“U Cristu truvatu” al Caorle Film Festival: intervista al regista, Tony Gangitano
Un docufilm dal sapore tutto siciliano, dall’ambientazione ai personaggi finanche al suo regista, e attore, Tony Gangitano. Il suo “U Cristu truvatu” è un successo in continua ascesa e non soltanto all’interno dei confini della bella Sicilia. Dal 2022 (anno della sua uscita) ad oggi, infatti, l’opera ha collezionato riconoscimenti internazionali uno dietro l’altro. Al regista Gangitano, eccellenza siciliana nel mondo, abbiamo voluto rivolgere alcune domande atte a delineare alcuni tratti, i più salienti, della sua ultima produzione riuscendo anche a strappargli qualche perla di saggezza. Buona lettura.
“U Cristu Truvatu” è il titolo del suo ultimo film di cui ha firmato la regia insieme alla sceneggiatrice Stephanie Genova, che, ha fatto da aiuto regia. Dove è ambientato e qualʼè la trama?
«La trama di “U Cristu Truvatu” risale allʼanno 1618, quando un gruppo di persone povere videro i propri figli soffrire la fame. Gli stessi, oggi, sono chiamati “figliamari” (raccoglitori di erbe selvatiche). Furono loro a decidere di andare nei campi, nei terreni incolti e colmi di insidie a cercare queste erbe che ancor oggi rappresentano il cibo sano del Mediterraneo. Ed è proprio lì che sentirono voci provenire da una grotta al cui interno si trovava un crocifisso, un Cristo nero. Il miracolo avvenne al momento in cui cercarono invano di ripulire il volto di Gesù che pochi secondi dopo ridiventò nero. Da quel momento, fu considerato patrono della Città di Caltanissetta, dal nome del luogo in cui lo stesso venne rinvenuto. Oggi, non è più il Patrono della Città perché, in seguito alla peste debellata dall’arcangelo Gabriele, fu costui a prendere il suo posto. Tuttavia, per i Figliamari il Patrono di Caltanissetta rimane il Cristo nero, o Signore della Città, che ogni anno per il giorno del Venerdì Santo viene portato a spalla a piedi nudi per le vie gridando in dialetto stretto siciliano la Passione di Cristo: una vera e propria ‘Laudata’».
Chi sono gli attori che lʼhanno accompagnata in questa impresa?
«Pierluigi Gangitano, Iacopo Cavallaro, Rosario Neil Vizzini con la partecipazione di Gaetano Aronica. Anche moltissime comparse e figurazioni hanno partecipato al docufilm, compresi alcuni bambini che se ne sono resi protagonisti. Un ringraziamento va al Teatro Della Parola Atepa e al suo presidente Salvatore Alfano, al Gran Cerimoniere della Real Maestranza di Caltanissetta Geraldo Gianni Taibi e a Fabio Gangitano che ha chiesto la colonna sonora».
Cosa le piace di questa storia?
«Questa storia mi è sempre piaciuta, sin da bambino, e mai avrei immaginato di poterci creare un Docufilm importante. Ciò che mi affascina è il modo in cui lo venerano (il Cristo nero, ndr) e la tradizione che si tramanda di padre in figlio, ma soprattutto la paternità che i Figliamari non cederebbero mai a nessuno, nemmeno per tutto l’oro del mondo. Ed è per questo che ho scritto, io stesso, la sceneggiatura».
“U Cristu truvatu” oltrepassa i confini italiani per approdare alla sesta edizione del prestigioso evento internazionale targato Caorle Film Festival 2023. Quali sono le aspettative?
«Non solo arriva in selezione al Caorle Film Festival e questo è già per me un successo, ma approda in terre venete e viene considerato con un dialetto ed una storia tutta siciliana. Nel 2022, vince il Leone d’Oro indiano nella categoria “Miglior Regista Internazionale” al Golden Lion International Film Festival nello Stato del Bengala, nella città di Kolkata, considerata capitale culturale dell’India. E, sempre nel 2022, vince Award nella categoria “Miglior Regista” al Golden Horse International Film Festival, nello Stato del Tamil Nadu, città Chennai. Nel 2023, vince al Madonie Film Festival, regione Sicilia nella categoria “Sperimentale” che battezza la trilogia del documentario, finzione e teatro».
