Riflessioni su Hans Kelsen ai tempi della guerra tra Russia e Ucraina
“[Non esiste] la possibilità di un sostanziale progresso sociale finché non sarà istituita una organizzazione internazionale tale da impedire effettivamente la guerra tra le nazioni della terra. (…) sarebbe ingiusto ignorare i molti sforzi ispirati all’idea della pace mondiale (…) Dobbiamo, comunque, ammettere che tutti questi sforzi sono stati vani (…) La Società delle Nazioni è stata certamente troppo poco; il sogno di uno stato mondiale è certamente troppo. L’opera del Presidente Wilson, comunque, nonostante tutte le sue imperfezioni, è stata un utilissimo inizio…”.
Hans Kelsen, La pace attraverso il diritto.
“Questa guerra si è conclusa con razzi telecomandati, aerei che viaggiano alla velocità del suono, nuovi tipi di sottomarini, siluri che trovano il proprio bersaglio, con bombe atomiche e con la prospettiva di un orribile tipo di guerra chimica.
Di necessità la prossima guerra sarà oscurata da queste nuove invenzioni distruttive della mente umana.
In 5 o 10 anni la tecnica bellica consentirà di lanciare razzi da un continente all’altro con una precisione inquietante. Con l’energia atomica può distruggere un milione di persone nel centro di New York in pochi secondi con un razzo azionato, forse da soli 10 uomini, invisibile, senza preavviso, più veloce del suono, di giorno e di notte. La scienza è in grado di diffondere la peste tra gli esseri umani e gli animali e di distruggere i raccolti con la guerra degli insetti. La chimica ha sviluppato armi terribili con le quali può infliggere sofferenze indicibili a esseri umani indifesi.
Ci sarà mai più una nazione che utilizzerà le scoperte tecniche di questa guerra per la preparazione di una nuova guerra, mentre il resto del mondo sta utilizzando il progresso tecnico di questa guerra a beneficio dell’umanità, tentando così di creare un leggero compenso per i suoi orrori? In qualità di ex ministro di un sistema di armamento altamente sviluppato, è mio ultimo dovere dire quanto segue:
Una nuova guerra su larga scala si concluderà con la distruzione della cultura e della civiltà umana. Niente può impedire all’ingegneria e alla scienza illimitate di completare l’opera di distruzione degli esseri umani, iniziata in modo così terribile in questa guerra.
Pertanto questo Processo deve contribuire a prevenire tali guerre degenerate in futuro e a stabilire regole per cui gli esseri umani possano vivere insieme.
(…) Non sono solo le battaglie di guerra a plasmare la storia dell’umanità, ma anche, in un senso più elevato, le conquiste culturali che un giorno diventeranno proprietà comune di tutta l’umanità.”.
Dichiarazione di Albert Speer al Processo di Norimberga (Udienza del 31 agosto 1946)
1. Hans Kelsen (1881-1976).
Hans Kelsen (1881-1976) è considerato uno dei più importanti giuristi del XX secolo[1]. Proveniva da una famiglia di origine ebraica di Praga che era ancora parte dell’Impero Austro-ungarico. Studiò ed insegnò in Austria e in Germania.
Con l’ascesa al potere del nazismo perse la cattedra a causa del processo di “arianizzazione” delle università. Cominciò un periodo molto difficile per il giurista che fu avversato oltre che per le sue origine ebraiche anche per le sue idee politiche liberali, internazionaliste e contrarie a qualsiasi forma di totalitarismo. Dopo soggiorni in vari stati europei (Repubblica Cecoslovacca, Svizzera) si trasferì negli Stati Uniti a partire dal 1940 dove rimase sino alla morte avvenuta nel 1976.
Hans Kelsen è divenuto celebre in tutto il mondo per avere elaborato la teoria pura del diritto, che intende rimuovere ogni condizionamento ideologico e cogliere il sistema giuridico come momento solo tecnico-procedurale indifferente ai valori. Il diritto è solo forma o procedura e non ha alcun nesso con le costruzioni dell’etica e dei principi morali. Questa visione del diritto è stata determinata da due fattori: l’influenza della filosofia neo-kantiana e l’opposizione al totalitarismo che voleva sottoporre a controllo le università e i giuristi in nome della superiorità della politica rispetto alla libertà di ricerca scientifica.
