“Sulla morte senza esagerare”: Wisława Szymborska al Piccolo Teatro
È in scena al Piccolo Teatro della Città di Catania la pièce teatrale “Sulla morte senza esagerare”. In onore della poetessa polacca Wisława Szymborska. Ideata e diretta da Riccardo Pippa, interpretata dalla Compagnia Teatro dei Gordi di Milano: Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti e Matteo Vitanza; scene, costumi e maschere contemporanee di Irene Ariemme; produzione: Teatro dei Gordi – Teatro Franco Parenti, con il sostegno di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo – Progetto next laboratorio delle idee.
Si può affrontare il tema della morte con leggerezza, ironia e divertissement?
Proprio Morte, temuta da tutti e per questo negata e scaramanticamente destinata all’oblio?
La risposta sta nella pièce proposta da Riccardo Pipa, interpretata con grande maestria dalla Compagnia dei Gordi e ispirata da una poesia della Szymborska.
Maria Wisława Anna Szymborska (1923-2012), conosciuta a livello internazionale e considerata la più grande poetessa polacca ha ottenuto il Nobel per la letteratura nel 1996 “per una poesia – si legge nelle motivazioni – che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà… Si rivolge al lettore combinando in modo sorprendente lo spirito, la ricchezza inventiva e l’empatia, ciò che fa pensare talvolta al secolo dei Lumi, talvolta al Barocco”.
Nata in Polonia, nel 1931 si trasferiva a Cracovia dove rimarrà per tutta la vita.
Dopo il matrimonio nel 1948 con Adam Włodek, dal quale avrebbe divorziato nel 1954, nel 1951 si iscriveva al partito comunista aderendovi fino agli anni Sessanta quando rinnegò, a suo dire, quel “peccato di gioventù”; nel 1966, per solidarietà contro l’espulsione del filosofo Leszek Kolakow restituiva la tessera al partito comunista.
“Per un periodo sono stata molto credente – declamava nel suo discorso per il Nobel -. Adesso si sente dire che la perdita della fede ha aperto la strada al comunismo… Esiste un’etica laica, che è nata attraverso lunghi secoli e grandi sofferenze… Nessuno può dirsi completamente non credente… Ma dopo una crisi profonda negli anni ’50 ho capito che la politica non è il mio elemento. Così mi sono sforzata a scrivere versi che potessero superare questo orizzonte.”
Non si iscriverà (“Sono, ma non devo esserlo, una figlia del secolo”) neanche a Solidarnosc: “perché -diceva – non ho sentimenti collettivi… non potevo più appartenere ad alcun gruppo. Posso solo simpatizzare. L’appartenenza per uno scrittore è solo un problema. Lo scrittore deve avere delle sue convinzioni e vivere in modo coerente”.
Intanto la sua produzione veniva tradotta in 36 lingue; negli anni Sessanta veniva conosciuta anche in Italia.
Nel 1969 iniziava la sua lunga storia, nutrita di molte lettere, un dialogo epistolare d’amore, un discorso ininterrotto con lo scrittore, romanziere, sceneggiatore e poeta polacco Kornel Filipowicz, che non sposò e con cui mai convisse ma che molto amò (“Ascolta come mi batte forte il tuo cuore”) fino al 1990, alla morte di lui.
Nel 1991 le veniva assegnato il premio Goethe cui seguiranno numerosi riconoscimenti fino al Nobel del ‘96.
Nel 2012, a 89 anni, anche lei moriva nel sonno.
“Come se avessi vissuto la vita di una farfalla, come se la vita mi avesse semplicemente accarezzato la testa” aveva detto.
E anche nell’attimo finale la morte, protagonista dello spettacolo, era stata lieve e gentile con lei, che con l’ironia, il paradosso e la contraddizione, nei suoi versi liberi con cui affronta enigmi esistenziali, le aveva dedicato la poesia “Sulla morte senza esagerare”.
Immaginate un signor Morte veramente molto, ma molto, maldestro:
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata ad uccidere
Lo fa in modo maldestro
Sull’onda di questi versi interviene superbamente il regista Riccardo Pippa, originale drammaturgo, abile nel lavoro di scena incentrato sul linguaggio del corpo e della maschera, che guida l’eccezionale Compagnia Teatro dei Gordi di Milano regalandoci, con raffinata intelligenza, questo prezioso, divertente e gustoso spettacolo.
Il pubblico si trova così davanti a una sorta di comica da cinema muto, con situazioni paradossali recitate solo con la gestualità del corpo e senza mimica del viso nascosto dalla maschera: un’impresa titanica!
La scena è essenziale: una panchina al centro e un lampione.
Il signor Morte, in cardigan (liso) e cravatta e con un panno sulla testa, si prepara e aspetta chi, annunciato dal lampioncino che si accende, è giunto all’attimo fatale.
Si susseguono così varie maschere (una malata terminale, un indeciso aspirante suicida, un rider investito…) che assistono ad un rituale gestito da Morte: tre colpi di campana, braccia distese, musica d’organo, davanti all’ingresso che porta all’Al di là.
Ma, vuoi per distrazione, vuoi per incompetenza o per chissà che, la morte non riesce a fare il suo lavoro: tutti, tranne un vecchietto rassegnato al trapasso, riescono a sfuggirla.
A questo punto Morte anziano viene licenziato e sostituito da uno più giovane…ma con quali risultati?
È sempre la Szymborska con la sua introspezione intellettuale, l’arguzia e l’eleganza lirica delle parole a darci una risposta:
Quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo
non c’è vita
che almeno per un attimo non sia stata immortale.
La morte è sempre in ritardo di quell’attimo.
Invano scuote la maniglia
d’una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
Il tempo raggiunto.
Foto di Dino Stornello