Perché ha vinto Trump?
Donald Trump è il 47° presidente degli Stati Uniti. Non ha vinto nonostante sia Trump; non ha vinto perché Kamala Harris non è riuscita ad intercettare i desideri degli americani; ha vinto perché è Trump. CertoElon Musk lo ha aiutato e finanziato e – come ha scritto Aldo Cazzullo – “i democratici ci hanno messo del loro. Hanno fatto le primarie per confermare Biden nonostante la seminfermità, hanno atteso che sparassero a Trump per cambiare candidato, e poi si sono illusi che Kamala Harris, nonostante le palesi lacune di leadership, potesse batterlo o almeno tenergli testa. La sconfitta invece è netta: persi tutti gli Stati in bilico, il Senato, la Camera, il voto popolare, e pure la faccia. Ancora una volta, i sondaggi hanno sottovalutato Trump, non hanno colto il movimento in suo favore negli ultimi giorni”.
Trump è tornato sfoderando tutto il suo repertorio, contro gli immigrati, contro l’Europa imbelle che vive con i dollari americani, contro la Cina che sta invadendo il mondo con i suoi prodotti, contro gli incompetenti seguaci di Biden. In campagna elettorale non si è risparmiato, non ha rinunciato a nulla, anzi si è mostrato ancora più arrogante, aggressivo e invincibile: un super eroe in grado di continuare a lavorare anche dopo un terribile attentato. Voleva riprendersi la Casa Bianca e lo ha fatto. Ha stravinto senza seguire nessun buon consiglio e senza nessuna moderazione. Lo hanno votato sia le classi popolari sia i milionari, perché si sono riconosciute in lui e hanno individuato, in Trump, colui che avrebbe ridotto l’inflazione e l’impoverimento. Trump ha dimostrato di non aver digerito né la lezioncina morale del politicamente corretto, né il declino della potenza americana.
Le teorie della fine dell’era americana, complice la crisi economica, le guerre e i disastri catastrofici degli ultimi anni, erano al centro del dibattito politico-economico e in America erano tornati a circolare i libri scritti tra il 1988-89 da Paul Kennedy (Ascesa e declino delle grandi potenze), da Niall Ferguson ( Ascesa e declino dell’impero americano), da Lloyd Dumas (L’economia schiacciata), da Wallerstein (Il declino dell’America), da Charles Kupchan (La fine dell’era americana). Un grande successo stavano riscuotendo anche le previsioni di Fareed Zakaria su un mondo “post-americano” schiacciato da India e Cina, e le tesi esposte da Amy Chua in Il giorno dell’impero. Ascesa delle grandi potenze e ragione della loro caduta, nonché le riflessioni di Stiglitz sui limiti della globalizzazione.
Per invertire il declino, Trump ha promesso muri, confini e dazi protettivi per “fare grande l’America”. E gli americani ci hanno creduto. Peraltro, in tutti i paesi è riemersa una tendenza a reintrodurre ‘fette’ di protezionismo con modalità più ingegnose rispetto ai vecchi strumenti dei dazi doganali e dei contingentamenti, quali le cosiddette barriere non tariffarie. E Trump già nel precedente mandato aveva introdotto provvedimenti tesi a incrementare i costi di esportazione dei paesi concorrenti, a imporre restrizioni quantitative alle importazioni di acciaio e alluminio e prelievi aggiuntivi al 50% sui prodotti provenienti dalla Cina. Incurante del rischio di andare allo scontro aperto con l’Organizzazione mondiale del commercio e di scatenare una guerra tariffaria con alcuni partner commerciali, dalla Germania al Giappone, Trump aveva prospettato dazi del 20%, contro l’attuale 2,5%, sulle automobili importate dall’Europa, aveva sostenuto la necessità di costruire muri alla frontiera con il Messico, di rinegoziare gli accordi di libero scambio nordamericani. Mentre per tre quarti di secolo erano stati compiuti sforzi per la creazione di un mondo più integrato, con approvvigionamenti globali e senza barriere, Trump, invece, aveva continuato a ripetere che le frontiere erano ‘importanti’.
Nella recente campagna elettorale ha ripreso con più forza le sue idee per un’America economicamente più forte e contraria alle guerre. E la maggior parte degli americani lo hanno votato e chissà perché tutti ora si aspettano la pace: in Ucraina, in Medio Oriente, nel pianeta.