Partendo dalla teoria pura del diritto, il giurista praghese ha operato una profonda revisione del diritto costituzionale con la sua teoria delle norme (normostatica e normodinamica). L’ordinamento dello Stato viene immaginato come una costruzione a gradi (Stufenbau) a partire da una norma fondamentale (Grundnorm). Il più alto grado del diritto positivo è rappresentato dalla Costituzione, dalla Costituzione nel senso materiale della parola la cui funzione essenziale consiste nel regolare gli organi e il procedimento generale della produzione giuridica, cioè della legislazione.
Kelsen dedicò anche numerose opere al diritto internazionale. Nel saggio intitolato Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale. Contributo per una dottrina pura del diritto,[2] ha sostenuto la teoria monista del diritto internazionale. Nei primi due decenni del XX secolo, molti giuristi sostenevano che diritto statale e diritto internazionale fossero due ordinamenti distinti (teoria dualista del diritto internazionale). Altri, analizzando la particolare struttura della comunità internazionale, sostenevano l’esistenza di una pluralità di ordinamenti. In opposizione a queste teorie, Kelsen sosteneva che esiste solo un unico ordinamento in cui il diritto dei singoli stati è solo una parte[3]. Sosteneva altresì il primato del diritto internazionale rispetto al diritto statuale.
2.
Il saggio “La pace attraverso il diritto” è stato pubblicato alla fine del 1944 mentre la Seconda Guerra Mondiale volgeva al termine. È composto di due parti. Nella prima, il giurista propone di rifondare un’organizzazione internazionale al fine di mantenere la pace, analizzando criticamente l’esperienza terribile della Società delle Nazioni. Nella seconda parte, si occupa prevalentemente della giustizia internazionale e in particolare del diritto penale internazionale e della responsabilità penale individuale a livello internazionale. Non voglio aggiungere nient’altro su questa importantissima e drammatica opera di Kelsen, invitando tutti a leggerla.
Desidero solo concentrare l’attenzione sulla prefazione di questo saggio[4] in cui afferma che “ci sentiamo risollevati nella confortevole consapevolezza di vivere in un’era illuminata” in cui la religione “inculca il dovere supremo di preservare la vita dell’uomo” rispetto ad altre epoche in gli esseri umani compivano sacrifici umani o addirittura sacrificavano alla divinità i bambini piccoli. Detto ciò Kelsen si domanda se effettivamente gli esseri umani del XX secolo siano effettivamente più progrediti e liberi rispetto a coloro che in passato compivano sacrifici umani. “Ma abbiamo noi, uomini di una civiltà cristiana, realmente il diritto di sentirci a posto? Possiamo davvero considerarci tanto progrediti rispetto agli aborigeni del Perù? Non ha il nostro ventesimo secolo portato al genere umano, insieme con le più prodigiose conquiste della tecnica, due guerre mondiali i cui sacrifici umani di gran lunga oscurano le uccisioni dei bambini da parte dei pagani Incas? (…) Queste verità sono verità talmente evidenti di per sé ce finiscano nell’oblio. La verità è che la guerra è un assassinio di massa, la più grande disgrazia della nostra cultura; e che garantire la pace dev’essere il nostro principale obiettivo politico, un obiettivo molto più importante della scelta tra democrazia e dittatura, o tra capitalismo e socialismo”.
Per raggiungere la pace mondiale, Kelsen ritiene che non esista “la possibilità di un sostanziale progresso sociale finché non sarà istituita una organizzazione internazionale tale da impedire effettivamente la guerra tra le nazioni della terra.”. Il giurista riprende il progetto per la pace perpetua che aveva proposto Immanuel Kant nel suo breve saggio intitolato Sulla pace perpetua. Un progetto filosofico. E sottolinea come “sarebbe ingiusto ignorare i molti sforzi ispirati all’idea della pace mondiale (…) Dobbiamo, comunque, ammettere che tutti questi sforzi sono stati vani (…) La Società delle Nazioni è stata certamente troppo poco; il sogno di uno stato mondiale è certamente troppo. L’opera del Presidente Wilson, comunque, nonostante tutte le sue imperfezioni, è stata un utilissimo inizio…”.
