Liste d’attesa e polemiche politiche
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Come è noto, nel mese di giugno 2024, alla vigilia della campagna elettorale europea, in fretta e furia, i partiti al governo hanno preparato uno schema di decreto legge intitolato “Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie” e un disegno di legge chiamato “Misure di garanzia sulle prestazioni sanitarie”.
Per Giorgia Meloni che mirava a trionfare alle elezioni europee la questione delle lunghe liste d’attesa era diventata dirompente: per sedare le polemiche, occorreva promulgare un decreto. Due le novità del provvedimento: la prima consistente nel fatto che «se le prestazioni non vengono erogate nei tempi previsti dalle vigenti classi di priorità, le aziende garantiscono al cittadino la prestazione in intramoenia o attraverso il privato accreditato» e «le modalità sono definite con decreto del ministro della Salute entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione». La seconda prevedeva che le visite e gli accertamenti diagnostici si sarebbero dovute effettuare di sabato e di domenica e anche nella fascia serale. Inoltre, una norma vietava la chiusura delle agende di prenotazione e obbligava il privato a condividere le proprie con il Cup regionale, altrimenti rischiava la convenzione. Stop anche al doppio lavoro dei medici e sancita la possibilità per le farmacie di svolgere analisi di primo livello.
Molti i malumori esistenti anche nella maggioranza perché se i privati avessero dovuto garantire all’assistito le prestazioni (che avrebbe dovuto comunque anticipare i soldi) si rischiava un aumento dei costi che al ministero calcolavano attorno al miliardo di euro e Giorgetti aveva sottolineato il rischio che saltassero i conti.
Anche le visite e gli accertamenti diagnostici di sabato e di domenica, oltre che nella fascia serale, rappresentavano un problema di copertura in considerazione del fatto che il lavoro serale e festivo costava di più. Nella previsione di spesa c’era anche l’aumento complessivo del 15% del fondo per le spese del personale e nel disegno di legge c’era l’aumento del 20% della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive, con la flat tax del 15% per le stesse ore extra.
Critiche erano state avanzate da parte di tutte le regioni: al Ministero dell’economia avevano tenuto stretta la borsa e avevano previsto solo 300 milioni per sostenerlo. E senza soldi, sostenevano le Regioni, tutto sarebbe rimasto lettera morta.
Sono passati più di sei mesi: qual è la situazione?
Alcuni giorni fa, la Fondazione Gimbe ha messo in evidenza che il problema delle liste d’attesa non è stato risolto perché sui sei decreti attuativi necessari, solo uno è stato approvato.
Immediato l’attacco di Fdi alla Fondazione Gimbe. In particolare,
il report della Fondazione Gimbe ha provocato la violentissima reazione del senatore di Fratelli d’Italia Franco Zaffini, presidente della commissione Sanità e Lavoro di palazzo Madama, che ha accusato direttamente il presidente dell’ente Nino Cartabellotta: “Ormai mentire sul nostro Sistema sanitario nazionale è quasi diventato uno sport amatoriale. La salute è un bene assoluto e il primo dei diritti inalienabili, basta con le fake news e le strumentalizzazioni.”
Immediata anche la replica di Cartabellotta: “La verità è incontrovertibile. La malizia la può attaccare, l’ignoranza la può deridere, ma alla fine la verità è ancora lì (W. Churchill). A 6 mesi dalla conversione in legge del Dl liste di attesa questa è la verità. Il resto sono chiacchiere.”
In difesa di Cartabellotta sono intervenute le opposizioni richiamando il governo Meloni ad occuparsi di un problema che aveva promesso di risolvere in tempi brevi. Il leader del M5S Giuseppe Conte scrive sui social: “Dopo mesi e mesi il Governo è riuscito a portare a casa solo 1 decreto su 6 contro le liste di attesa in Sanità e invece di rimboccarsi le maniche Fratelli d’Italia che fa? Attacca con la bava alla bocca la Fondazione Gimbe e Nino Cartabellotta che hanno sottolineato, con l’onestà e l’autorevolezza che li contraddistingue, questo ritardo. A loro va tutta la nostra solidarietà. Se la prendono con le ‘fake news’ di ‘comunisti e loro cavalier serventi, contro le Regioni (la stragrande maggioranza governate dal centrodestra!). Un altro complotto? La cosa comica (ma anche squallida) è che nello stesso comunicato in cui attacca tutti, Fratelli d’Italia ammette che è stato approvato solo un decreto. I complotti immaginari, come le bugie, hanno le gambe corte e servono solo a coprire i disastri di Meloni e soci: dall’assenza di provvedimenti concreti contro le liste di attesa ai 100 euro tolti in busta paga il responsabile possono trovarlo tranquillamente guardandosi allo specchio.”
