L’Otello di… Rossini
La tragica vicenda di Otello ha ispirato nel corso degli ultimi quattro secoli numerosi drammaturghi, poeti e musicisti. Il più famoso è sicuramente William Shakespeare che ha composto una celeberrima tragedia.
Anche i compositori d’opera si sono confrontati con questo personaggio ed ovviamente il primo pensiero di tutti melomani va all’Otello di Giuseppe Verdi andato in scena al Teatro alla Scala di Milano nel 1887 e tuttora molto rappresentato nei teatri di tutto il mondo. Meno rappresentato e meno noto è l’Otello di Gioacchino Rossini che è stato letteralmente eclissato dal successo dell’opera verdiana e dal giudizio negativo di Byron. Eppure l’Otello di Rossini, andato in scena nel 1816, è un’opera di grande valore artistico e di notevole profondità. Tutto ciò appare evidente anche da un confronto con l’Otello di Giuseppe Verdi. I due compositori hanno operato due rielaborazioni completamente diverse e diametralmente opposte di questo personaggio.
Per Giuseppe Verdi l’Otello è il dramma della gelosia. Il moro giunge a Cipro dopo una tempesta ed è già in sé una tempesta vivente. Jago non fa altro che avvelenare la sua mente e orientare l’uragano-Otello contro Desdemona. A Verdi poco importa del fatto che Otello sia un generale che ha vinto un’importante battaglia. Lo spirito militare inizia e finisce in circa un minuto nel primo atto: “Esultate! L’orgoglio musulmano sepolto è in mar! Nostra è del cielo gloria! Dopo l’armi lo vinse l’uragano!”. Otello è ormai ben inserito nella società della repubblica veneta e tutti sanno che è il futuro sposo di Desdemona. Jago lo odia perché è un invidioso della sua posizione e perché non gli permette di diventare capitano. Verdi descrive Otello come un uomo debole e irascibile che ha solo Desdemona come punto di riferimento. Jago lo descrive perfettamente: “Desdemona è il duce del nostro duce…”. Basta instillare il dubbio sull’onestà e la castità di Desdemona e Otello esplode in una serie di azioni sempre più violente e sanguinose.
Rossini, invece, ha inquadrato il personaggio di Otello in modo totalmente differente. Il suo librettista ha tenuto in considerazione più una versione teatrale del dramma scritto da Jean-François Ducis (1792) che William Shakespeare. Ha ambientato l’azione esclusivamente a Venezia, capitale dell’omonima Repubblica.
Mentre Verdi ha costruito la sua opera sul classico triangolo operistico tra il tenore, il soprano e il baritono, Rossini ha messo in campo ben 4 coppie di personaggi: le due donne (Desdemona e Emilia), i due amanti (Otello e Roderigo), i due oppositori (Elmiro, padre di Desdemona e Jago), due rappresentanti della società veneziana (il Doge e Lucio). Nel corso dell’opera Desdemona è letteralmente assaltata dai due amanti e dalle trame dei due oppositori. Tutti i personaggi maschili tranne Elmiro sono tenori e cercano quasi sempre di sovrastare con la voce tutti gli altri.
Compare un inusuale tra quattro diversi sentimenti: l’amicizia, l’amore, la gelosia e l’odio. Nel corso dell’opera questi quattro elementi giocano un ruolo fondamentale e i primi due vengono inceneriti dall’odio e dalla gelosia.
L’opera è introdotta da una bella Sinfonia ripresa da quella de Il Turco in Italia, che ripete uno schema molto simile ad altre sinfonie di Rossini sia di opere serie che di opere buffe.
