“Non sono solo canzonette”, un ventennio di musica e storia con Mario Incudine
È in scena al Teatro “Vitaliano Brancati” lo scoppiettante e coinvolgente spettacolo di teatro/musica: “Parlami d’amuri. ‘Na storia antica”.
Autore: Costanza Diquattro. Regia: Pino Strabioli. Protagonisti: Mario Incudine, Antonio Vasta (pianoforte e fisarmonica). Suono: Pino Ricosta. Scene: Paolo Previti. Produzione: Teatro della Città, in collaborazione con Asc Production, Teatro Donnafugata.
Prodotto nel 2024 “Parlami d’Amuri”, scritto da Costanza Diquattro, interpretato da Mario Incudine, accompagnato dal pianoforte e dalla fisarmonica di Antonio Vasta, e diretto da Pino Strabioli, è un’affascinante esperienza di tetro musicale e narrativo che ruota attorno ad un nucleo storico e socio-politico molto forte ma al contempo condotta sull’onda della leggerezza e dell’incanto.
Il testo è di Costanza DiQuattro (Ragusa 1986), laureata in Lettere e in Filosofia, direttrice del Teatro di Donnafugata, autrice di romanzi (La mia casa di Montalbano, Donnafugata, Giuditta e il monsù e Arrocco siciliano) e drammaturga (Barbablù, Bellini, Wagner, Sinopoli, Flânerie tra genio, mito e musica e Parlami d’amore).
Nell’intervista concessa al nostro giornale ha voluto sottolineare gli elementi autobiografici (le lezioni di musica della zia) insieme all’importanza dell’avvento della radio (una rivoluzione culturale) in un significativo momento storico e al grande apprezzamento nei confronti di Mario Incudine per la sua straordinaria vocalità e capacità di trasmettere sentimenti
Mario Incudine (Enna 1981), attore, cantante e cantante è una nostra gloria “tutta siciliana”. Entrato, in un primo tempo, nella compagnia Amici del Teatro cominciava negli anni Novanta, con grande apprezzamento della critica, le sue incisioni, i suoi tour teatrali nazionali e internazionali come attore e autore di colonne sonore e la partecipazione a numerose trasmissioni televisive.
Ricordo ancora con piacere e nostalgia come nel 2016, alla conclusione del mio anno di presidenza del Rotary Catania Est, nella corte del Castello Ursino, abbia messo in scena sotto la direzione di Valeria Contadino un originale spettacolo scritto dalla stessa Valeria insieme a me e a Pina Mazza, sui regnanti aragonesi vissuti, morti e seppelliti a Catania allora capitale del ‘Regnum’.
Anche lui ha risposto con generosità alle nostre domande dichiarando la sua soddisfazione di essere, ad un anno dal debutto di questo spettacolo “transgenerazionale”, in un teatro che il nostro cantautore sente “cucito addosso”.
D’emblée, all’interno di una scenografia minimalista, il pubblico viene trasportato nel secolo scorso, nel primo dopoguerra italiano, in quel ventennio nato dall’illusione del totalitarismo ‘salvifico’, cresciuto col populismo, con la violenta brama di potere …e finito nel disastro.
Tra il mito della “vittoria mutilata” e la sicumera della guerra ‘vittoriosa’, tra il 1918 e il 1940 si snoda il testo insieme alla vicenda umana e politica di Mussolini e del “suo” popolo.
Il Duce con tutti i mezzi forniti dal progresso, col suo fascino macho e seduttore, con l’arma della propaganda e della teatrale oratoria, col suo carisma capace di nascondere le violenze, ispiratore dell’esaltante nazismo e poi boriosa ‘vittima’ obnubilata, avrebbe trascinato un’intera nazione inconsapevole e in cerca di una nuova e più forte identità, verso il baratro che l’aspettava al risveglio da quei sogni di gloria in cui aveva ciecamente creduto.
In questo panorama irrompe la radio. E su questo atto di nascita l’Italia vanta un primato.
Guglielmo Marconi, infatti, studiando in parallelo con Tesla e Popov le onde hertz, otteneva a Londra 2 luglio 1897 il brevetto per i primi risultati delle sue ricerche e il Premio Nobel per la fisica nel 1909; veniva poi nominato Senatore del Regno nel 1914.
Di dichiarata fede fascista in seguito, nel 1930, venne chiamato a far parte del Gran Consiglio del fascismo, regime cui si accostò forse per spirito patriottico, manifestando poi il suo dissenso perché contrario alla partecipazione dell’Italia alla guerra contro l’Inghilterra.
Nonostante tale primato la radio giunse tuttavia in ritardo in Italia. Mentre infatti nel 1920 si inaugurava nel Regno Unito la prima trasmissione e poco dopo seguivano gli USA, la storia della radio in Italia iniziava il 5 ottobre 1924, con il primo discorso radiofonico della storia d’Italia, pronunciato da Benito Mussolini.
Il 6 ottobre 1924 -dopo il delitto Matteotti- data di inizio ufficiale delle trasmissioni commerciali, dai microfoni dell’URI (che diventerà EIAR quattro anni dopo) rimbombò l’annuncio: «… Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana…».
Il regime ebbe ovviamente il monopolio dell’informazione tanto che in occasione dei discorsi di Mussolini, la popolazione veniva radunata nelle piazze di paesi e città per consentire a tutti l’ascolto trasmesso.
La radio dunque diventava un prezioso mezzo di comunicazione di massa, diffondendo proclami fascisti, propaganda politica, canzoni patriottiche e influenze jazz e swing, ma in sottotono perché il regime le vietava.
Tra ‘Giovinezza’ e ‘Bella ciao’ trionfano soprattutto le canzoni d’amore, dal nostalgico notaio di ‘Signorinella’ alle note strappalacrime di ‘Balocchi e profumi’. Tra languori e buoni sentimenti si delinea così, alternando musica e narrazione, uno spaccato non solo di storia della musica italiana ma soprattutto di storia politico/sociale, uno specchio del pensiero e dell’identità di una nazione.
Parole e musica (“Grazie al Maestro Vasta!”) – conclude Mario Incudine – di un periodo in cui la radio serviva a illuminare un ventennio difficile superando il retaggio del melodramma, fanno uscire il pubblico, ridiventato bambino, “con l’emozione addosso…
Ci proiettiamo anche verso il futuro perché per sapere chi siamo o saremo dobbiamo sapere chi eravamo stati… La musica è la nostra vita”.
Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi