L’indifferenza è la nostra colpa
L’assurda morte della giovane Giulia, colpevole, così come le altre prima di lei, di aver amato l’uomo sbagliato, sembra aver finalmente scosso la coscienza collettiva.
Perché proprio per lei?
E la risposta non può che essere che questa ennesima efferatezza, ci abbia sbattuto in faccia, senza sconti, il fallimento di tutti noi, cittadini e istituzioni.
Questa morte così brutale ci ha costretto a guardarci dentro, ad ammettere, volenti o nolenti, che tutti questi atti di violenza sono il risultato della nostra indifferenza per il dramma che sempre più donne vivono nel silenzio delle loro relazioni e che, finché non ci tocca in maniera diretta, tendiamo a ritenere un problema degli altri e mai nostro.
Adesso è arrivato il momento per riflettere e per agire perché, se vogliamo essere una collettività degna di dignità, non possiamo più continuare a ignorare questa ferita che lacera la nostra umanità e la riduce in brandelli di individualismo e di egoismo. Non possiamo più procrastinare e fare finta di sdegnarci per poi ritornare alle nostre vite come se nulla fosse accaduto.
Questo è quello che abbiamo fatto fino ad adesso, imprigionati in una vergognosa e dissonante incongruenza tra reazione collettiva e indifferenza individuale. Trascinati dall’onda mediatica, puntualmente abbiamo urlato il nostro sdegno in decine e decine di commenti sui social, però poi, spentosi il ribollio di protesta, tutti ci siamo voltati dall’altra parte e abbiamo ripreso la nostra quotidianità relegando in un angolino il nome dell’ultima vittima.
Ma questa volta è diverso, perché oltre alla solita indignazione, una rabbia potente ha caratterizzato le migliaia di attestazioni di solidarietà e di vicinanza, una rabbia che è espressione forte e manifesta di un disagio pressante e opprimente.
Siamo usciti dalla cornice dorata della nostra comoda individualità tutti, nessuno escluso, donne e uomini, poiché per troppo tempo siamo rimasti rintanati nel nostro piccolo universo quotidiano e abbiamo zittito la nostra coscienza scaricando la nostra responsabilità alla società, al sistema che non si può scardinare, pur di non ammettere la nostra colpevole ignavia, pur di non riconoscere che, giorno dopo giorno, viviamo come isole, separati dall’immenso mare dei nostri bisogni egoistici.
Questo ennesimo femminicidio ci ha posti di fronte alla amara consapevolezza che non sono solo le nostre azioni a sortire un impatto sociale ma anche e soprattutto le nostre non azioni.
Ed è inutile nascondere la testa sotto terra come struzzi e negare, con l’arroganza tipica del maschio ottuso, l’esistenza di comportamenti sessisti o liquidarli come populismo femminista, così come hanno affermato, in questi giorni, tutti quegli uomini che hanno paura di dover ammettere di aver fallito e che, per deresponsabilizzarsi, non hanno trovato altro modo che dire che di tutta un’erba non si può fare un fascio senza però rendersi conto, che anche loro fanno parte di questa stessa erba e che il voltarsi dall’altra parte significa giustificare le violenze dei pochi che invece rappresentano i fili d’erba da estirpare.
Che poi se si volesse rigirare la medaglia anche noi donne potremmo giustificarci con la stessa scusa, di tutte le donne non si può fare un solo fascio però non tutte fanno populismo femminista ma in tante lottano per il riconoscimento dei propri diritti.
La realtà è che siamo tutti colpevoli in un modo o nell’altro, anche noi donne, sì noi, immerse nella stessa pozza di acqua stantia, che, cresciute all’interno di questa cultura impregnata di maschilismo, continuiamo a reiterare comportamenti tipicamente maschilisti nell’educazione e a sottovalutare i comportamenti sessisti dei figli maschi, sorridendone e scambiandoli per fiera espressione di mascolinità.
Invece di nasconderci dietro a scuse banali che non portano a nulla se non a esacerbare gli animi e a trasformare la possibilità di un dialogo reciproco in una guerra tra sessi, dovremmo preoccuparci tutti, donne e uomini, dei nostri ragazzi poiché sono spesso loro ad aver sviluppato comportamenti possessivi e ossessivi, come evidenziato dagli ultimi sondaggi.
Questi comportamenti ci pongono di fronte ai nostri errori, noi, donne e uomini, non siamo stati capaci di trasmettere una cultura improntata al rispetto e alla parità di genere, noi, generazione precedente, non siamo stati capaci di scrollarci di dosso il peso del nostro retaggio patriarcale, distratti dalla nostra insensata corsa verso una realizzazione effimera, improntata sull’apparire.
Questa volta non lasciamo che il rumore fatto si spenga soffocato dalla nostra indifferenza individualistica. Non lasciamo che rimangano solo delle belle parole e che nella realtà dei nostri giorni, niente cambi veramente e che gli uomini continuino a tenere ben stretti i propri posti di potere e le donne i loro posti di lavoro pagati meno di quelli degli uomini.
E mentre tutto questo accade, noi continuiamo a dirci che è tutta colpa del sistema, della società, in modo da rassicurarci e dormire, ogni notte, sonni tranquilli.