Il primo atto si apre con un Coro che esalta le gesta militari di Otello che si presenta al Doge consegnando “armi e bandiere”. Chiede di diventare cittadino della repubblica veneta in virtù dei risultati che ha raggiunto come soldato. Intende farsi riconoscere dalla nuova comunità per la quale ha compiuto importanti azioni concrete. Il doge, in modo ufficiale, accoglie le sue richieste. Otello è un po’ emozionato e conscio del passo che sta compiendo:
“Confuso io sono/ a tante prove e tante/ d’un generoso amor. Ma meritarle/ poss’io, che nacqui sotto ingrato cielo,/ d’aspetto, e di costumi sì diverso da voi?”.
Canta nella cavatina prima l’amor di patria e poi l’amore verso la sua donna amata (Ah! Si per voi già sento!). Attorno a lui in disparte, sia Jago che Roderigo fremono di rabbia. Compare un aspetto che è molto sottolineato nel corso di tutta l’opera: quasi tutti i personaggi in pubblico accettano l’ingresso di Otello nella comunità, ma nel privato lo odiano e lo osteggiano soprattutto perché è un africano. Lo definiscono ora “barbaro straniero” ora “afro insultator”. A poco vale che Otello abbia raggiunto risultati e che si ispiri alla virtù, alla costanza e all’amore: è un moro e resterà un moro nella mente di coloro che lo circondano.
Questa scissione tra pubblico e privato è molto evidente in Elmiro, padre di Desdemona. Infatti, egli non ha problemi a partecipare ai festeggiamenti pubblici in favore di Otello, ma non vuole assolutamente che sua figlia Desdemona intrattenga rapporti con lui o che pensi ad un matrimonio misto. È il simbolo più spietato di una società patriarcale, maschilista e razzista. Nell’opera proclama: “Vendicarmi dovrò; né più si vegga,/ che un barbaro stranier con modi indegni/ ad ubbidirlo, ed a servir ne insegni.”. E’ proprio Elviro ad essere il mandante di tutte le azioni malvage dell’opera. Jago, è per certi versi un esecutore materiale dei disegni dell’anziano padre. Desdemona è la vittima di questa società, ed è perennemente sotto assalto di uomini (Jago, Elmiro, Rodrigo, Otello) per differenti motivi. Costoro sono i quattro pilastri che costituiscono la prigione entro cui si muove questa povera donna.
La costante tensione e i continui assalti del mondo circostante hanno indotto Desdemona a nascondere a tutti i propri sentimenti nei confronti di Otello. A lui ha giurato eterno amore. Nonostante questi accorgimenti, tutti i personaggi sono al corrente dei sentimenti di Desdemona. Jago ed Elmiro mettono in atto un complotto per ingannare Otello e convincerlo che Desdemona sia venuta meno al giuramento e che voglia sposare Roderigo. E realizzano questo complotto tramite una lettera falsa. Il vero amore viaggia attraverso giuramenti orali, l’amore matrimoniale passa attraverso la lettera falsa e i matrimoni combinati siglati con documenti preparati dai maschi di famiglia. La società patriarcale e razzista viola costantemente la privacy di Otello e Desdemona e impone i propri parametri e i propri dettami.
Gli unici spazi di libertà dei personaggi sono concessi solo nell’ambito dell’amicizia (amistà). Jago e Roderigo agiscono in nome dell’amicizia. Desdemona e Emilia cercano di sostenersi a vicenda in nome di una profonda confidenza e complicità (es. Duetto del I atto). Queste amicizie sono legami che sono messi a dura prova dalle tensioni dovute alle vicende amorose e alle regole della società patriarcale. Infatti, Elmiro conduce Roderigo davanti a Desdemona per imporle un matrimonio forzato che la donna rifiuta sdegnosamente. A questo punto compare Otello che non gradisce la presenza del rivale. Fa la propria proposta di matrimonio ad Elmiro generando l’immediata reazione di Rodrigo che in un primo momento si era quasi rassegnato al rifiuto di Desdemona. Ne segue un momento di follia e rabbia che coinvolge tutti i personaggi nell’infuocato finale del primo atto.
