Arte

Presentato il volume sul restauro della cappella del Santissimo Crocifisso

E’ stato presentato a Palermo, nell’Oratorio di Sant’Elena e Costantino, sede della Fondazione Federico II, il volume “Il restauro della Cappella del Santissimo Crocifisso nella chiesa di San Domenico a Palermo. Dal progetto al cantiere di restauro”, edito dall’ufficio speciale per la Progettazione della Regione Siciliana e curato dal dirigente della struttura, Leonardo Santoro.
Un consuntivo scientifico dei lavori del restauro conservativo della cappella del Santissimo Crocifisso, chiamata anche “abside minore”, all’interno di uno dei luoghi-simbolo della città, considerato il “Pantheon” di Palermo, nel quale sono riposte le spoglie di tanti siciliani illustri, tra cui quelle di Sebastiano Tusa (proprio nella cappella del Santissimo Crocifisso), noto archeologo tragicamente scomparso nel mese di marzo 2019, che aveva ricoperto anche la carica di assessore regionale ai Beni e culturali e soprintendente del Mare.
Alla presentazione, moderata da Antonella Italia dell’ufficio Progettazione della Sicilia, sono intervenuti: Patrizia Monterosso, direttore generale della fondazione Federico II; Maria Teresa Cucinotta, prefetto di Palermo; Marco Intravaia, deputato regionale; padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa di San Domenico; Daniela Segreto, capo di gabinetto dell’assessorato regionale ai Beni culturali; Patrizia Li Vigni, moglie di Sebastiano Tusa e gli architetti Elvira Capraro e Michele Canzoneri, rispettivamente progettista dei lavori, artista e scultore.
«Nove mesi di paziente lavoro – ha detto Leonardo Santoro – hanno restituito alla fruizione un luogo che era come uno scrigno in fondo al mare, malandato e dimenticato, che versava in precarie condizioni da circa cinquant’anni e che invece oggi brilla di luce propria. Gli interventi sono nati dalla appassionante sfida che mi ha proposto l’amministrazione regionale precedente e che oggi può essere riproposta per avviare nuovi percorsi analoghi».
Il volume sarà recensito dalla prestigiosa rivista internazionale Enfilade, specializzata in studi del settecento, con un articolo curato dal messinese Domenico Pino.

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