Salvatore Castellino: squarci d’inconscio
Salvatore Castellino nasce a Chieti nel 1964 da genitori netini. Trasferitosi in Sicilia da bambino, si forma artisticamente presso l’Accademia di Belle Arti di Siracusa, frequentando la sezione di pittura. Amplia la sua formazione attraverso esperienze in campo scenografico e partecipa a numerose mostre, collettive e personali, ad estemporanee di pittura, ottenendo vari ed importanti riconoscimenti. Numerose sue opere fanno tutt’oggi parte di collezioni private in Italia e all’estero. Molto apprezzata anche l’attività di vignettista di Salvatore, che presta la sua mano a note testate come “L’Unità” e “La Sicilia” e alle pagine d’importanti cataloghi (Catalogo Giunti : “Illustrazione, satira e caricatura “Fratelli d’Italia”). Di lui dice il Ch.mo Prof. Luigi Amato: “E’ responsabile e si sente tale, anche lui, della bellezza del mondo, di uno sguardo velato di malinconia in un azzurro buio che travalica le umane barriere della percezione. […] Il suo è l’approccio concettuale di un artista di livello che lancia forti elementi propositivi in un momento storico problematico. […] Mette in evidenza il processo ciclico della conoscenza a partire da se stessi, il momento in cui l’occhio si apre per vedere e l’arte comincia ad agire”. Nella pittura di Salvatore Castellino è possibile, in effetti, viaggiare attraverso la figura, passando dalla dimensione materiale e corruttibile, ai misteri del mondo ctonio e inconosciuto. Vi si accede attraverso i numerosi squarci creati ad arte sulle figure che altrimenti resterebbero immacolate. Attraverso queste “ferite”, metafore della fragilità della condizione umana, avviene il superamento della superficialità e il conseguente avvicinamento ai piani della realtà occulti ma pur sempre esistenti. Visitando le “Interiora terrae” l’artista si concede ad un universo alternativo, una sorta di Opera Alchemica, tramite la quale riconoscere la frantumazione delle proprie certezze, l’umana imperfezione e i demoni che essa porta seco. Immedesimarsi simbolicamente nell’immagine, alla luce di questa nuova ottica, significa partecipare con l’artista alla creazione di un nuovo volto, che come l’involucro di una crisalide, sprigiona in senso centripeto il miracolo della rinascita. Il suo lavoro rimanda al concetto di “Kintsugi”, la tecnica di restauro giapponese che consiste nel riparare oggetti di ceramica con lacca mescolata a polvere d’oro, non nascondendo le linee di rottura, bensì lasciando ben visibile la riparazione, facendo così divenire i manufatti, dei pezzi unici e irripetibili. Nella stessa maniera, il dolore e la ferita, diventano per Salvatore, l’oro che esalta la bellezza insita nell’unicità di ogni essere umano. Incontriamo Salvatore Castellino nel suo studio siracusano, dove ci accoglie con la sua nota gentilezza e disponibilità.
Ciao Salvatore, le tue opere non lasciano mai indifferenti. Ti sei mai chiesto cosa le rende così provocatorie o provocanti a chi le osserva? Hai capito cosa di esse attira i tanti che ti apprezzano?
Ciao Davide e benvenuto. In effetti non c’è un intento provocatorio, anche se qualcuno lo percepisce come tale. Mi sono solamente spinto oltre il semplice appagamento esteriore. Non volevo che l’osservatore subisse passivamente l’immagine, ma volevo in qualche modo spiazzarlo, coinvolgerlo, mettendo in discussione le sue certezze, abbandonando l’approccio razionale. Un po’ come i “Koan” zen, quesiti che il maestro pone all’allievo, disorientandolo, facendogli capire che la mente è un limite oltre il quale spingersi attraverso la percezione o l’intuizione improvvisa. È l’abbandonare per un istante la dimensione del conosciuto e del visibile, un ingresso nel ciclo della materia fatto di generazione/morte/rinascita, dove in realtà niente muore ma tutto si diversifica. Ultimata la fase grafico-pittorica, entro fisicamente nell’opera, poggiando le mani sulla superficie di carta, sapendo di avere il controllo del suo destino, lacerandola, sovrapponendola, tagliandola, per carpirne l’essenza, squarciando le tenebre della sua inconoscibilità, riconsegnandola alla luce che l’ha generata. Forse in chi percepisce questo nasce un’attrazione.