Il secondo atto si apre con il dialogo tra Roderigo e Desdemona. Il primo vuole ottenere l’amore della donna e ricondurla nell’ambito di una piena sottomissione all’autorità paterna. Desdemona proclama apertamente il suo amore per Otello, generando la disperazione in Rodrigo (Ah! Come mai non senti pietà dei miei tormenti?). All’inizio egli si rivolge con una preghiera dolce, ma man mano le sue parole contengono una larvata minaccia: Roderigo ha intenzione di punire Otello.
Desdemona, presa dal rimorso di avere rivelato apertamente il proprio amore e il proprio legame con Otello, si confida nuovamente a Emilia che sembra molto più esperta delle dinamiche matrimoniali e paramatrimoniali della società in cui vive. Mentre Desdemona cerca di aiutare Otello, Emilia va a cercare la collaborazione di altre donne. La sua è una vera amicizia.
Al contrario, Jago si finge amico di Otello e mette in atto il tranello come programmato con Elmiro. È proprio Jago a mostrare la lettera falsa in cui Desdemona confida il suo amore a Roderigo. Letta la lettera, Otello decide di uccidere Desdemona, di vendicarsi e di suicidarsi. Immediatamente si presenta davanti a Roderigo sfidandolo apertamente. Giunge Desdemona che cerca, invano, di chiarire e di mettere pace tra i due che si allontanano, lasciandola praticamente svenuta per terra. Neanche Jago la soccorre. Solo Emilia corre ad aiutarla e consolarla. Desdemona è disperata:
Che smania! ahimè! che affanno?
Chi mi soccorre, oh dio!
Per sempre ahi, l’idol mio
perder così dovrò!
Barbaro ciel tiranno!
Da me se lo dividi,
salvalo almen; me uccidi:
contenta io morirò.
Ben presto attorno a lei giungono le amiche di Emilia da una parte, Elmiro e i suoi confidenti dall’altra. Le prime cercano di sollevare la donna, gli altri gridano vendetta e sono pieni di rancore perché Desdemona non si sottomette ai voleri del padre.
Il terzo atto si svolge nella camera da letto di Desdemona che ascolta il Gondoliere che canta sui versi di Dante: “Nessun maggior dolore/che ricordarsi del tempo felice/ne la miseria”. È un riferimento alquanto strano. Nella Divina Commedia, Dante descrive la lussuria di Paolo e Francesca e la loro uccisione da parte di Gianciotto. La scena si svolge in una stanza come quella di Paolo e Francesca, ma l’atmosfera è profondamente diversa. La camera da letto è essenzialmente una prigione in cui la società patriarcale, maschilista e razzista ha confinato le sue donne. Per loro non ci può essere emancipazione, ma solo essere oggetto di matrimoni combinati e forzati.
Le stanze in cui sono rinchiuse divengono il luogo del pianto e del rimpianto a causa di un matrimonio non voluto o di una situazione in cui i maschi litigano tra loro o in cui la donna non riesce materialmente a far valere la propria volontà. Con una certa delicatezza, Rossini affronta il problema della condizione della donna. Desdemona piange e pensa ad un’altra ragazza come lei che è stata spedita in Africa per qualche occulta ragione e che lì è morta per un “crudele amore”, locuzione che potremmo interpretare come violenza sessuale o femminicidio. È l’aria “Assisa al piè d’un salice”. Rossini sembra voler dire che le condizioni della donna non sono molto differenti sia nella Repubblica Veneta cosmopolita e aperta ai commerci con l’Oriente sia nell’Africa e nel resto del mondo. Evocando la triste storia dell’amica Isaura, Desdemona presagisce la propria morte. È consapevole che nella società maschilista e patriarcale in cui vive, prima o poi, qualcuno – padre, marito, amante – può ucciderla anche nella propria camera da letto. Si pente dei propri sinistri pensieri quando comincia a soffiare un vento impetuoso e comincia a pregare, cercando di ottenere l’aiuto di Dio (Deh calma o ciel, nel sonno).
