Sociale

Riflessioni sulla “servitù volontaria”

Gli uomini seguono solo chi regala loro illusioni. Non ci sono mai stati assembramenti intorno ad un disilluso.

E. Cioran

L’attività politica causa spesso grandi delusioni. Questo accade soprattutto durante le elezioni politiche locali. Ad un anno dalla data del voto, tutti i cittadini sembrano pronti alla rivoluzione. Si fanno dibattiti, si fondano movimenti e associazioni e sembra che ci siano migliaia di persone pronte a cacciare via la vecchia classe dirigente dal Comune. Una nuova formazione di “assaltatori” sembra comparire all’orizzonte. Ad un certo punto, però, le cose cambiano. All’interno del gruppo degli “assaltatori” compaiono disfattisti. I politici avversari contattano i membri e li cooptano. Alcuni di questi scompaiono, facendo diminuire la massa critica del movimento. Altri rimangono per seminare dubbi o per spingere i tiepidi all’abbandono delle posizioni. Quella che, all’inizio, sembrava una gloriosa e inarrestabile marcia verso la libertà, si trasforma – ben presto – in una disfatta. Raggiungere il numero dei candidati per la lista è difficile. In questa case molti gufi propongono di cercare accordi con i probabili vincitori. Se la lista è pronta, scoppia il “dramma delle firme”. Com’è noto, ogni lista, insieme alla documentazione richiesta per legge (simbolo, programma, candidato sindaco) deve presentare moduli con la sottoscrizione di un certo numero di elettori. Scoppia il dramma. Anche i più accesi sostenitori della rivoluzione diventano timorosi davanti ai moduli. Temono ritorsioni personali dopo le elezioni. Temono che qualche potente possa arrabbiarsi. Un’ulteriore nefasta influenza proviene dalle famiglie che rammentano i favori ricevuti e le paure di ritorsioni post-elettorali. A qualche mese dalle elezioni, i candidati “vecchi” hanno più volte contattato, cooptato e… convinto gli elettori, portandoli sulle loro posizioni. Quelli che per quattro anni e mezzo erano stati i “corrotti” che sedevano in comune, qualche mese prima delle elezioni sono secondo l’opinione comune “brave persone”. Nella lista degli “assaltatori” o presunti tali, c’è, usualmente, qualche candidato che sottobanco ha accordi con i probabili vincitori delle elezioni. Così la lista degli “assaltatori” perde miseramente le elezioni. I candidati scoprono amaramente che una gran parte di coloro che avevano promesso loro il voto hanno votato per i soliti noti. Nei mesi successivi, anche i candidati “accordati” muoveranno verso il vincitore “accordatore” chiedendo il rispetto degli accordi siglati sottobanco in una robusta “sinfonia di interessi”. Sembrava facilissimo abbattere il potere dei politicanti in comune. Eppure il risultato è stato deludente.

Perché accadono situazioni di questo genere? Una risposta a questa domanda può essere trovata nel Discorso della servitù volontaria di Etienne de la Boetie che ha per principale argomento il rapporto tra il governante e i governati. In particolare il filosofo pone una questione: “come mai tanti uomini, tanti villaggi e città, tante nazioni a volte sopportano un tiranno che non ha alcuna forza se non quella che gli viene data, non ha potere di nuocere se non in quanto viene tollerato e non potrebbe far male ad alcuno, se non nel caso che si preferisca sopportarlo anziché contraddirlo?”. E soprattutto: “come mai questa ostinata volontà di servire ha potuto radicarsi a tal punto che lo stesso amore per la libertà non sembra più essere tanto naturale?

In alcuni casi questo avviene perché il popolo è sottomesso con la forza, ma in molti casi, spesso è il popolo che in qualche misura tollera e sopporta i governanti più corrotti. È sempre il popolo che chiude gli occhi e sorvola sulle ingiustizie.

