Spettacoli

Rassegna rigenerazioni: “Mi chiamo Maris e vengo dal mare”

Nello spazio artistico teatrale Roots, in via Borrello, 73, a Catania, venerdì 21 e sabato 22 aprile, ore 20,30 andrà in scena lo spettacolo “Mi chiamo Maris e vengo dal mare” della compagnia Retablo, scritto, diretto e interpretato da Chiaraluce Fiorito, invece, il progetto drammaturgico è a firma di Melania Manzoni. Questa rappresentazione teatrale fa parte della rassegna di teatro contemporaneo “Rigenerazioni”.
Antonella Caldarella e Steve Cable, fondatori de La Casa di Creta Teatro Argentum Potabile, presentano ai loro spettatori una forma di teatro contemporaneo dove si affrontano tematiche attuali, a sfondo sociale, che lasciano il dubbio o, comunque, trattano il punto di vista dell’altro, in maniera diversa e speculare. Antonella Caldarella sottolinea che “Attraverso questi spettacoli cerchiamo di fare conoscere le storie di chi non ha forza e voce per raccontarsi. Maris è una donna che rappresenta tutte coloro che fuggono dagli orrori della violenza. Oggi, come ieri, ogni donna può essere Maris”.
Maris non è un personaggio di fantasia e la sua storia non è una fiction. Nella nota di regia la Fiorito sottolinea che il racconto di questa donna l’ha appreso all’interno di uno SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di un paese della Sicilia Orientale, decidendo di “raccontare insieme alla sua storia anche quella di molte altre donne – immigrate – schiave – vittime di tratta e di violenza di genere. Venduta, costretta a prostituirsi rimane incinta, viene poi messa su un barcone e spedita in Italia, dove – grazie al sistema di accoglienza – si salva definitivamente dallo sfruttamento. La maternità conflittuale sarà ragione della catarsi della protagonista e del diritto di salvezza della figlia. Una storia come tante, che i nostri figli non leggeranno mai sui libri se non saremo capaci di far uscire questi e molti altri fatti dal silenzio della Storia”.
L’obiettivo dello spettacolo è quello di invitare lo spettatore a mettersi nei panni dell’altro, l’immigrato, lo straniero, sospendendo il proprio punto di vista.

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