“Stai fermo lì”, il corto della regista Clementina Speranza in difesa dei diritti umani
Debutta come regista la poliedrica Clementina Speranza, catanese ma milanese d’adozione: un vulcano di idee. Non solo giornalista (ha collaborato per circa 10 anni con il Corriere Economia, con il Magazine e Sette; ha vinto il Premio Giornalistico SOI 2022, docente di “Scrittura per il giornalismo, ma anche creatrice del format e della trasmissione televisiva “Storia d’Azienda”, direttrice della rivista digitale EMME 22, artista e critica d’arte.
Ultimamente, in qualità di regista (la sua ultima performance), ha abbracciato con grande entusiasmo la causa dei ‘diritti umani’, ricevendo, il 25 novembre 2023, il Premio per la Pace dell’Ambasciata Svizzera in Italia per il suo docu/intervista/film: “Stai Fermo Lì”.
“I diritti umani – sono le parole di Raffaella D’Errico, console onoraria di Svizzera per la Campania – rappresentano un valore cardine per la Svizzera, sono parte integrante della nostra tradizione, storia e politica estera. Assegnando questo premio l’Ambasciata Svizzera intende mettere in evidenza la necessità del rispetto dei diritti umani per ottenere una pace durevole in qualsiasi caso, soprattutto viste le storie di cronaca di questi ultimi tempi. Siamo fieri e felici di annunciare quale film riceverà il premio: Il vincitore del premio per la Pace dell’Ambasciata di Svizzera della XV edizione del Festival del cinema dei Diritti Umani di Napoli è il film “STAI FERMO LÌ ” di Clementina Speranza”.
“Ciò che è piaciuto di STAI FERMO LÌ è il forte messaggio di Pace – afferma la Console Onoraria di Svizzera per la Sicilia, Carlotta Lombardo – che è un inno alla forza interiore e alla capacità di lottare restando fedeli a se stessi. Permette allo spettatore di ripercorrere la vita del protagonista, un uomo che non trasmette alcun odio, comunica pace e amore incondizionato per la sua patria… Con il Premio per la Pace abbiamo premiato il coraggio della regista, per aver dato voce a chi non l’aveva, e il coraggio di un uomo, il protagonista, per essersi voluto raccontare nonostante tutto…. In conclusione vorrei ribadire che di fronte ai conflitti violenti nel mondo attuale, non dobbiamo mai dimenticare i destini individuali che sono sconvolti di conseguenza”.
Ed è proprio su un ‘destino individuale’ che voglio fermare l’attenzione attraverso questo crudo manifesto d’accusa tradotto in un lavoro che ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio Ambasciata Svizzera per la Pace 2023 (Festival Del Cinema dei Diritti Umani di Napoli), Bimonthly Winner Monza Film Festival (Honorable Mention), Official Selection International Tour Film Festival 2024, Official Selection Night of Drama Shorts 2024.
Attraverso le parole del protagonista che sulla sua stessa pelle ha vissuto – oggi, nella ‘civile’ Europa – l’indifferenza, la superficialità, senza contezza e senza rimorsi, di una società distratta quanto spietata e disumana, lo spettatore viene coinvolto in un groviglio di vicende ai limiti dell’assurdo.
Il giovane persiano Babak Monazzami aveva 3 anni nel 1988, quando assistette per la prima volta ai bombardamenti iracheni della guerra tra Iran e Iraq, rifugiandosi con la sua famiglia sulle montagne.
Erano gli anni dell’Iran di Khomeini, fino alle elezioni di Ahmadinejad, gli anni del Regime: l’unica religione consentita è quella musulmana, niente ballo, niente musica occidentale, niente giochi a carte, (per non parlare del triste destino delle donne!) …si rischia di venire arrestati, imprigionati, torturati.
A Babak tutto ciò sta stretto perché vorrebbe vivere come un ragazzo occidentale…e scappa alla ricerca di un rifugio politico!
È l’Italia il Paese che sceglie, e Milano la città della sua nuova, felice vita.
Ma il suo è un destino da braccato. Costretto ad allontanarsi fugge in Germania dove, per un errore della Polizia tedesca, viene ‘trattenuto’ per due anni in un campo di rifugiati, perché i suoi documenti di rifugiato politico in Italia…non si trovano (???).
I Diritti Umani sono violati, e lui “sta fermo lì”, bloccato e senza libertà, anche nella ‘civilissima’ Europa.
Le immagini che si alternano alla narrazione – la regista non appare mai per non distrarre il pubblico – passano dalle brutali scene di repertorio alla serenità delle montagne iraniane costantemente vive nel ricordo e nei sogni di Babak Monazzami.
“La scelta del bianco e nero – sottolinea Clementina Speranza – è per le immagini di Babak che riflette riascoltando la sua storia. Bianco e nero anche per le immagini di repertorio e i piccoli filmati sulle città iraniane e italiane. Solo le montagne restano a colori, perché vive nel suo ricordo e nel dolore di non poterle rivedere.”
Dopo una lunga tappa a Catania iniziata con il Festival internazionale del cortometraggio ‘Corti in Cortile’, nell’iconico Palazzo della Cultura, il documentario non si è più fermato e il 25 novembre 2024 volerà fino in Corea del sud per essere proiettato al museo d’arte moderna di Ulsan, con sottotitoli in coreano.
Il trailer finale anticipa un secondo documentario sulla vita di Babak, che nel 2022 a Berlino, durante una manifestazione per “Donna, vita, libertà”, in seguito a una brutale aggressione finisce addirittura sulla sedia a rotelle.
Meritatissimi i riconoscimenti tributati alla regista (“cercavo una storia, ma è la storia che è venuta a me”) per la sua geniale intuizione e l’ottima realizzazione, e al giovane talentuoso (è anche un bravo pittore) protagonista per il suo coraggio nell’azione e nell’accusa.
Determinante il messaggio trasmesso: un lucido ‘j’accuse’ e uno sprone a resistere sempre comunque e dovunque.
“È una storia molto forte… racconta come sia ardua l’integrazione in Europa, come anche qui i diritti umani sono spesso violati e non c’è sicurezza per chi lotta per difendere la libertà. Obiettivo non è solo quello di risvegliare la coscienza del pubblico, ma anche di ricordare quale sia il prezzo che il silenzio può esigere. È un invito a non chiudere gli occhi” conclude la regista.
Grandi consensi, scroscianti applausi e standing ovation hanno sottolineato il gradimento da parte del pubblico.