Noi donne siamo una “grande vagina”
Ma che bel vantaggio abbiamo noi donne!!
SI LA DO: queste sono le tre note che ci basta studiare invece delle sette degli uomini, per diventare delle provette musiciste e per suonare uno strumento, meglio se l’arpa!
Così come suggerito dal corrispondente Rai Lorenzo Leornarduzzi il quale insieme al suo collega Massimiliano Mazzucchi, durante la telecronaca della finale dei Mondiali di Nuoto in Giappone, ha dato vita a delle innocenti “battute da bar”, come le ha definite lui stesso con la naturalezza insolente di chi si ritiene nel giusto.
Perché è proprio questo il problema, ci sono ancora uomini, o sarebbe meglio definirli maschi come specie a parte, che continuano a guardare le donne come oggetti di secondo ordine senza alcuna reale importanza ma soprattutto solo ed esclusivamente come oggetti di piacere, indipendentemente dalle loro competenze e professionalità. Non importa se hanno raggiunto dei ruoli di rilievo dopo anni di studi e di impegno personale, o se, come in questo caso, si sono qualificate per gareggiare ai Mondiali di nuoto, frutto di allenamenti giornalieri massacranti per raggiungere l’obiettivo prefissato.
A certi maschi, fieri della propria arrogante mascolinità, non importa niente di tutto questo, le donne restano sempre e solo una “grande vagina” di cui disporre a proprio piacimento.
Le donne non hanno pensieri, emozioni, obiettivi o determinazione, sono solo questo unico e solo preponderante organo!!
E Leornaduzzi ce lo ha confermato nel dire che pensava che i microfoni fossero spenti e che si è lasciato andare in commenti goliardici.
Una maldestra e biasimevole sorta di giustificazione che da sola dovrebbe bastare ad assolverlo dalle sue stesse vergognose considerazioni.
Invece queste sue inconcludenti parole, hanno ottenuto il solo effetto di rimarcare ancora di più il suo radicato sessismo, il suo sentirsi autorizzato, nel suo privato, a parlare delle donne in modo offensivo e a sminuirle nella loro dignità.
Un atteggiamento che non è solo suo ma che rispecchia un modo di essere di troppi maschi che ancora oggi guardano le donne solamente come femmine e che si arrogano la pretesa di poterne parlare solo in questo modo.
Maschi che si sentono protetti da una società che si è costruita una lucente facciata perbenista da mostrare orgogliosamente in pubblico per nascondere una lunga e inaccettabile serie di stereotipi culturali e sociali che faticano ad essere sradicati.
E questa continua deprivazione della identità delle donne è la diretta conseguenza che emerge in modo insistente, originata da un profondo atteggiamento maschilista, retaggio di anni e anni di comodo patriarcato all’interno del quale gli uomini si sono sempre rifugiati pur di non perdere la propria presunta superiorità e il loro vacuo orgoglio.
“Il mondo è sempre appartenuto agli uomini” scriveva la scrittrice Simone de Beauvoir nel suo romanzo Il Secondo Sesso, mettendo in luce una realtà passata che però non è passata affatto e che permane ancora ai giorni nostri.
La donna è ancora considerata primariamente secondo le sue funzioni biologiche e non riesce a scrollarsi di dosso la sua identificazione di sposa e di madre. Ruoli che le sono stati affibbiati dal pensiero maschilista e che l’hanno ingabbiata in una condizione di inferiorità che l’ha sempre esclusa dalla società e che l’ha alienata dalle sue reali possibilità.
Questo modo di considerare la donna, ancora così fortemente radicato, si traduce in continui atteggiamenti e comportamenti che rivelano come le donne sono sempre vincolate a stereotipi di genere che le sminuiscono e le sviliscono a individui che non possiedono le stesse opportunità offerte agli uomini.
Purtroppo ci sono ancora certi maschi che fanno fatica ad abbandonare i loro presunti privilegi, originati da secoli di prevaricazioni legittimate da antichi pregiudizi secondo i quali la donna, sin dalla nascita, doveva essere definita in base alle sue relazioni con l’uomo, prima il padre e poi marito da cui dipendeva legalmente ed economicamente.
Questi maschi si rifiutano di vedere la donna come Altro da sé, indipendente e autonomo.
Questo atteggiamento sessista è, nonostante tutti gli sforzi compiuti per perseguire una effettiva uguaglianza di genere, un morbo che infetta costantemente la nostra realtà quotidiana e si insinua in ogni nostra azione. Per questo è perfettamente inutile che, quando si verifica un caso eclatante che attira l’attenzione per la sua particolare virulenza, ci indigniamo e iniziamo a scrivere centinaia di commenti sui social e decine di articoli, esattamente come questo, se poi giornalmente non affrontiamo noi stessi e i nostri pregiudizi.
Se non vogliamo più essere viste solamente come una “grande vagina” bisogna educare non solo questi maschi ma l’intera società, che continua a opprimerci, a comprendere che noi donne non siamo solo l’involucro vuoto che riveste questo nostro organo.
Che noi donne, con le nostre imperfezioni e difetti, siamo individui liberi e indipendenti nella nostra interezza.
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