Quando Bertrand Russell cercò di fermare la Prima Guerra Mondiale
“La causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.”. B. Russell.
Il filosofo e logico Bertrand Russell (1872-1970) era un convinto pacifista. Era contrario alle guerre e all’uso della violenza. Visse sempre in modo molto libero ed indipendente ed in aperto conflitto con la morale dominante influenzata dalla religione o da filosofie spiritualiste e metafisiche. Dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale espresse pubblicamente il proprio dissenso nei confronti della guerra. Per meglio chiarire le proprie idee pubblicò nel 1915 un libro intitolato Principles of Social Reconstruction, tradotto in italiano con il debole e fuorviante titolo Principi di riforma sociale nel 1970 dalla Newton Compton. A causa di questa pubblicazione perse il suo posto di professore al Trinity College, una delle più importanti università inglesi e del mondo.
Ma cosa conteneva di così esplosivo il libro in cui si espongono principi di ricostruzione sociale?
I saggi contenuti nei Principles of Social Reconstruction nascono da una valutazione negativa nei confronti della Prima Guerra Mondiale e “sono tutti ispirati da un giudizio sulle origini dell’azione, che si è andata formando attraverso essa.”. Per Russell, lo scoppio della guerra è un disastro generale, perché la guerra è “mera follia: una pazzia collettiva grazie alla quale tutto ciò che si è conosciuto in tempo di pace è dimenticato.”. Essa è il retaggio del passato dei miti antichi e delle religioni che abbondano in descrizioni di sacrifici umani e di altre superstizioni. “Ora come in passo, la religione, insinuandosi nelle coscienze per mezzo del peso della tradizione rende il cuore degli uomini inaccessibile alla pietà e le loro menti inaccessibili alla verità. Se si deve salvare il mondo gli uomini devono imparare ad essere nobili senza essere crudeli, colmi di fede, mentre sono aperti alla verità, essere ispirati da grandi mete senza odiare chi tenta di contrastarli. Ma prima che ciò possa succedere essi devono affrontare la terribile verità che gli dei ai quali si erano inchinati erano falsi e che i sacrifici offerti erano vani.”. La guerra è anche il prodotto di una mentalità tribale che è emersa nella degenerazione del nazionalismo in politica di potenza.
Il libro ha due scopi: 1) salvare gli esseri umani dalla rovina della Guerra Mondiale; 2) realizzare in Europa delle istituzioni politiche che possa formare individui contrari alla guerra.
Russell compie allora un’analisi delle cause dell’azione tra gli esseri umani, individuandole nel desiderio e nell’istinto. Gli esseri umani non sono delle ombre morali metafisiche o dei meccanici esecutori di doveri, ma piuttosto esseri concreti pieni di emozioni, desideri, istinti e impulsi. Sin dall’introduzione appare chiaro che la politica e la morale spesso tendano a reprimere o limitare desideri e impulsi, a negare la spontaneità dell’azione umana. Questa situazione crea in molti individui scompensi e desiderio di felicità. Ed è proprio su questa energia repressa che i politici fanno affidamento per spingere gli esseri umani alla guerra e alle più grandi follie. “Le nostre istituzioni si fondano sull’ingiustizia e sull’autorità: è solo con l’incomprensione e con il rifiuto della verità che possiamo tollerare le oppressioni e le ingiustizie, dalle quali traiamo vantaggio. La concezione tradizionale di ciò che è il successo, porta la maggioranza degli uomini a condurre una vita in cui sono stati sacrificati gli impulsi più vitali, e la gioia di vivere si perde in un’indifferente stanchezza. Il nostro sistema economico costringe quasi tutti a perseguire i fini altrui invece che i propri, facendoli sentire impotenti nell’azione e capaci solo di procurarsi un minimo di piacere passivo. Tutti questi fattori distruggono il vigore della comunità, l’affettività degli individui, e il potere di guardare il mondo con generosità. Tutto ciò non è inevitabile e un po’ di saggezza e coraggio potrebbero mettervi fine. se questo si verificasse, la vita impulsiva degli uomini diverrebbe completamente diversa, e la specie umana potrebbe ritrovare una nuova felicità e un nuovo vigore.”.
La ricostruzione sociale di Russell – non una semplice riforma – è innanzitutto una valorizzazione dei desideri, delle emozioni e degli istinti di vita. In questa prospettiva le istituzioni politiche dovrebbero permettere l’evoluzione libera degli esseri umani. Riconosce che il processo di emancipazione dell’individuo operato nel corso della modernità e dell’Illuminismo ha prodotto un processo di atomizzazione molto dannoso. Individui isolati e frustrati hanno trovato uno scopo comune nella guerra e nella distruzione del nemico. Allo stesso modo, il filosofo riconosce che il nazionalismo è accettabile quando ci sia un popolo con elementi comuni ed è legittimo se quel popolo è oppresso. Non manca di rilevare che il nazionalismo spesso si è trasformato nella superiorità di una nazione rispetto a tutte le altre e in una giustificazione delle guerre di conquista. Per quanto sia molto critico della religione, ammette la possibilità della presenza di più credi liberi che praticano la tolleranza tra loro. Esprime il proprio rifiuto nei confronti del clero cattolico e della struttura della Chiesa Cattolica e la propria ammirazione per il cristianesimo pacifista di Lev Tolstoj.
Russell ritiene, tuttavia, che gli esseri umani siano perfettibili ed educabili, perché “il luogo comune che la natura umana non possa essere cambiato non è valido. Noi tutti sappiamo che il nostro carattere e quello dei nostri conoscenti è molto influenzato dalle circostanze; e quanto accade per gli individui si verifica anche per le nazioni”. Gli esseri umani cambiano le loro idee e le loro opinioni sia per le questioni materiali sia anche per questioni più complesse che toccano la politica. Uno dei fattori di cambiamento è stato sicuramente la rivoluzione industriale. Ma il filosofo sottolinea che “le istituzioni (…) non si sono ancora adeguate né agli istinti sviluppati dalle nuove condizioni, né alle nostre idee reali.”. Gli istinti possono essere suddivisi in due categorie: 1) istinti possessivi; 2) istinti creativi. Ai primi riconduce lo Stato, la guerra e la proprietà, ai secondi l’educazione, il matrimonio e la religione. E alla luce di questa suddivisione conduce un’analisi critica approfondita.
A parere di Russell bisogna operare contro la distruzione della guerra una vera e propria ricostruzione sociale perché “l’uomo non ha solo bisogno di maggior benessere materiale, ma di più libertà, più indipendenza, più sbocchi per la creatività, più opportunità di godere la vita, più cooperazione volontaria e di minore subordinazione involontaria a scopi non suoi. Le istituzioni del futuro devono aiutare a realizzare tutto ciò, se vogliamo che il nostro accrescimento di conoscenza e potere sulla Natura produca il suo pieno frutto conducendo a una vita migliore”. E l’istituzione del futuro è secondo il filosofo l’istituzione di uno Stato Federale Mondiale. Se in tale orizzonte “alla guerra (…) si sostituissero delle dispute politiche, la mentalità si adatterebbe alla nuova situazione, come si è abituata all’assenza di duelli. Con l’influenza delle istituzioni e dei costumi, senza che avvenga un mutamento fondamentale nella natura umana, potremmo imparare a guardare alla guerra come guardiamo ai roghi per gli eretici o ai sacrifici umani agli dei pagani.”.
Per queste chiarissime idee, Bertrard Russell fu cacciato dal Trinity College.