Umanesimo contro fanatismo
“Castellio contro Calvino” di Stefan Zweig.
Lo scontro tra Umanesimo e Fanatismo è il tema principale del saggio di Stefan Zweig intitolato Castellio contro Calvino. L’autore compie un’analisi della feroce lotta tra Sebastien Castellion e Giovanni Calvino durante gli anni più laceranti e cruenti della Riforma Protestante.
Questo libro fu pubblicato nel 1936 quando il fascismo, il nazismo e tutti i regimi che vi si ispiravano erano al massimo della loro potenza in Europa. Inevitabilmente, le pagine di questo filosofo vanno oltre la semplice ricostruzione storica di un momento importante della Riforma. In esse l’autore rifletteva sulla natura e sulla struttura del totalitarismo che vedeva in azione intorno a sé. A causa delle sue origini ebraiche, Zweig fu anche costretto ad abbondonare l’Europa e a trasferirsi prima negli Stati Uniti e poi in Brasile. Le sue opere finirono nei roghi di libri dei nazisti.
Questo saggio si sviluppa come un triangolo i cui punti sono: Miguel Serveto (1511-1553), Giovanni Calvino (1509-1564) e Sebastien Castellion (1515-1563). Miguel Serveto era un medico di origine spagnola che aveva vissuto per un lungo periodo con Juan de Quintana, un monaco che fu il confessore dell’imperatore Carlo V di Spagna. Nel corso dei numerosi e lunghi viaggi, Serveto ebbe un profondo travaglio interiore che lo portò a rinnegare il dogma della Santissima Trinità e vari altri capisaldi del cattolicesimo (es. battesimo dei bambini). Partecipò all’incoronazione di Carlo V a Bologna e rimase scandalizzato dallo sfarzo e dal degrado morale del clero cattolico. Per queste ragioni decise di aderire alla Riforma Protestante. Con suo grande stupore le sue opere furono condannate sia dai cattolici che dai protestanti. Nel 1552 gli fu intentato un processo dai cattolici da cui scampò fuggendo a Ginevra, pensando di trovare un luogo in cui regnavano la pace e la tolleranza. In quella città, al contrario, Calvino aveva imposto un terribile ed intollerante regime teocratico e imbastì un nuovo processo contro Serveto che fu condannato a morte. L’evento ebbe risonanza europea e fece molto discutere gli intellettuali e i teologi dell’epoca. Tra costoro, la voce più importante fu quella del teologo Sebastien Castellion che si schierò apertamente contro la decisione di Calvino e del Tribunale di Ginevra. Scoppiò una violentissima disputa teologica sulla legittimità della persecuzione degli eretici.
In gioventù i due erano stati amici e avevano vissuto insieme nella stessa casa. Castellion raggiunse Calvino a Ginevra e grazie alla sua antica amicizia ottenne di dirigere l’Accademia che formava i predicatori di Ginevra. I due, però, avevano delle notevoli differenze di opinioni su molti argomenti. Sfruttando la sua posizione di prestigio, Castellion cercò più volte di introdurre elementi dottrinali vicine alle sue posizioni. Calvino lo isolò, poi lo costrinse alle dimissioni dall’Accademia e fece di tutto per rendergli la vita impossibile. Questo teologo cadde in disgrazia e si ridusse a fare umili lavori per vivere. La morte di Serveto gli diede l’occasione per intervenire contro Calvino. La disputa raggiunse particolare violenza perché Castellion citò brani di opere giovanili in cui Calvino si era espresso a favore della libertà di pensiero e di religione.
Zweig ripercorre in modo molto attento queste vicende ed analizza con grande profondità la personalità di Calvino in cui vede l’archetipo del fanatico e dell’estremista. Nell’opera sottolinea come questo teologo avesse elaborato un sistema chiuso e praticamente infallibile. Com’noto, Calvino sosteneva la dottrina della predestinazione e si riteneva un eletto, un profeta che aveva Dio dalla propria parte. Questa estrema convinzione lo portava a disprezzare tutti quelli che la pensavano diversamente da lui. Non gli importava che fossero persone comuni o grandi teologi. Aveva patito la persecuzione ed inoltre aveva provato con mano che un’estrema tolleranza delle differenze teologiche nella stessa città era un segno di debolezza e di crisi. Non accettava alcuna critica. Sfruttando la propria autorità di teologo, utilizzò qualsiasi mezzo per imporre le proprie idee. Chiedeva un’obbedienza assoluta, era disposto a spingere anche all’uso della violenza. In virtù del suo carattere meticoloso e metodico, a Ginevra aveva lentamente esteso la sua influenza su qualsiasi organo religioso, politico, amministrativo o giudiziario della città. Qualsiasi potenziale oppositore poteva essere facilmente neutralizzato in molti modi: dalla semplice campagna diffamatoria all’uso della violenza, dall’azione di isolamento negli organi politici alla condanna a morte attraverso il Tribunale. La stampa, il pulpito, il controllo degli organi amministrativi, politici e giudiziari erano a Ginevra il braccio armato di Calvino contro gli oppositori.
Zweig intendeva analizzare lo scontro tra Umanesimo e Fanatismo, tra Coscienza e Violenza, tra Libertà e Autorità, Verità e Organizzazione. Inoltre, con questo libro desiderava gettare implicitamente lo sguardo sul totalitarismo. I partiti totalitari sembrano delle sette religiose che impongono con la violenza dei dogmi politici. Il loro capo assume le caratteristiche di un profeta infallibile che disprezza tutti coloro che non la pensano come lui. Quasi sempre individua dei nemici da neutralizzare ed eliminare: intellettuali, minoranze religiose o etniche, categorie di persone. Obbedienza assoluta, uso della violenza e controllo assoluto di tutto l’apparato di potere sono alcune delle caratteristiche del totalitarismo.
La sua analisi ha anche una certa attualità ancora oggi se si analizza la costante diffusione del fanatismo e del fondamentalismo religioso a tutti le latitudini del mondo. Ci sono molti teologi che vogliono imporre forme di teocrazia o di teologia politica in cui c’è un leader infallibile disposto ad usare la violenza.