L'Opinione

L’ipocrisia del sostegno alla natalità e alle donne soprattutto nel Sud

Da un Governo che parla, anzi straparla, delle donne esclusivamente come madri, come grandi uteri pronti a sfornare alla Patria più figli possibili, quanto meno ci si aspetterebbe un pari fervore e, soprattutto, un prioritario impegno nel tutelarle nella loro vita quotidiana e professionale.
Invece questo importante quanto basilare obiettivo non sembra affatto scontato.
Il Governo della natalità ha pensato bene di tagliare gli obiettivi di copertura degli asili nido a livello locale, che tradotto significa che sono stati tagliati i fondi per assicurare un adeguato numero di asili nido a sostegno delle madri lavoratrici.
In una tabella allegata al Piano strutturale del bilancio, presentata in Ue, è stato stabilito che “il diritto all’asilo nido non sarà più del 33% a livello regionale ma scenderà al 15%” come, invece, era previsto dalla legge di bilancio del 2022 che mirava così ad eliminare gli squilibri territoriali.
In sostanza una decisione del tutto arbitraria che discrimina in modo chiaro le Regioni del Sud e che non rimuove affatto le disparità che esistenti con le Regioni del Nord.
Riducendo drasticamente la percentuale dei posti disponibili, in sostanza, questo Governo non assicura più un posto ogni tre bambini. Invece di rimuovere le disparità locali, non farà altro che accentuarle e cristallizzarle in una situazione di perenne disagio che vivranno soprattutto le donne e madri che lavorano al Sud.
Solo un 33% nazionale che però le Regioni del Centro Nord già raggiungono o addirittura superano. Emilia Romagna e Toscana sono di ben oltre il 40% mentre invece il Sud si attesta a un risicato 15-20% tra cui Calabria, Campania e Sicilia che non riescono a raggiungere nemmeno la soglia del 15%.
Noi qui in Sicilia siamo fermi a un vergognoso 13,9%.
Addirittura la città di Catania registra solo un misero 8%
Ma i nostri politici, a cui sta così tanto a cuore la natalità, che ne hanno fatto il baluardo dei loro programmi politici, nella sostanza dei fatti, hanno dimostrato di non avere alcun interesse reale alla tutela delle donne italiane, soprattutto per le donne del Sud che vivono in realtà disagiate e spesso addirittura inesistenti.
Ma per tutti questi novelli patrioti della natalità, l’importante è che la percentuale di copertura a livello nazionale sia garantita grazie a quella evidentemente più alta delle Regioni del Nord.
Di fronte alla necessità di ridurre le spese, ogni progettualità sulla natalità e la conseguente tutela delle madri lavoratrici, viene seppellita da tutt’altri interessi economici e politici che evidenziano quanto la nostra politica sia intrisa di ipocrisia e di falso perbenismo.
I fondi vengono tagliati per i servizi sociali essenziali, senza alcuno scrupolo, lo stesso non può dirsi quando si tratta di incrementare fondi per le spese militari.
Siamo di fronte a una classe politica volutamente bifronte che, mentre urla il suo sostegno alla natalità, di fatto impedisce alle donne di fare un figlio.
E’ oramai chiaro che uno degli ostacoli che scoraggia le donne a mettere al mondo un bambino è determinato dalla difficoltà di poter conciliare la propria attività professionale con il lavoro domestico e di cura per i figli.
Servono molti più asili nido e relativi sussidi alla frequenza.
E’ questo il sostegno concreto che si dovrebbe assicurare a ogni donna italiana che decide di diventare madre senza dover rinunciare ai propri obiettivi professionali. Non certo i proclami accalorati che servono solo ad alimentare una propaganda di partito che non trova nessun riscontro nella realtà del Paese.
Ogni anno circa il 41,7% delle mamme lavoratrici è costretta ad abbandonare il proprio posto di lavoro per mancanza di adeguati servizi di assistenza di cui il 21, 4% è costituito da donne del Sud.
Una su cinque smette di lavorare come conferma il rapporto del 2024 “Equilibriste” di Save The Children.
La maggior parte di queste donne non ha la capacità economica di poter pagare una babysitter a tempo pieno.
Solo un numero adeguato di asili nido, potrebbe risolvere il problema, ecco perché una adeguata copertura a livello locale dovrebbe essere prioritaria per un Governo che, mentre si dichiara a favore delle madri, impedisce, con insensati tagli al bilancio, alle Regioni del Sud di superare il divario e di poter essere in linea con gli standard prima nazionali e poi europei.
Un Governo attento, veramente e seriamente, alle problematiche sociali non dovrebbe mai attuare decisioni che penalizzano i servizi educativi e di sostegno alle donne lavoratrici soprattutto nelle aree più fragili, come lo è il Sud.
La legge di bilancio del 2022 stabiliva che entro il 2027 si sarebbero dovuti garantire dei livelli essenziali di prestazioni per gli asili nido del 33% in tutti i comuni italiani, invece, non solo siamo fuori da ogni obiettivo, ma di certo l’Italia non riuscirà ad adeguarsi all’obiettivo stabilito dall’Europa per il 2030: raggiungere una copertura pari al 45%.
Come sempre, le donne, madri lavoratrici sono state abbandonate, lasciate sole con i loro quotidiani problemi di gestione dei figli e questo evidenzia l’impietosa ipocrisia di un Governo che, del tanto declamato sostegno alla maternità, ne ha fatto solo un bel manifesto da mettere in campo solo quando si tratta di vincere una campagna elettorale.

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