Report Istat, l’Assegno di inclusione ha reso più povere le famiglie italiane

L’Istat nel recente report sulla redistribuzione del reddito per il 2024, ha evidenziato come la sostituzione del Reddito di cittadinanza con l’Assegno di inclusione, meno cospicuo, abbia peggiorato le condizioni economiche delle famiglie più povere, penalizzando circa 850mila famiglie italiane e di conseguenza ha aumentato il divario tra i redditi più bassi e quello più alti.
L’indice Gini che misura la differenza tra redditi è salito dal 30,25 al 30,40 e questo significa che molte famiglie già in condizioni precarie, hanno visto peggiorare la propria capacità d’acquisto.
Questo indice ha quindi subito un peggioramento pari a 0,22 punti, in quanto la riforma dell’Irpef (l’accorpamento del primo e secondo scaglione sotto l’aliquota del 23%) e la decontribuzione per i redditi fino a 35mila euro, sempre secondo l’Istat, anche se hanno migliorato il reddito disponibile per molte famiglie italiane, non sono riusciti, però, a compensare il divario poiché hanno ridotto le disuguaglianze solo di 0,05 punti.
In pratica, se 400 mila famiglie da questo passaggio dal Reddito di cittadinanza a quello di inclusione non hanno subito alcuna variazione del proprio reddito in quanto hanno continuato a ricevere lo stesso importo e 100 mila famiglie ne hanno tratto un beneficio di circa 1200 euro all’anno, (derivato dal differente trattamento dei componenti con disabilità rispetto al precedente calcolo del Reddito di Cittadinanza rispetto all’Assegno di inclusione), emerge con chiarezza che purtroppo i nuclei più fragili, circa 850 mila famiglie, non hanno migliorato le proprie condizioni, anzi hanno subito una perdita economica di circa 2600 euro all’anno.
In questo passaggio dal Reddito di cittadinanza all’Assegno di inclusione, si è registrato o una riduzione dell’importo o, in molti casi, una totale esclusione.
Se in precedenza il Reddito di cittadinanza aveva interessato 1,4 milioni di famiglie, adesso l’Assegno di inclusione si ferma circa alla metà. Solo il 10% degli 850 nuclei penalizzati dalla perdita del Reddito di cittadinanza ha potuto recuperare parte della perdita attraverso il Supporto formazione lavoro cioè il Bonus da 500 euro mensili per chi segue i corsi di formazione.
Questa evidente riduzione dei cittadini che possono accedere al sostegno è stata determinata da una differente valutazione di accesso all’Assegno, la quale non si basa sull’unico principio che tutte le famiglie con risorse insufficienti devono poter accedere a un sostegno monetario, ma su requisiti specifici. Per poter usufruire dell’Assegno di inclusione, oltre ad essere in condizioni economiche insufficienti, bisogna essere parte di un nucleo familiare in cui vi sia almeno un componente minore o disabile o di età inferiore a 60 anni o inserito in un programma di assistenza presso i servizi socio-sanitari territoriali.
Quindi questa riforma seleziona i possibili percettori dell’Assegno sulla base della composizione familiare, coloro che hanno carichi familiari sono considerati impossibilitati al lavoro, quelli che invece non hanno nessuno da accudire, anche se versano nelle stesse condizioni economiche dei precedenti, sono invece ritenuti occupabili.
Questi criteri per poter accedere all’Assegno, basati sulla sola composizione familiare, contrastano inevitabilmente con il basilare principio di Equità secondo il quale tutti i cittadini avrebbero diritto a un sostentamento monetario se entrambi hanno la stessa sofferenza economica.
Un impatto negativo sulle famiglie più povere, lasciate in evidenti difficoltà economiche e che ha allargato il divario già esistente, cristallizzando le disuguaglianze e soprattutto la situazione di povertà assoluta che sta affliggendo il nostro Paese.
L’Istat ha calcolato che in Italia ci sono circa 5,7 milioni di cittadini che vivono in condizioni di povertà assoluta e che tra questi sono aumentati coloro i quali che hanno perso il lavoro.
Questo recente rapporto Istat ha messo in evidenza, con la chiarezza inoppugnabile dei numeri e dei dati, le criticità di un sistema politico che non è riuscito ad arginare le problematicità che affliggono sempre più famiglie italiane e le urgenze su cui bisogna concentrare ogni sforzo, tralasciando interessi e conflittualità di partito.
Se da un lato si minimizza, guardando solo ai pochi risultati positivi raggiunti e dall’altro si utilizza questa fragilità solo come propaganda politica, non si riuscirà a raggiungere e a ottenere una adeguata riforma che vada a beneficio esclusivo di tutte le famiglie italiane in difficoltà economiche da troppo tempo.