Sabine Hossenfelder: “Se vi fidate della matematica, siamo immortali”
“Se vi fidate della matematica, siamo immortali” tale riflessione è successiva a una delle più intrepide osservazioni avanzate da Sabine Hossenfelder, divulgatrice e fisica di origini tedesche, che in merito alla natura della morte sancisce la sua insopprimibile essenza.
Un’inerstipabile indole a riguardo della quale troviamo singolari argomentazioni all’interno della sua ultima pubblicazione dal titolo “exstential physics”.
Le suddette considerazioni, che affondano le proprie radici nel campo scientifico, mettono a dura prova le note competenze delle discipline filosofiche e dei vari culti religiosi.
È indiscutibile la vitalità del sovvertimento con il quale ci omaggia Hossenfelder,la quale definisce questa nuova area del sapere con la nomea di fisica esistenziale.
Una disciplina che mira ad accrescere il dialogo con la filosofia e la religione mediante innovative intuizioni che affacciano lo sguardo su una comprensione del cosmo sotto un’ottica scientifica.
Il medesimo concetto di immortalità trova riscontro nel pensiero precedentemente citato:”se vi fidate della matematica,siamo immortali”.
Una simile fermezza si dirada e trova terreno fertile per incarnare delle ferme convinzioni in virtù della tesi, la quale asserisce, che dopo la morte l’informazione che è peculiare per noi non si dissolve ma si dissemina nell’universo, con un teorico auspicio che la medesima informazione venga in futuro riassemblata e ci restituisca l’esistenza.
Se pur ammaliante nelle sue implicazioni siamo di fronte a un concetto di mortalità che si discosta dalla dottrina religiosa.
Fondamentale nella comprensione della dinamica sarebbe capire il punto di vista delle molteplici aree di studio.
All’interno della dottrina filosofica varie figure hanno fatto proprio il tema dell’immortalità.
A cominciare da Platone che attraverso l’immortalità dell’anima illustra come lo spirito in quanto spoglio di materia possa osservare il mondo delle idee.
Per il filosofo l’anima ha affermato la sua esistenza dinanzi al suo farsi carne.
Siamo di fronte a un caso in cui la pura esistenza di una complessione veste le vesti di nemesi nella risoluzione della veridicità.
All’interno della cultura pagana valido riscontro possiamo trovare attraverso il mito “dell’eterno ritorno” il quale asserisce che tutto ciò che è avvenuto prima si sarebbe ripresentato in futuro.
Siamo pertanto di fronte a un contesto antropologico-religioso entro il quale l’uomo poteva trovare salvezza solo sottraendosi allo stato di materia e addentrandosi in uno stato di estasi spirituale scissa dalla carne.
Un futuro che malamente privo di speranze e certezza si affida alla protezione e consolazione da parte del divino.
La stessa concezione del futuro viene fronteggiata dalla scienziata che, amalgamando a sé i concetti di libero arbitrio,di determinismo e di interpretazione ricavata dalla disciplina fisica, sancisce il futuro in chiave fissa con l’eccezione di eventi quantistici occasionali sui quali non abbiamo doti suggestive.
La questione genera interrogativi dalla imprescindibile delicatezza che affondano la loro indrescrizione sul concetto di scelta e di responsabilità.
Stiamo dunque chiedendoci:quanto ha rilevanza tutto ciò sul nostro senso di noi e sul potere decisionale che ci spetta?
Interrogativi che perdono di cognizione giacché quanto stiamo verificando, in seguito alle enunciazioni della Hossenfelder, trova valido riscontro nella sfera umanistica nel saggio “intuizione di vita” ad opera di Simmel,il quale, attraverso una divagazione inerente la concezione di destino ce ne illustra le dimensioni.
Il giusto approccio all’analisi prevede il figurare un soggetto che è posto di fronte a una serie non definibile di eventi assoluti nella loro casualità.
Quando questa casualità si fonde con la sfera privata del soggetto l’evento in questione si veste di significato,permettendo di rapportarci con il concetto di destino.
Che possa l’attuale visione del futuro fornita da Hossenfelder essere un’elevazione dell’antecedente concetto di destino?
Siamo comunque certi di avere davanti un avvenire che si intreccia con le leggi fondamentali dell’esistenza umana.
La stessa esistenza umana che ancora una volta non è assoggettata all’esperienza del sonno eterno, data la relazione che lega la vita e la morte al concetto di entropia.
Un’entropia le quali origini sono sufficientemente immemorabili viste le fonti alle quali alludiamo.
“la morte e il soggetto suscettibile di farne l’esperienza non potranno mai incontrarsi”in ciò si racchiude la teoria del filosofo Epicuro,secondo la quale nonostante l’esistenza della morte come esperienza,essa non può entrare in relazione con gli individui in quanto non facente parte del creato.
A seguito di quanto trattato è stato accertato che una categorizzazione di scienze naturali e umanistiche è oltremodo irrilevante dal momento che, indipendentemente dai dissimili parametri di osservazione, vengano concretizzate le stesse riflessioni e osservazioni.
Sancita la cruda e amara oggettività dei fatti, quanto ancora dovremmo continuare a tracciare limiti e confini nei vari campi di ricerca piuttosto che sfruttare le reciproche risorse per conseguire un miglioramento delle constatazioni universali?
“alla fine anche le teorie scientifiche più consolidate devono essere costantemente messe in discussione e perfezionate”che non stiamo forse consapevolmente rinunciando a preziose nozioni che come totalitaria singolarità hanno quella di essere di matrice umanistica?