Schifani non ci sta e blocca le assunzioni in Regione di 49 dirigenti e funzionari
Lo stop alla corsia preferenziale, per l’assunzione in Regione di 49 dirigenti e funzionari prestati in comando ai dipartimenti regionali da Asp, ospedali e altri enti pubblici, è arrivato direttamente da Palazzo d’Orleans. La proposta era stata avanzata nei giorni scorsi dagli assessorati dell’Economia (Alessandro Dagnino) e della Salute (Giovanna Volo) che chiedevano «di attivare le procedure di mobilità per immettere in ruolo dipendenti del comparto e della dirigenza attualmente in posizione di comando nei due assessorati».
Il presidente Schifani ha ritenuto inaccettabile la proposta e ha scritto a chiare lettere che:
«L’iniziativa proposta appare irrituale e non in linea con la pianificazione strategica che questa amministrazione ha avviato per garantire un’efficace gestione delle risorse umane e un innalzamento della qualità dei servizi pubblici. Non si comprende l’urgenza e la modalità della proposta, avanzata senza il necessario approfondimento e in assenza di un confronto strutturato con gli organi competenti».
Nessuna urgenza, quindi, ma anzi la necessità di rispettare i criteri di competenza e di merito.
«L’amministrazione regionale – sostiene Schifani – è da tempo impegnata in un’attenta pianificazione delle professionalità necessarie per migliorare la macchina amministrativa. Tale pianificazione, fondata su criteri di merito e trasparenza, mira non solo a colmare carenze numeriche ma, soprattutto, a individuare le competenze indispensabili per affrontare le sfide future. Negli ultimi piani del fabbisogno, abbiamo definito con precisione i profili professionali prioritari da reclutare, adottando un modello che valorizza il merito attraverso concorsi pubblici. Per quanto riguarda la dirigenza, è stata avviata una riforma strutturale per articolare il ruolo unico per aree di competenza, in linea con le migliori pratiche nazionali».
L’assunzione diretta senza concorso, insomma, non si farà. I 49 “comandati” – alcuni precari da anni – per diventare dipendenti regionali dovranno sottoporsi a una selezione pubblica perché, come sottolinea Schifani, «il futuro della Regione Siciliana si costruisce attraverso la programmazione, il merito e la trasparenza, strumenti fondamentali per garantire servizi efficienti e rispondenti ai bisogni dei cittadini».
A insorgere contro la proposta erano stati quasi tutti i sindacati. La Cgil l’aveva condannata, definendola una “sanatoria nepotistica e clientelare” e aveva parlato di “conflitto di interessi mai segnalato”. In sostanza, il solito familismo amorale (dall’inglese amoral familism) teorizzato dal sociologo Edward Banfield nel suo libro The Moral Basis of a Backward Society (trad. it.: Le basi morali di una società arretrata). L’autore formulò il concetto di familismo amorale spiegando i due termini: familismo perché l’individuo perseguirebbe solo l’interesse della propria famiglia più o meno allargata, e mai quello della collettività, che richiede cooperazione tra non consanguinei; a-morale perché seguendo la regola si applicano le categorie di bene e di male solo tra familiari, e non verso gli altri individui della comunità.
Pertanto, l’amoralità non sarebbe relativa ai comportamenti interni alla famiglia, ma all’assenza di ethos comunitario.
L’assenza di etica è dimostrata dal fatto che tra i 49 ci sono figlia e moglie dei superburocrati Salvatore Iacolino (Pianificazione strategica dell’assessorato Salute) e Ignazio Tozzo (Ragioniere generale), dai cui uffici è venuta fuori la richiesta di stabilizzazione. Nell’elenco dei comandati pare che figurino anche la moglie del sindaco di Palermo Roberto Lagalla, il cugino dell’assessore forzista Edy Tamajo, la moglie dell’avvocato amministrativista Girolamo Rubino e tanti altri.
Per tutti questi motivi, anche Cisl, Uil e altri sindacati avevano bocciato il provvedimento per la poca trasparenza e chiesto un’audizione in prima commissione all’Ars.
Giornate difficili per la Sanità siciliana: si è pure dimesso il direttore sanitario dell’ospedale Villa Sofia Aroldo Gabriele Rizzo poiché, dopo la morte di Giuseppe Barbaro, giunto al pronto soccorso di Villa Sofia con una frattura all’omero e rimasto per tre giorni su una barella e per 17 in attesa dell’intervento, Schifani non aveva lesinato critiche alla governance dell’ospedale palermitano: “Se qualcuno non è all’altezza di risolvere i problemi – aveva tuonato il governatore – se ne torni a casa. Poltrone di comodo, con Schifani, non ce ne sono più”.