Sei donna e hai fatto un figlio? Adesso sono problemi tuoi!
Quante volte ci siamo sentite dire o fai la madre o lavori!
La soluzione migliore è startene a casa a fare la casalinga, ci viene suggerito da certi maschi supponenti convinti di poter decidere per noi.
E noi donne ci siamo sentite sole e svilite.
Perché è inutile negarlo, nella nostra allegra società, tutta parità e inclusività, un figlio è un problema tutto nostro.
Noi donne, per non rinunciare a noi stesse e alle nostre legittime aspirazioni, siamo costrette a trasformarci in supereroine dai mille poteri, senza poterci permettere alcuna fragilità, pena la colpevolizzazione e l’essere additate come cattive madri.
Con la nostra impenetrabile armatura combattiamo ogni giorno per non soccombere a un sistema governativo che, invece di sostenerci, sembra volerci ostacolare a ogni costo.
Nel nostro bel paese mancano asili nido interni alle aziende in cui lavorano le neo mamme così come asili pubblici con personale qualificato in modo da permettere a tutte quelle donne, che non possono pagare una baby sitter a causa delle basse retribuzioni lavorative, (quasi sempre più basse di quelli degli uomini) di lasciare il proprio bambino durante le ore di lavoro.
Nel nostro bel paese paradossalmente dobbiamo sorbirci uno stato che fa di tutto per incentivarci a sfornare bebè ma che, nella realtà dei fatti, poi se ne lava le mani non mettendo in atto adeguate procedure a sostegno.
E noi, sempre più spesso, siamo obbligate a scegliere se essere madre o donna lavoratrice.
Questa è l’assurda realtà in cui siamo fagocitate e costrette ad arrabattarci.
Noi non possiamo conciliare lavoro e maternità.
Come se il voler affermare noi stesse in un ambito lavorativo sia una sorta di ostacolo alla nostra maternità.
Viviamo in una società che si impone con i suoi schemi predefiniti e che ci pone in condizione di dover rinunciare ai nostri obiettivi in nome di un presunto obbligo che ci è stato appioppato, fin dagli albori, da un sistema sociale fatto da soli uomini.
Ma gli uomini, i padri dove sono?
A svolgere il loro sacro e intoccabile lavoro!
Schiavi di una ristretta visione patriarcale, polverosa come vecchie anticaglie oramai in disuso, ancora oggi ci si trincera dietro alla presunta predominanza del lavoro maschile e alla arcaica convinzione che sia solo compito della donna occuparsi dei figli, trovando comodo scaricare ogni responsabilità sulla propria partner, dimenticando volutamente che a fare un figlio bisogna essere in due.
E invece un figlio è sempre un problema della donna!
Spesso, la decisione di mettere al mondo un figlio si scontra con mentalità ristrette che declassano la donna e la privano della legittima possibilità di affermazione e indipendenza.
Sono infinite le storie di donne che hanno dovuto lasciare il proprio posto di lavoro sfinite da giornate, vorticose come un girone infernale, in cui le uniche a essere punite erano sempre e solo loro.
Piuttosto che essere aiutate sono state schiacciate e annientate da pregiudizi obsoleti che hanno generato assurde forme di colpevolizzazione solamente per aver cercato di dare valore ai propri desideri di carriera come se questi non fossero loro permessi, come se, in quanto madri, non avessero alcun diritto non solo di averli, ma nemmeno di pensarli.
Le donne che hanno avuto la sfrontatezza di avere questi pensieri “proibiti” sono state giudicate e quasi sempre criticate per aver voluto affermare la propria identità di donne.
Nell’esatto momento in cui diventiamo madri perdiamo e basta!
Perdiamo la nostra individualità, non siamo più donne ma solo madri.
Tutto questo con il beneplacito di una comunità che non pretende niente dagli uomini e che osanna come novelli martiri i pochi che decidono di collaborare nella crescita dei figli accettando di dividere il carico di responsabilità.
Purtroppo siamo intrappolati all’interno di una struttura sociale decrepita, ancorata a vecchie impalcature che non sono più in grado di reggere, ma che però continuano a essere radicate e a giustificare gli umilianti colloqui di assunzione in cui la prima domanda che viene posta è se si è già madri o se si ha intenzione di diventarlo.
Le qualità professionali di una donna e le sue competenze sono quasi sempre subordinate alla sua scelta di maternità.
Quante donne non vengono assunte solamente per questo, quante licenziate non appena iniziano una gravidanza e quante sono costrette a nasconderla per mesi.
Un esercito silenzioso di donne quotidianamente deve affrontare un vergognoso svilimento della propria dignità, senza alcuna possibilità di riscatto o di emancipazione individuale.
La triste verità è che non c’è spazio per le donne che lavorano, abbandonate alle loro difficoltà devono ritagliarselo da sole ogni giorno con tenacia e determinazione per dimostrare che ogni donna per essere tale non deve scegliere tra l’essere madre e la sacrosanta realizzazione personale.