Saffo di Giovanni Pacini
Il dissidio tra Arte e Vita, tra Poesia e Amore.
Negli ultimi versi de I Sepolcri, il poeta Ugo Foscolo canta della forza eternatrice della Poesia che viene simboleggiata in Omero, poeta cieco, che scende nelle tombe per rievocare le gesta e le glorie passate degli eroi greci. È un tema che tutti hanno incontrato nel corso dei loro studi. La visione della funzione eternatrice della Poesia e – più in generale – dell’Arte è messa in discussione e contestata nell’opera lirica Saffo del musicista catanese Giovanni Pacini andata in scena nel 1840 a Napoli. Il soggetto è ripreso dalla tragedia Sappho di Franz Grillpazer.
L’opera è ambientata ai tempi della XLII Olimpiade. Mentre si stanno svolgendo i giochi olimpici, il coro invita Alcandro, sacerdote di Apollo ad abbandonare il circo perché la poetessa Saffo sta sfidando apertamente il Dio Apollo e l’autorità di Alcandro con un componimento che rievoca la tragica fine di Antigono che fu lanciato dalla rupe di Leucade. Il carme condanna i sacrifici umani alla Divinità e il clero che li compie.
Alcandro è alquanto infastidito dal contenuto del componimento poetico, ma al tempo stesso è affascinato dall’intelligenza e dal genio poetico della donna. Compare sulla scena Faone che dichiara ad Alcandro di essere innamorato di Saffo. Sin da quando l’ha incontrata a Lesbo, però, ha scoperto che il poeta Alceo la sta corteggiando e che i due si amano. Eppure Saffo non ama assolutamente Alceo, anzi cerca di convincere Faone del suo amore. Allontanandosi un momento dal circo in cui si stanno volgendo le Olimpiadi, ammette di non essere felice anche se la Poesia e l’Arte spesso le fanno raggiungere grandi successi ad Olimpia e una beatitudine celestiale. Saffo è una donna innamorata che vuole rimanere sulla terra. Faone dà in escandescenze quando sente il coro che chiama Saffo a ritirare la corona, perché questo importante riconoscimento le sarà dato proprio dal poeta Alceo. Faone è distrutto dalla gelosia e odia Alceo, i poeti in genere e la Poesia. Mal sopporta che Saffo sia coinvolta in questa attività pubblica e che agisca come una donna assolutamente libera e indipendente.
Saffo non ne è ancora consapevole, ma la sua Poesia è fonte di un urto tremendo con Apollo, il suo sacerdote Alcandro e il suo amato Faone. Ma la poetessa non trova pace. Tramite Lisimaco cerca di avere un colloquio con Alcandro e si reca nella sua casa nel giorno in cui sua figlia Climene sta per andare sposa. Saffo confida a Climene di avere oltraggiato Apollo, di avere vagato per tutta la Grecia alla ricerca di una persona importante e di essere ritornata in quel luogo per placare il Dio. Climene ha pietà della donna e tra le due nasce molto più di un’amicizia, quasi un vero e proprio amore. Sono avvinte da uno strano e sconosciuto sentimento. In modo molto delicato, le parole e la musica alludono al fascino di Saffo e all’amore omosessuale tra donne (amore saffico o lesbismo). Ma Climene deve sposare un uomo secondo le norme tradizionali. Saffo non sa che il futuro sposo di Climene è proprio il suo amato Faone. Viene condotta al matrimonio dove dovrà recitare un canto nuziale in favore dei due. Anche questa volta l’arte e la poesia si scontrano con la dura realtà. Il suo desiderio di amore e di pace per Climene naufraga nelle catene nuziali. Saffo recita il suo componimento gettando tutti nello sgomento: Alcandro si sente offeso, Climene capisce che Saffo ama Faone, quest’ultimo si pente di averla respinta. La Poesia diviene la ribellione contro l’amore negato e contro l’amicizia tradita. La Poesia è cronaca del desiderio negato, della disillusione o delle emozioni calpestate, rappresentazione della delusione e della frustrazione per i colpi oltraggiosi della Vita. Arte e Poesia operano su un piano assolutamente in contrasto con l’Amore e con la Vita. Messa sotto scacco, la poetessa Saffo lancia una maledizione contro tutti: Apollo, sacerdoti, Alcandro, Faone, Climene, Lisimaco, Ippia e tutti i presenti.
Il destino di Saffo è segnato. Alcandro la conduce all’ingresso di una caverna. Lì, la poetessa dichiara di avere oltraggiato il Dio Apollo e di essere pronta a lanciarsi alla rupe. A nulla serve l’intervento di Climene. Anzi la sua azione peggiora ulteriormente la situazione in quanto Lisimaco proclama solennemente che Saffo in realtà è la figlia dispersa di Alcandro e quindi sorella di Climene. Le due donne si ritrovano vicine nella sventura. Stavolta ad unirle è un amore tra sorelle. Anche questo rapporto è destinato ad essere negato. Infatti, nella caverna, i sacerdoti procedono ad invocare Apollo affinché si pronunci sul Destino di Saffo. Si ode una voce che condanna in modo inequivocabile la poetessa. Saffo viene condotta dentro la caverna ed affronta il rito. Fuori Faone è tormentato dal rimorso ed impotente davanti a quello sta succedendo.
Il Dio Apollo chiede il sacrificio di Saffo che viene accompagnata alla rupe da cui si lancerà. La poetessa cerca di riconciliarsi con il padre Alcandro che è anche colui che la porterà proprio sul punto in cui si lancerà nel vuoto. Il premio dell’Amore è solo la Morte. L’ultimo componimento di Saffo è un canto del cigno, una autodissoluzione. La Poesia e l’Arte non eternano, ma distruggono perché sono assolutamente inconciliabili con le relazioni amorose, con le strutture parentali, con la religione e le strutture giuridiche. In teoria, l’arte dovrebbe fare spiccare il volo all’animo umano ed elevarlo, nell’opera Saffo si lancia nel vuoto e muore per obbedire al Dio Apollo che è un dio vendicativo più che un Dio della musica. Certe libertà, certe emozioni, certi capolavori poetici possono essere apprezzati solo dai poeti come Alceo, ma si scontrano con la vita di tutti i giorni, con la misera delle relazioni tra gli esseri umani e con le strutture religiose, familiari, giuridiche, religiose e politiche.
L’opera Saffo di Giovanni Pacini è molto interessante perché rompe in modo molto netto con il noto schema in cui il tenore si innamora del soprano ed entrambi sono contrastati da un baritono geloso, da un mezzosoprano malvagio mentre a contorno c’è un basso che inscena un saggio un prete. Affronta in modo molto originale il complesso rapporto tra la vita e l’arte, tra i sentimenti e la loro rappresentazione poetica. Saffo non è né la Beatrice di Dante, né la Beatrice di Neruda, né l’Ermione sensuale di D’Annunzio, né la Lusinde di Schlegel. È una donna estremamente indipendente e libera in un contesto storico in cui le donne sono carne da matrimonio e hanno pochissima autonomia. Il suo rapporto con tutte le strutture giuridiche è conflittuale, le sue relazioni amorose e non sono destinate al fallimento. L’arte e la Poesia si scontrano con la realtà che delude e soprattutto con una griglia giuridico-politico-religiosa violentissima che non è possibile modificare.