Nonostante la Società delle Nazioni fosse crollata, nonostante fosse ancora in corso la Seconda Guerra Mondiale, Kelsen, esule negli Stati Uniti, sentiva come giurista la necessità di guardare oltre la catastrofe e di proporre soluzioni pratiche e concrete allo scopo di raggiungere la pace mondiale, “deve per non compromettere il grande ideale [della pace], adottare i propri postulati a ciò che è politicamente possibile (…) Né il suo progetto deve puntare verso un obiettivo che, ove mai fosse raggiunto, lo sarebbe solo in un lontano futuro; quel che è irrealistico è politicamente meno di niente. Uno scrittore scrupoloso deve orientare le proprie proposte verso ciò che, dopo attenti esami della realtà politica, va considerato come possibile domani, anche se forse non lo è ancora oggi. Altrimenti non vi sarebbe speranza di progresso. Il suo progetto non dovrebbe comportare alcuna rivoluzione nelle relazioni internazionali, ma riforme del loro ordinamento attraverso un miglioramento della tecnica sociale prevalente. La specifica tecnica dell’ordinamento, che regola le relazioni tra gli Stati, è il diritto internazionale. Colui che voglia avvicinarsi in modo realistico all’obiettivo della pace mondiale deve affrontare questo problema con equilibrio, come problema di lento e costante perfezionamento dell’ordinamento giuridico internazionale.”.
3.
La prefazione del saggio intitolato La pace attraverso il diritto è particolarmente significativa ed attuale in questo periodo in cui il mondo soffre per la pandemia da COVID-19 e la guerra tra Russia e Ucraina sembra evocare i momenti iniziali della Prima e della Seconda Guerra mondiale.
Nel saggio intitolato La pace attraverso il diritto, Kelsen riuscì a ridare un senso alla propria attività di giurista. In quel momento era esule negli Stati Uniti ed ancora la Guerra era lontana dalla conclusione. La prefazione di Kelsen contiene un messaggio molto positivo: partire dalle proprie competenze e i propri doveri per riuscire a guardare oltre la catastrofe e immaginare un nuovo orizzonte di vita e di azione. In questo saggio, il giurista delineava un progetto politico universale per realizzare la pace e bandire la guerra.
In questo momento, tutta l’umanità dovrebbe cercare di guardare oltre la pandemia e oltre la guerra ed agire in modo da realizzare la pace mondiale.
Ognuno deve partire dalle proprie competenze e dai propri doveri. Un esempio riuscito di questo sforzo può essere ravvisato, a mio modesto avviso, nella figura di Khaled Assad, condannato a morte dall’ISIS e lasciato come monito tra le rovine di Palmira. Questo grande uomo per tutta la vita ha esercitato l’attività di archeologo e ha diretto gli scavi della città di Palmira, che molti secoli fa era la capitale di un regno molto ricco e potente. Questa città si trovava in una posizione strategica: era uno dei principali centri dove confluivano tutte le carovane che provenivano da Occidente e da Oriente, era una porta tra Oriente e Occidente. Khaled Assad l’ha fatta rivivere e ha ottenuto che diventasse patrimonio dell’umanità sotto il patrocinio dell’UNESCO. Costruire e ricostruire… per la pace, per il progresso dell’umanità.
Al Processo di Norimberga, Albert Speer, Ministro degli Armamenti della Germania di Hitler metteva in guardia dalle applicazioni della scienza a livello militare e nella macchina burocratica degli Stati moderni: La Seconda Guerra Mondiale “si è conclusa con razzi telecomandati, aerei che viaggiano alla velocità del suono, nuovi tipi di sottomarini, siluri che trovano il proprio bersaglio, con bombe atomiche e con la prospettiva di un orribile tipo di guerra chimica. (…) Una nuova guerra su larga scala si concluderà con la distruzione della cultura e della civiltà umana. Niente può impedire all’ingegneria e alla scienza illimitate di completare l’opera di distruzione degli esseri umani, iniziata in modo così terribile in questa guerra. (…) Non sono solo le battaglie di guerra a plasmare la storia dell’umanità, ma anche, in un senso più elevato, le conquiste culturali che un giorno diventeranno proprietà comune di tutta l’umanità.”.
In questo momento così delicato della storia umana a causa della pandemia e della pericolosa guerra tra Russia e Ucraina bisogna ripartire dalle conoscenze, dalle competenze e dai propri doveri per guardare oltre l’ostacolo e le difficoltà con la forza dell’intelletto e la bellezza dell’immaginazione.
Il fine deve essere progettare un nuovo orizzonte culturale, morale e giuridico e realizzare la pace mondiale.
[1] Per un’introduzione all’opera di Kelsen vedi G. Pecora, Il pensiero politico di Kelsen, Editori Laterza, Roma, 1995.
[2] H. Kelsen, Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale. Contributo per una dottrina pura del diritto, Milano, Giuffrè, 1989.
[3] C. Sciuto, La terra è rotonda. Kant, Kelsen e la prospettiva cosmopolitica, Mimesis Edizioni, Milano, 2015, pag. 94-100.
[4] H. Kelsen, op.cit., pag. 35-37.