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“Suca”, come dirlo in tanti modi

Fenomeno “culturale” e insulto imperativo siciliano ricorrente. In altri termini “SUCA”, terza persona singolare del verbo “sucari”. Un insulto perfezionato, una richiesta, un comportamento che include un prisma di espressioni. Il termine è modulabile secondo l’impulso e la situazione. Chi dice “suca” regola l’espressione (o il gesto), decide sul momento se imprimere un senso più forte o più leggero, un sentimento di rabbia o di sfida, finanche ad un atteggiamento di derisione o di dispetto.

Il dialetto siciliano che influenza la lingua italiana. Di tutto questo parla il libro, a firma dell’esperto linguista Roberto Sottile, uscito il 28 giugno in tutte le librerie italiane, acquistabile negli store on-line. A spasso nell’analisi tecnica per poi sfociare nell’alveo folkloristico e comico del fenomeno proveniente dalla Sicilia e dell’effetto contagioso in tutta Italia. Si spazia dalla “Storia” agli “usi di una parola” sconfinando oltre il regionalismo isolano. I ragazzi vi ricorrono nel gergo parlato e sul Web. È un termine gettonato, consueto sia negli striscioni allo Stadio che nei manifesti pubblicitari.. 

Roberto Sottile insegna Linguistica italiana presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo ed è membro del Comitato Scientifico dell’Atlante Linguistico della Sicilia (ALS). Si è occupato di lessicografia geo-etnodialettale (Lessico della cultura dialettale delle Madonie. 1. L’alimentazione, 2. Voci di saggio, Palermo 2010-2011) e del rapporto tra dialetto e mondo giovanile (Il dialetto nella canzone italiana degli ultimi venti anni, Roma 2013). “Parole migranti tra Oriente e Occidente” è la sua raccolta di voci dialettali di origine araba che attraverso la Sicilia si sono diffuse in Europa e nel bacino del Mediterraneo, pubblicata, nel 2015, insieme a Giovanni Ruffino. Sue anche “Le parole del tempo perduto” del 2016.

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