L'Opinione

Povera America!

Negli studi della tv americana Cnn si è svolto il primo faccia a faccia tra i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, il presidente in carica Joe Biden e l’ex presidente Donald Trump. Grande l’attenzione in tutto il mondo per l’esito del dibattito che potrebbe incidere sulle prossime elezioni presidenziali. A quasi tutti gli analisti americani, e non, è sembrato chiaro che nel primo duello presidenziale tv, Joe Biden non sia andato bene. Il Presidente in carica, con la voce flebile debole, è apparso balbettante più del solito, ha pronunciato frasi confuse e ripetitive e con lo sguardo spesso perso nel vuoto.
A confronto, Donald Trump, è sembrato più giovane di Biden non di tre anni, come risulta all’anagrafe, ma di venti. Un Trump pieno di energia, capace di controllare la sua consueta aggressività e di non cavalcare le debolezze di Biden, anche se ha schivato molte domande e ha ripetuto spavaldamente varie menzogne.
Tra i democratici, naturalmente, serpeggia una grande preoccupazione per la prestazione di Biden che rischia di essere affondado nei sondaggi. Ma sostituirlo risulta difficile e in seconda battuta toccherebbe alla vicepresidente Kamala Devi Harris, una avvocatessa, che non gode di grandi simpatie né tra i democratici, né nell’opinione pubblica.
Sul New York Times si legge che i sostenitori del presidente sono preoccupatissimi per la sua voce tremante, le sue risposte sconnesse e la sua evidente confusione in alcune risposte. Le preoccupazioni sull’età di Biden, che covavano da mesi, sono esplose all’attenzione del pubblico prima che il dibattito finisse.
I due contendenti si sono scontrati duramente su tutto, accusandosi reciprocamente di mentire, dall’economia all’immigrazione, dal clima all’aborto. Anche sulla politica estera il divario era evidente: Trump ha ribadito che la guerra in Ucraina non sarebbe scoppiata se gli Usa avessero avuto un vero leader e ha dribblato la domanda se fosse a favore dello lo stato palestinese.
Se si considera anche il basso livello della discussione, a uscirne male è l’America intera. Come sottolinea Francesco Bechis, “con una vittoria di Trump, assisteremmo a un ritorno della transazionalità elevata a bussola della politica estera transatlantica. Io aiuto voi alleati, se voi aiutate me. Meno retorica, più imprevedibilità, a partire dalla Nato, l’Alleanza Atlantica che l’ex presidente repubblicano ha sempre considerato un peso chiedendo agli alleati europei di ottemperare ai loro debiti”. Anche “le due grandi guerre in Ucraina e in Medio Oriente risentirebbero di una vittoria di Trump. Nel primo caso, è plausibile immaginare uno stop agli aiuti del Congresso americano a Kiev e un’accelerazione per una tregua forzata, penalizzante per l’Ucraina aggredita, costretta a cedere i territori occupati finora dalle truppe russe, sia pure con nuove garanzie di sicurezza occidentali. La guerra fra Israele e Hamas, invece, potrebbe andare incontro a una recrudescenza: Trump è un nemico giurato dell’Iran e un alleato ferreo di Netanyahu che, a differenza di Biden, non ha mai sconfessato. Una vittoria di Biden aprirebbe una fase di sostanziale continuità diplomatica e più stabile ma con l’incognita di un leader debole fisicamente e ancora di più sul piano del consenso interno. Quanto alla Cina, che vinca Trump o Biden, la realpolitik americana porterà ad aumentare la pressione per evitare una guerra a Taiwan e insieme a preparare a gestire uno scenario bellico qualora la deterrenza non bastasse.

Pina Travagliante
Prof.ssa ordinario di Storia del Pensiero economico

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