Un libro da raccontare

“Occhi di Burro” di Casdan: il viaggio di un catanese attraverso una memoria a frammenti

Con “Occhi di Burro” (Ed. Akkuaria), Casdan, pseudonimo dell’artista catanese Daniele Casaburi, propone un’opera che supera i confini della narrazione tradizionale, trasformandosi in un’esperienza che scuote il lettore nel profondo. Questo fumetto non si limita a raccontare una storia: è un invito a riconsiderare come interpretiamo il passato e il presente, trascinandoci in una spirale di interrogativi.
L’uso essenziale del bianco e nero, all’apparenza semplice, racchiude una complessità che emerge attraverso il continuo alternarsi di ricordi e visioni. La malattia del protagonista, che frammenta la sua coscienza, diventa lo strumento attraverso cui l’autore esplora il legame tra memoria e percezione. La narrazione segue un caos apparente, che in realtà è attentamente costruito per dimostrare come il passato non sia mai davvero superato: esso si mescola al presente, alterandolo.
Casdan è maestro nel provocare, e qui la sua provocazione non si limita a scelte visive o narrative, ma permea il senso stesso dell’opera. “Occhi di Burro” non offre soluzioni o messaggi confortanti. Questo è forse l’aspetto più destabilizzante: il lettore si trova immerso in una realtà dove i confini tra il vero e l’immaginario svaniscono, lasciandoci interdetti di fronte al loro stesso significato.
“Occhi di Burro” non è solo la storia di un uomo che affronta il declino mentale e fisico; è un’analisi collettiva del tempo e della cultura. I richiami a una Catania ribelle, ai luoghi di aggregazione sociale e a una controcultura in dissolvimento non sono nostalgici, ma strumenti per una critica sottile e pungente. Casdan mostra come la memoria collettiva sia una costruzione imperfetta, un mosaico di ricordi distorti che sopravvivono come frammenti di un passato ormai evanescente.
Il protagonista rappresenta non solo un individuo, ma un’intera generazione – o forse tutte – costretta a fare i conti con il proprio declino culturale e biologico, in bilico tra ciò che è reale e ciò che è desiderio, tra quello che è stato vissuto e quello che si sarebbe voluto vivere.
In “Occhi di Burro” non c’è una risoluzione e la mancanza diventa il punto di forza dell’opera, lasciando il lettore in uno stato di incertezza, obbligandolo a riflettere non solo sulla storia appena letta, ma anche su se stesso. Casdan non si limita a narrare; trasforma. Questo fumetto è un prisma che obbliga a ripensare la memoria, la cultura e la vita. Anche quando si chiude l’ultima pagina, “Occhi di Burro” continua a risuonare, a penetrare nella mente e a generare domande. Un’opera destinata a lasciare un segno profondo nel panorama del fumetto contemporaneo e nell’animo di chiunque la affronti.

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