Ogni donna uccisa è la morte della società
La violenza egoista di uomini deboli che non conoscono altro modo di imporre il proprio potere, continua a inghiottire le donne in una voragine sempre più profonda all’interno della quale sprofondano nel fondo melmoso dei maltrattamenti fisici e delle umiliazioni psicologiche. E per anni sopportano, calci e pugni, convinte che prima o poi il compagno cambierà o, peggio, non essendo consapevoli del baratro in cui stanno vivendo, che la colpa sia solo loro, per aver provocato una reazione brutale nell’altro. Ma tutte queste donne, offese e private della propria identità, in realtà non sono vittime solo della furia prevaricatrice dei loro partner ma della nostra stessa società. Di una società che, in questi ultimi anni, ha impugnato, come un venditore ambulante, un enorme megafono con l’intento di convincerci della valenza delle sue belle parole in modo da assordarci e farci credere in una effettiva evoluzione delle relazioni di genere. Ma quando la sera, si spegne questo megafono, tutte le meraviglie decantate a gran voce, si oscurano, si trasformano in ombre deformi, che retaggio di culture passate, ottenebrano la realtà presente e rivelano il suo vero volto, ancora caratterizzato da una sostanziale impostazione patriarcale che impregna di maschilismo ogni azione.
Non si potrà mai parlare di vera uguaglianza e accettazione del valore di una donna se poi, ancora oggi, una lavoratrice non riceve lo stesso trattamento economico di un uomo a parità di condizioni e non si potrà mai dire che le donne sono poste allo stesso livello intellettivo degli uomini, quando, si preferisce sempre un uomo a un posto di comando o di rilievo per una presunta, maggiore affidabilità.
Ma soprattutto fino a quando la nostra società continuerà a vedere le donne solo come corpi decorativi da esporre e da mettere nelle vetrine dei propri programmi televisivi o dei giganteschi cartelloni pubblicitari che infestano ogni angolo delle città, come si potrà pretendere che la donna venga vista come un individuo dotato di capacità e con una propria identità?
In questo sistema perverso in cui tutti siamo intrappolati, contraddittoriamente, mentre si promuove una illusoria parità, come una sorta di contentino per le masse, in realtà si continua a ingabbiare la figura della donna e a oggettivarla.
Le donne sono ancora solo corpi da possedere, corpi del piacere di uomini che, nel momento in cui non riescono più a dominare, vengono assaliti dalla smania incontrollabile di distruggere e di annientare.
Un fallimento non si può sopportare in una società che ci ha abituato a dover apparire sempre e comunque vincenti. Una sconfitta non è tollerabile in una realtà che ci spinge ogni giorno al limite dei nostri desideri, rendendo legittimo ogni mezzo pur di conseguirli.
E le donne, divengono sempre meno donne e sempre più oggetti di possesso.
Ecco perché quando si apprende sui notiziari dell’ennesimo femminicidio, della morte ingiusta e violenta di una giovane donna, come Giulia Tramontano, non lo si può e non lo si deve considerare come un atto determinato solamente dalla brutalità di un uomo, ma come una conseguenza diretta del nascosto narcisismo maschilista che striscia viscido come una serpe, tra le pieghe della nostra brillante quotidianità.
L’uccisione feroce di ogni donna segna inevitabilmente la morte della nostra società.
Tutti noi siamo colpevoli, noi che sorridiamo alla goliardia di frasi sessiste tra amici, ritenendole non pericolose, noi che non ci ribelliamo alla costante opera di mercificazione del corpo femminile, persuasi, che sia solo una innocente esigenza di spettacolo, noi che non ci opponiamo e che assorbiamo come naturale tutto questo e che poi gridiamo al mostro ogni volta che la vita di una donna va in frantumi come un vaso di vetro.
E l’unica risposta possibile a questa piaga sociale che non accenna a smettere di sanguinare, i dati sui femminicidi non calano da anni, non è fare prevenzione solo sulle donne per insegnare loro di non andare mai all’ultimo appuntamento chiarificatore, o spiegare alle bambine che non è un rapporto sano se lui urla o prevarica. Tutto questo si traduce in una inutile pagliacciata che serve per farci sentire con la coscienza a posto, perché invece è essenziale una costante educazione nei confronti di tutti, per sradicare convincimenti sessisti anche inconsapevoli che sfociano in atteggiamenti maschilisti.
Bisogna che in questa nostra società, svilita da una imperante superficialità si ritorni a insegnare valori obsoleti come il rispetto per l’altro e il riconoscimento di una pari dignità umana in modo tale che gli uomini di oggi e quelli futuri smettano di credere di aver ricevuto per grazia divina una superiorità tale da ritenersi autorizzati a trattare la propria compagna come un oggetto e quindi di poterne disporre a proprio piacimento.
E forse un giorno, si smetterà di considerare le donne “Il sesso inutile” come scrisse la giornalista Oriana Fallaci e non si continuerà più a parlare di donne come di corpi vuoti da guardare e da desiderare sessualmente, ma come di intelligenze vivide da apprezzare nella loro totalità.