Le opere di un artista parlano sempre di lui e la tua opera presuppone un cammino introspettivo personale profondo. Se ti va di raccontarlo, puoi dirci quando è iniziata la tua ricerca? Ovvero: come sei arrivato ai tuoi “squarci d’inconscio”?
In effetti negli anni ho elaborato questo stile, frutto di ricerca e sperimentazione. Inizialmente ero molto legato a schemi accademici e a tecniche classiche, ad un certo punto, di fronte alla tela appena dipinta ho sentito una sensazione di incompletezza, e la voglia di spingermi oltre. Come hai intuito, tutto scaturisce da una fase molto intensa di ricerca interiore. Parli di inconscio ed in effetti in una prima fase attingevo dalle mie letture e dal mio interesse per la psicologia, ma successivamente ho sentito anche questo approccio molto limitante ed ho cominciato ad esplorare e a riversare sulla tela le suggestioni ricavate dalla spiritualità orientale fino alla mistica occidentale, per cui il concetto di mente e corpo rappresentavano un limite oltre il quale dovevo spingermi, cercando di carpire il mistero sublime che si cela dietro di esso con una sintesi estrema. Come avrai notato spesso dagli strappi emergono tracce di foglia d’oro. È un rimando agli sfondi dorati delle icone, e quindi alla dimensione della spiritualità. A volte l’oro rappresenta una vera e propria “riparazione” degli strappi ed in questo caso è un richiamo alla tecnica giapponese del “Kintsugi” alla quale facevi riferimento nella presentazione.
Artista emozionale, ma anche vignettista. Come si coniugano le due attività?
Mi viene di pensare all’ambito degli artisti Macchiaioli che durante le loro riunioni spesso si ritraevano in maniera caricaturale tra di loro. Era del resto cosa frequente per molti artisti dare libero sfogo all’aspetto irriverente e goliardico nelle vignette o nelle caricature. Per me rappresenta uno “svago” che mi concedo, ma anche un modo di sottolineare l’importanza del sarcasmo, dell’ironia. Nel caso delle caricature è un modo diverso di approcciarmi alla lettura di un volto, cogliendone attraverso deformazioni grottesche l’intima essenza.
In Sicilia si registra un incremento verticale delle attività artistiche rispetto al passato. Cosa significa per te essere artista in Sicilia? Parlaci delle tue difficoltà oggettive.
Ci sono molte possibilità oggi per gli artisti in Sicilia. Stanno venendo fuori molte realtà locali interessanti. Parlo di spazi espositivi alternativi, di contenitori culturali nuovi in palazzi storici riaperti al pubblico che diventano il tramite per veicolare l’arte contemporanea, ma anche attraverso il recupero di aree urbane periferiche, come per esempio Favara con il Farm Cultural Park. Una di queste realtà molto attive è sicuramente Noto, in provincia di Siracusa, dove da diversi anni espongo.
C’è qualcosa che vorresti dire ai tanti artisti siciliani tuoi conterranei che spesso non riescono ad emergere nonostante le qualità?
Mi fai venire in mente una frase di Dino Campana:” Non è importante essere un grande artista. Essere un puro artista, ecco ciò che conta!”. Un invito a recuperare un ruolo coerente dell’artista che da una postazione privilegiata osserva e punta l’attenzione sulle contraddizioni profonde che ogni epoca attraversa, esprimendole con il proprio linguaggio. Il concetto di “emergere”, mai come oggi è qualcosa di relativo. Tutto cambia nel giro di pochi click di mouse, osannato e dimenticato da un sistema vorace, per cui spesso scandalo o moda sono diventati sinonimo di arte, ma ciò è molto discutibile. Sicuramente la rete offre ampie possibilità di dare risonanza alla propria arte, ma c’è il rischio di saturare i social, banalizzando ogni cosa. Proporsi alle gallerie giuste, perché ognuna tratta linguaggi diversi, potrebbe essere il primo passo.
Prima di salutarci possiamo spiare i tuoi progetti futuri?
Non mi stanco mai di studiare, ricercare e sperimentare. Sto cercando di affinare la tecnica, tentando complessi strati e sovrapposizioni. Sto valutando una proposta nel campo della satira. Lavoro molto con committenti. Non espongo spesso. Ne sanno qualcosa i miei amici galleristi che faticano non poco a tirarmi fuori dal mio studio (risata).
Grazie Salvatore, a presto e ad maiora!