Primati di Sicilia, gli spaghetti e i maccheroni
Fu in Sicilia, che a differenza di quanto si crede, nacquero gli spaghetti e i maccheroni, è opinione diffusa ch’essi furono introdotti in Europa da Marco Polo di ritorno dalla Cina ma non è così. Bisogna innanzitutto dire che questo primato alimentare siciliano nel mondo antico e medievale deriva dal fatto che proprio in Sicilia si coltivava il grano duro, da cui si ricava la semola, mentre altrove si coltivava maggiormente il grano tenero la cui farina era preferita per la panificazione. Dalla Sicilia spaghetti e maccheroni poi si diffusero gradualmente nel resto d’Italia e oltre.
La storia inizia con un libro del geografo arabo Edrisi, Il Libro di Ruggero, scritto alla corte del re normanno Ruggero II e consegnato allo stesso sovrano nel 1154 ben 100 anni prima della nascita di Marco Polo. In questo libro che anticipa quindi di un secolo la nascita dell’esploratore veneziano, a pag. 38 della versione tradotta dall’arabo dallo studioso Umberto Rizzitano leggiamo: “A ponente di Termini (Imerese) vi è l’abitato di Trabia … con vasti poderi, nei quali si fabbricano vermicelli“. Il Rizzitano specifica a pag. 145 che Idrisi chiama i vermicelli itrya, che in siciliano è divenuto tria. Nel catanese ad esempio abbiamo la triaca pasta, cioè pasta e fagioli. Sempre a pag. 38 Idrisi ci racconta che i vermicelli venivano esportati in gran quantità nel Sud Italia e nei paesi cristiani e musulmani.
Lo studioso di gastronomia alimentare Pino Correnti nel suo libro La gastronomia nella vita e nella storia del popolo siciliano del 1971 a pag. 12 scrive: “L’autore del Milione nasceva, infatti cento anni dopo che Idrisi aveva già reso nota ‘abitudine ai vermicelli siciliani in un’area vastissima del bacino sud-mediterraneo“. Quelli scoperti da Marco Polo in Cina erano molto probabilmente “spaghetti” di soia.
E i maccheroni? come spiega l’illustre storico siciliano Santi Correnti, nel suo libro Storia della Sicilia, il termine maccherone deriva dal siciliano maccarruni a sua volta dal verbo sempre siciliano maccari cioè “schiacciare, ammaccare”. In siciliano il maccu è il purè di fave. Lo studioso di gastronomia siciliana Felice Cunsolo nel suo saggio Il libro dei maccheroni. Tutto sulla pasta del 1979, scrive: “Le paste alimentari videro la luce in Sicilia dopo l’avvento della dominazione araba, ma non furono gli Arabi ad introdurvele. L’italiano “maccherone” non deriva dal basso latino maccaronis, bensì dal siciliano maccarruni: lo stesso maccaronis è ricalcato sul vocabolo siciliano“.
A conferma di ciò Santi Correnti cita un’opera teatrale, una commedia cinquecentesca, del fiorentino Giovanbattista Cini del 1569, dal titolo La vedova in cui due personaggi un siciliano e un napoletano litigano comicamente. Quest’ultimo appella il siciliano chiamandolo “mangiamaccheroni!“. Il Correnti commenta argutamente “il che certamente non sarebbe avvenuto, se i maccheroni fossero stati, come generalmente si crede, un cibo tipicamente napoletano“.
Riporta poi due versi di un poeta isolano del seicento, Paolo Catania da Monreale, che nel suo poema Teatro ove si rappresentano le miserie umane del 1665, avvertiva i siciliani così: E ti diranno fora li confini “Sicilianu mangiamaccarruni!” a conferma che i maccheroni fossero un cibo prettamente siciliano e non napoletano.
Un primato culinario siciliano dunque che tutti dovrebbero ricordare.