Una collezione di successi, dal 2021 ad oggi, anche a Caltanissetta che è la sua città natìa. Pensava di fare così tanta strada quando, quel giorno, presentò la sceneggiatura alla Fondazione “Federico II” di Palermo?
Il giorno in cui andai ad incontrare il Direttore della Fondazione “Federico II”, portai con me un altro progetto ma chissà perché con me avevo anche la sceneggiatura de “U Cristu Truvatu”. Dopo averne parlato per circa mezzʼora la cosa prese la piega di un NO. Però, il Direttore nella persona della dottoressa Monterosso mi disse: «Sa una cosa? Quest’anno la Settimana Santa di Caltanissetta entrerà nelle rete europea insieme a Malta, Slovenia, Spagna e Portogallo. Lei ha qualcosa da propormi?». Subito mi arrivò un colpo allo stomaco che mi fece sobbalzare e risposi: «Niente? Cosa ne pensa se parlassimo del Cristo nero di Caltanissetta che è inserito nel Venerdì Santo?». Insomma, – per abbreviare – in dieci minuti il progetto venne approvato verbalmente ed in seguito anche formalmente, a mezzo e-mail. Uscii da quella stanza con le mani che mi tremavano e già nel pomeriggio, insieme a Stephanie Genova che mi fece da aiuto regia, organizzai tutto l’occorrente per iniziare un lavoro genuino.
Cosa crede abbia decretato il successo della sua pellicola? Esiste un particolare che rende unico “U Cristu Truvatu”?
«La durata è di 55 minuti, ma la particolarità sta nell’avere generato, senza volerlo, un nuovo metodo e cioè MDT (Movie Docu Teathre). Eh sì, proprio così. Sapete perché? In questo lavoro voi troverete una storia meravigliosa e vera ma un personaggio di fantasia che arriva a Caltanissetta, precisamente un italoamericano che, come detto, arriva in città per la Settimana Santa, imbattendosi in un piccolo dramma teatrale che parla del Cristo nero. Osservando la festa reale, facendo delle domande ad un ragazzo che in primis non si vede in viso ma solo di spalle: lo spettatore ne scopre il volto soltanto alla fine ed è allora che si comprende essere lo stesso attore del film, cioè uno dei quattro che trovarono il Cristo nero ma proprio lui, Michele, colui il quale entrò nella grotta e portò fuori il Cristo nero. Abbiamo quindi Teatro Movie e, infine, la parte documentaristica con i personaggi reali della Real Maestranza con a capo il Cerimoniere Gianni Taibi, che è colui il quale tiene i rapporti intensi con le congregazioni della Spagna. Altro importantissimo particolare è quello della costruzione, identica all’originale, del Cristo nero creata appositamente dallo scultore Igor Castellano con misure pari all’originale. Oggi, il crocifisso utilizzato per le riprese è stato omaggiato dalla Fondazione “Federico II” alla Città di Caltanissetta ed è custodito nella stanza del Sindaco».
Perché è necessario preservare il “patrimonio immateriale“, così lei definisce i valori? La domanda è rivolta a Tony Gangitano uomo, prima ancora che allʼattore ed al regista attivo sul territorio.
«Dunque, da uomo Tony Gangitano risponde: io sin da piccolo ho vissuto i momenti di spettacolo, mio padre era un cultore della musica partenopea tanto che aprì a Caltanissetta una radio, ed è proprio li che io costruii le mie basi con la musica con le trasmissioni radiofoniche e così avanti nel tempo sino a non fermarmi. Dico che il passato non va cancellato tutto, deve avere un perché. Da regista dico sempre che un popolo senza cultura dialettale è un popolo ignorante, personalmente inserirei i dialetti nelle scuole. Oggi, i ragazzi corrono con Internet; i social li hanno totalmente travolti tanto da avere offuscato le loro menti, coprendo il sapere, le cose vere che il nostro mondo, la nostra Italia hanno vissuto. E, se tutti noi stiamo qui a parlarne, è grazie a chi in passato ha mostrato coraggio – anche a costo della propria vita – per far sì che tante cose fossero giuste. Ma, attenzione, chiudo con una frase importante: non pensiamo di essere noi gli artefici di tutto, perché ci sbagliamo. Il regista assoluto di tutto questo mondo è Dio, il Creatore. Noi siamo solo attori di passaggio».
Nella foto: il regista Tony Gangitano