L’inevitabilità della guerra
Una mattina come tante ci siamo svegliati e siamo stati investiti da una nuova folata di guerra che, con la sua feroce irruenza, ha spazzato via l’apparente tranquillità delle nostre vite.
Immagini di macerie polverose, di corpi senza vita e di volti feriti hanno invaso la nostra quotidianità e immediatamente ci hanno catapultato indietro, alla recente brutalità Ucraina.
L’attacco lanciato da Hamas contro Israele ci ha lasciati inorriditi come sempre di fronte all’efferatezza della crudeltà.
Il ripetersi degli ennesimi atti di sopraffazione, che si manifestano in tutta la loro ferocia, anche se in condizioni politiche e territoriali differenti, non solo ci disorienta ma ci costringe a riflettere sulla nostra stessa natura e a renderci conto che l’istinto alla violenza è insito nell’animo umano e inghiotte tutto come un’enorme buco nero: valori etici e principi morali.
Il desiderio di prevaricazione ci tiene in pugno e determina qualunque nostra azione estrinsecando le nostre profondità buie che imprigionano qualunque accenno di coscienza che così si ritrova relegata in un angolo insignificante.
E’ sempre tempo di guerra perché l’aggressività è intrinsecamente connaturata alla nostra indole umana, appartiene alla nostra esistenza ed è inestirpabile.
Ce lo dimostra impietosamente il corso della storia, intriso di conflitti e macchiato del sangue di milioni di vittime innocenti, così come i numerosi trattati scritti al riguardo per perfezionare le tecniche militari. La guerra ci ha sempre ossessionato, soprattutto la voglia spasmodica di vincerla tant’è che nel VI secolo a.C in Cina era già stato scritto quello che si pensa sia il più antico testo di arte militare “L’arte della guerra”.
Questo dimostra che gli uomini, nonostante il dolore arrecato o subito, non hanno mai trovato altro modo per risolvere le proprie controversie, hanno investito tempo e risorse per potenziare i propri armamenti e armare gli eserciti. Ipocritamente hanno gridato a gran voce i propri ideali di libertà solamente per ammantare l’orrore della guerra di una veste di giustizia e per trovarle una vacua giustificazione in modo da renderla accettabile.
La guerra è necessaria se serve al mantenimento della pace, si afferma con convinzione rinnovando le parole di Cicerone: “se vogliamo godere la pace bisogna fare la guerra”.
Un convincimento cristallizzato nel Principe del Machiavelli in cui si legge che la pace è fondata sulla guerra e che quindi “il principe non deve avere altro obietto né altro pensiero…fuora dalla guerra…”.
Machiavelli fissa per iscritto un istinto atavico e selvaggio che nessun uomo è mai stato in grado di reprimere e che ha invece alimentato la presunzione che la guerra sia l’unico modo per rapportarsi con i propri simili e per affermare il proprio potere.
Perché in fin dei conti non si tratta che di questo, di questa nostra innata e insaziabile brama di potere che, come una fiamma inestinguibile, ci brucia dentro e ci divora.
Le raccomandazioni del Machiavelli al principe rivelano tutta la loro attualità nelle azioni militari compiute dai moderni capi di governo che utilizzano la guerra come strumento politico ed economico per mantenere il potere e la stabilità politica.
La guerra è un mezzo di potere, ma per essere accettata la si presenta come una guerra “giusta”, per assicurare i presunti diritti negati.
Questa è la vergognosa ipocrisia dietro cui ci nascondiamo tutti, ci trinceriamo dietro un semplice aggettivo come se questo da solo bastasse ad abbellire l’orrore della parola, convincendoci che se si tratta di una guerra definita di difesa, essa da sola basta ad avallare qualunque atrocità commessa in suo nome.
Mettiamo la testa sottoterra e non consideriamo le vite altrui degne della nostra stessa dignità, esse sono solo vittime sacrificali, immolate in nome di un ipotetico bene superiore. La nostra salvezza conta più di quella del presunto nemico come se la vita di un essere umano acquisisca un valore differente a seconda da che parte del conflitto si trovi.
La difesa della libertà come garanzia di civiltà è diventato lo scudo dietro cui ci siamo trincerati e abbiamo permesso che reali interessi di natura economica e politica prevalessero sul diritto alla vita. Ci siamo voltati dall’altra parte e abbiamo tollerato le guerre mascherate da operazioni di pace, sinonimo rassicurante e politicamente corretto, anche quando si sono rivelate solo conflitti sanguinosi che hanno calpestato ogni diritto umanitario, così adesso stiamo accettando qualunque altra guerra, legittimando crimini e crudeltà.
Questo perché, anche se apertamente invochiamo la diplomazia come soluzione più corretta e più equa, nell’esatto momento in cui ci viene fatto credere che siamo minacciati nelle nostre libertà, la nostra aggressività istintuale viene a galla, la nostra propensione alla violenza riemerge prepotente e prevale su ragione e morale, dimostrandoci che nonostante i secoli di progresso, in realtà, siamo rimasti ancorati alla brutalità incontrollata dei primi uomini apparsi sulla terra.
Noi siamo dominati da questo nostro impulso animalesco, materiale e carnale, e in tutto questo non c’è alcuna umanità ma forse è proprio questo nostro lato oscuro che caratterizza la nostra umanità e al tempo stesso la nostra disumanità.