L’autore del Discorso ritiene che nel corso della storia ci siano stati alcuni momenti in cui i popoli hanno combattuto coraggiosamente contro la tirannia in nome della libertà. Porta l’esempio delle città-Stato della Grecia contro l’Impero Persiano. Questi eventi sono eccezionali, in quanto, in un certo senso, la libertà esige coraggio, indipendenza di giudizio, forza di volontà e disprezzo del pericolo. Sono questi elementi che spingono gli esseri umani alla disobbedienza, alla resistenza o alla rivolta contro un tiranno.

Nella maggior parte dei casi, però, i sudditi e i popoli spesso non hanno questo coraggio della libertà e preferiscono sottomettersi ad un tiranno. In teoria, sarebbe facile abbattere un despota: “non c’è bisogno di combattere questo tiranno, di toglierlo di mezzo; egli viene meno da solo, basta che il popolo non acconsenta più a servirlo. Non si tratta di sottrargli qualcosa, ma di non attribuirgli niente; non c’è bisogno che il paese si sforzi di fare qualcosa per il proprio bene, è sufficiente che non faccia nulla a proprio danno.”. Spesso i più grandi tiranni vivono nella paura di essere uccisi o deposti, ma la maggioranza non desidera la libertà, non ha la volontà né la forza di agire contro di lui. La vita di costoro non è ispirata alla virtù, ma al quieto vivere e alla simulazione. E così i potenti di turno “più saccheggiano e più esigono, più distruggono e più ottengono mano libera, più li si serve e più diventano potenti, forti e disposti a distruggere tutto”.

Anticipando Rousseau, Etienne de la Boetie dice che gli esseri umani sono liberi ma dovunque sono in catene: “la libertà è naturale e a mio giudizio siamo nati non solo padroni della nostra libertà ma anche dotati della volontà di difenderla. (…) Sì le bestie stesse, per Dio, a meno che gli uomini vogliano fare i sordi, continuamente gridano: viva la libertà!”. Eppure, gli esseri umani la rifiutano a causa di cattive inclinazioni e cattive abitudini che li portano più o meno naturalmente a sottomettersi alla volontà dei potenti

Il potere politico cerca di ottenere il consenso o anche un passivo tacito assenso da parte dei propri sudditi mettendo in atto alcuni processi: 1) limitare la libertà di espressione; 2) creare un apparato poliziesco attorno al despota; 3) creare una corte che da un lato lo aduli e ne assecondi i suoi vizi dall’altro sia corruttibile e ricattabile con il denaro; 4) distrazione del popolo attraverso lo spettacolo della potenza del despota e della sua corte e attraverso continui spettacoli; 5) occasioni in cui il despota possa elargire direttamente o tramite le casse dello stato denari al popolo.

Spesso il potere di un uomo politico – democratico o tirannico che sia – è costituito da una rete capillare sul territorio in grado controllare o manovrare le passioni e le paure del popolo. Il tiranno controlla gli umori delle masse e li soggioga con elargizioni in denaro. L’autore del Discorso dice che un despota sta al potere grazie a 5 o 6 persone. Questo ristrettissimo gruppo ha legami strettissimi attorno a sé con altre 600 persone verso le quali si sottomettono alcune migliaia di persone. Tutti appoggiano con la loro azione o con il loro silenzio la rete di potere.

Etienne de la Boetie sostiene che solo il coraggio della libertà e il disprezzo del pericolo possono portare i popoli alla disobbedienza verso il potere politico o alla rivolta contro un despota. Ma gli esseri umani sono indolenti e pavidi. Spesso molti non agiscono contro le ingiustizie… Nel diritto penale non impedire equivale a cagionare. Chi non si oppone ad un governo tirannico o ad una legge ingiusta, in qualche modo, ne è complice o con l’azione esplicita di sottomissione o con la tacita e placida inazione.

L’amara esperienza che si fa con la politica locale è questa: i momenti in cui il coraggio della libertà prevale sul servilismo e l’ipocrisia sono veramente molto pochi. La politica quotidiana è fatta spesso di miserie ed egoismi, di opportunismi piccoli e grandi, di servilismo ed ipocrisia.

Etienne De La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, Jaca Book, Milano, prima edizione italiana ottobre 1979.

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