L'Opinione

L’ipocrisia del nuovo perbenismo

Ed ecco che quella che sembrava una pura invenzione letteraria di George Orwell, è realtà e condiziona le nostre esistenze: il Ministero della Verità!

L’immaginario organo del potere il cui compito era quello di apportare modifiche e correzioni su giornali, libri e film in modo da modificare il passato e adattarlo alle esigenze del presente. 

L’assurda e ingiustificabile censura effettuata, di recente, sui libri dello scrittore inglese Roald Dahal, non sembra definire la nostra collettività come una società del XX secolo ma ci riporta immediatamente indietro e ci colloca nella surreale dimensione del romanzo 1984.

Schiavi del cosiddetto Politically correct, siamo stati imbavagliati e privati dei nostri stessi pensieri che non siamo più autorizzati a esprimere se non vogliamo incorrere nella gogna collettiva. La libertà di espressione così tanto osannata è solo un miraggio. Il pensiero unico ci sovrasta come una cappa asfissiante della quale non possiamo liberarci.

E’ questo il nuovo dispositivo di controllo attraverso il quale imbrigliarci nella rete di un conformismo generale che annulla ogni forma di libertà intellettuale e volontà critica.

Ed è in questo delirio totalitario, che sono stati risucchiati i libri di questo scrittore britannico, il quale nella seconda metà del Novecento ha scritto romanzi per ragazzi che sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo, come La Fabbrica di Cioccolato.

In nome di questa falsa moralizzazione dei nostri comportamenti, la casa editrice ha deciso di “epurare” i testi delle parole ritenute poco rispettose del sentire comune come Brutto, Pazzo, Grasso, ha pure eliminato nel riferirsi alla famiglia le parole Padre e Madre con Genitori e infine intere descrizioni fisiche sono state sostituite per adeguarle alla sensibilità moderna.

In sostanza, anche se è stato assicurato il contrario, la casa editrice, moderna ed esatta copia dell’orwelliano Ministero della Verità, ha riscritto un testo attribuendogli intenzioni e idee che non sono mai state dell’autore.

E si è volutamente ignorato che questi racconti sono stati scritti da un uomo appartenente a una determinata epoca, quindi espressione di una società della prima metà del Novecento che nessuno di noi ha il diritto di cancellare, perché nessuno si può arrogare la pretesa di riscrivere il nostro passato nemmeno in nome di una presunta sensibilità comune.

Non possiamo sopprimere i pensieri di ieri, anche se non pienamente condivisibili, con una semplice opera di correzione, arroccati nella presunzione di sapere quello che è giusto, ergendoci a censori del bene comune perché questo significa privare ogni uomo, a qualunque epoca sia appartenuto, della sua sacrosanta libertà di espressione. Non facciamo altro che gridare ai quattro venti questo nostro diritto, lo riteniamo inviolabile e poi riduciamo al silenzio tutti quelli che hanno il coraggio di esprimere idee contrarie alla massa.

Se i nostri predecessori lo avessero fatto oggi noi saremmo uomini senza passato, senza una storia che ci ricordi chi siamo stati e che ci ha definiti nel nostro presente. 

La revisione del linguaggio del passato significa svuotare di ogni significato tutta l’opera scritta e con essa polverizzare la visione di un’intera società che nonostante gli innegabili difetti ci ha comunque condotto all’attuale coscienza collettiva.

Ma oggi questa nostra coscienza deve essere assoggettata, a ogni costo, a un unico sentire, e queste innocue revisioni, così come sono presentate, si trasformano in una pericolosa arma di manipolazione di massa, perché attraverso di esse si veicola quel pensiero unico a cui tutti noi dobbiamo obbligatoriamente sottostare, soprattutto i bambini e i ragazzini in modo da abituarli a non avere alcun confronto critico per divenire gli uomini ideali di un domani sempre più omologato.

Ipocritamente si asserisce di volerli proteggere dalla presunta pericolosità di un testo scritto, in realtà vengono privati della possibilità di sviluppare propri giudizi critici. Imboccati sin da subito a una sola visione della realtà, troveranno naturale adeguarsi alle ideologie dominanti, incapaci di prendere posizione.

Questo è il grande inganno, l’ipocrisia del nuovo perbenismo che non ci permette di pensare in modo diverso, ma che ci vuole tutti asserviti a un pensiero unico e il modo migliore per tenerci nel buio delle nostre coscienze è spegnere la luce del discernimento critico che proviene dal nostro passato.

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