Desdemona si addormenta e di lì a poco giunge Otello da un ingresso segreto. Esprime la sua disperazione in un lunghissimo recitativo. Sta a guardare e riguardare il viso di Desdemona che dorme. Si strugge come mai una creatura così bella, gentile e dolce possa averlo tradito. Più volte è sul punto di ucciderla, ma più volte desiste. Ad un certo punto, Desdemona si sveglia ed è seriamente preoccupata per la presenza di Otello. Cerca di discolparsi: “È sol colpa la mia di averti amato. /Uccidimi, se vuoi, perfido, ingrato!”. Desdemona è certa di essere innocente e sfida Otello a compiere l’estremo atto. Scoppia una tempesta mentre la tensione tra i due giunge al punto estremo. In mezzo al fragore, Otello uccide Desdemona. Giungono sul luogo il Doge, Elmiro, Roderigo e tutto il coro al seguito di Lucio, che probabilmente è una sorta di guardia del corpo di Otello. È il Doge che impone a Elmiro di cambiare opinione su Otello e a concedergli in sposa la figlia. Rodrigo, che è uscito salvo dall’attentato orditogli da Jago, perdona Otello e gli cede Desdemona. Il doge e Roderigo gli tributano gli onori. Ma è troppo tardi, tutti si accorgono che Desdemona è stata uccisa e Otello per disperazione si trafigge completando il disegno che aveva già esposto nel secondo atto. Con la morte di Otello e Desdemona si mostra la violenza della società patriarcale dell’epoca. L’integrazione di Otello è un atto imposto dall’alto attraverso il potere del Doge, ma nei fatti la comunità di Venezia in privato non accetta la presenza del moro. Il riconoscimento dei sentimenti e di un minimo dignità della donna avviene quando è già stato commesso il femminicidio.
Dal sommario esame sin qui svolto, appare in modo molto evidente come l’Otello di Rossini sia un’opera di grande valore artistico. Non è il dramma della gelosia, ma una descrizione molto approfondita delle dinamiche familiari, matrimoniali e sociali di una comunità fortemente patriarcale, maschilista e razzista. Nell’opera c’è sempre un contrasto tra gli atteggiamenti pubblici e le convinzioni private, tra le visioni del ceto politico e la forma mentis della comunità nel suo complesso, tra la piazza e le case, tra la strada e la camera da letto.
Otello esordisce nell’opera come un eroe, ma man mano viene corroso dall’invidia e dalle menzogne di alcuni personaggi, viene stritolato dal patriarcato e dalle convenzioni sociali della repubblica veneta. La sua gelosia è uno degli elementi nella dinamica della storia. È una figura molto complessa, dotata di una notevole capacità di analisi e di risoluzione dei problemi. L’eroe tanto esaltato nella sfera pubblica non viene accettato nella sfera privata ed in particolare nella sfera familiare e matrimoniale. La società in cui opera rinchiude le donne nelle case e in ruoli marginali, ghettizza il moro Otello in nome di una tradizione di sangue, di etnia e di razza. Va precisato che nell’opera gli uomini non fanno mai alcun riferimento a Dio o al Sacro. Il loro Dio è il Potere e nello specifico il potere del Doge. Sono le donne e i deboli ad invocarlo nella loro solitudine. Il mondo in cui operano Otello e tutti gli altri personaggi maschili è assolutamente secolarizzato e scristianizzato, è un mondo dove regnano la guerra e la violenza sia tra le città sia nei rapporti tra gli individui.
In conclusione, Rossini ha egregiamente realizzato in modo molto meticoloso un progetto molto ambizioso. La sua grande capacità compositiva è stata sostenuta da un librettista molto attento alla cura dei minimi dettagli scenici e drammatici. Dispiace che per molto tempo quest’opera sia stata letteralmente esclusa e rinnegata dai teatri. La sua riscoperta è stata una notevole operazione culturale.