Anche la segreteria del Pd, Elly Schlein, usa parole dure: “Fratelli d’Italia e il governo Meloni stanno cinicamente smantellando la sanità pubblica per favorire gli amici del privato. I loro tagli costringono quasi 5 milioni di italiani a rinunciare alle cure, gli altri a spendere 40 miliardi di tasca propria. In questo disastro si permettono anche di attaccare chi, come la Fondazione Gimbe e il suo presidente Cartabellotta, è impegnato da anni e di fronte a governi di qualsiasi colore a difendere il servizio sanitario nazionale. Giorgia Meloni si concentri sulla tutela della sanità pubblica e tenga a bada i suoi, perché questo bullismo politico non è accettabile: non resteremo a guardare mentre la destra attacca il diritto costituzionale alla salute. Alla fondazione e Gimbe e Nino Cartabellotta la solidarietà di tutta la nostra comunità democratica.”
Scrive su X Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, che ricorda come il ministro Orazio Schillaci avesse annunciato che sarebbero state date ‘risposte concrete ai cittadini’. “In piena campagna elettorale per le elezioni europee il consiglio dei ministri come un’ambulanza a sirene spiegate venne convocato e votò in fretta e furia un provvedimento per tagliare le liste d’attesa in sanità. Chiuse urne e spogliate le schede di quel provvedimento non se n’è fatto più niente” “Questa destra se la racconta sempre come gli fa comodo, per loro la verità è sempre un ‘impiccio’. Sulle liste d’attesa, che restano un problema, diremmo una piaga non risolta di questo paese, la destra attacca il Presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, professionista stimato e punto di riferimento trasparente e indipendente per comprendere le questioni della nostra sanità pubblica. Il professore Cartabellotta ha la ‘colpa’ di aver denunciato la latitanza dei sei decreti attuativi di cinque articoli fondamentali del dl sulle liste d’attesa: anziché affrontare il problema la destra attacca chi lo denuncia”.
Anche Marco Furfaro del Pd interviene: “Odiano la scienza, odiano i numeri, odiano la verità. Ma soprattutto, odiano chi si permette ancora di contraddirli. Ecco perché Fratelli d’Italia attacca Cartabellotta e Gimbe, a cui va la nostra solidarietà: perché hanno osato raccontare la realtà sul fallimento del decreto del governo per abbattere le liste d’attesa. Perché hanno portato dati, non propaganda. La sanità pubblica è al collasso e l’unico piano del governo è negare l’evidenza e attaccare chi la riporta.” E ancora: non dovrebbe essere necessario ricordare che la Fondazione GIMBE svolge un ruolo essenziale nel garantire analisi indipendenti e basate su evidenze scientifiche nel settore della sanità pubblica. Analisi che non solo aiutano l’opinione pubblica a comprendere la realtà dei fatti, ma forniscono strumenti indispensabili proprio a noi parlamentari per svolgere il nostro lavoro. Le critiche sollevate da Cartabellotta sulle liste d’attesa e sui decreti attuativi non sono solo legittime, ma rappresentano una necessità per garantire un sistema sanitario efficiente e accessibile a tutti. “È evidente che le parole di Cartabellotta hanno toccato nervi scoperti all’interno della maggioranza, rivelando carenze e ritardi che non possono più essere ignorati”.
A favore della Fondazione Gimbe sono intervenuti in tanti, tra cui la responsabile Salute e sanità, nella segreteria nazionale Pd, Marina Sereni, il responsabile Welfare di Azione, Alessio D’Amato, i componenti delle commissioni Affari sociali, di Camera e Senato di Avs,Luana Zanella e Tino Magni.
Non è mancata la replica di Zaffini: “Le mie risposte alle dichiarazioni dí Cartabellotta sono state puntuali e basate sul lavoro svolto in commissione fino ad oggi. Non ho dato del ‘comunista’ a lui ma alla collega di Avs, basta leggere la mia nota. Ribadisco, infatti, che di sei decreti, quatto sono stati già licenziati dal Governo – tre di questi sono in attesa dell’intesa della conferenza Stato Regione – e due lo saranno nei prossimi giorni. Inoltre il secondo provvedimento sulle liste di attesa arriverà in aula a febbraio”. E prosegue: “Il tema salute è troppo delicato per essere piegato alla menzogna, invito le opposizioni a studiare i provvedimenti, leggere attentamente le note stampa e ad usare le loro prerogative invece di fare il copia-incolla. In realtà, avrebbero a disposizione anche lo strumento del sindacato ispettivo, per richiedere informazioni specifiche, ma da quello che ho capito le giuste notizie non interessano affatto, interessa soltanto la sterile polemica politica”.
Chi ha ragione?
Ai posteri l’ardua sentenza? No, agli ammalati costretti a rivolgersi ai privati o a rinunciare alle cure.