sì.
Certo, Antonio Tajani avrebbe voluto votare Ursula von der Leyen. Tuttavia, il vice-premier nel governo Meloni e Ministro degli Affari Esteri, incassato il colpo, ha stemperato i toni del dibattito e ha ribadito che non cambia nulla per l’Italia essendo uno dei paesi fondatori dell’Europa e il terzo paese europeo in ordine di importanza.