L’incidenza della consuetudine accademica nella dimensione individuale
“Come vedi il tuo futuro?”, il seguente quesito si pone come fondamenta dell’indagine nazionale 2023 svolta dal Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD.
Lo studio ha permesso di attenzionare le condizioni verso le quali vertono i tormentati giovani animi e il loro, inequivocabilmente cagionevole e tentennante, avvenire.
Stando agli studi svolti dalla fondazione Openpolis è di natura incontestabile la bassa incidenza di laureati nella popolazione adulta e le implicazioni che il fenomeno comporta.
Recentemente si è palesata la relazione che lega l’aumento dell’acquisizione del titolo di studio al diminuire dell’incidenza della povertà assoluta.
Concetto che per quanto possa apparire scontato nella risoluzione del problema è ancora persistente e si presta al ruolo di nemesi.
Basti pensare alla rilevanza che la condizione sociale di partenza assume nella semplicistica iscrizione presso l’ateneo.
Dinamica ripetutamente correlata a una vulnerabilità sociale, di natura consuetudinaria nel patrimonio ereditario generazionale odierno, che si agghinda sotto mentite sfoglie di ordinarietà.
Tale precarietà, nota al vivere comune, si fa carico del ruolo di movente nell’individuale scelta di perfezionare il grado di istruzione.
Assodata è ordunque la rilevanza che acquisisce il titolo di studi del genitore nel proseguimento accademico della prole, in virtù della scontata consapevolezza della correlazione che sussiste tra l’assenza di diploma da parte delle figure genitoriali e l’incremento dell’abbandono o dell’addirittura mancata iscrizione presso l’istituzione universitaria.
Consolidato è quindi l’esemplare valore che l’operato di maturati individui può avere nella risoluzione della povertà educativa.
Fondamentale sarebbe indagare il divario che perdura tra la “povertà educativa” e l’aberrante malattia, quale è l’incultura, che va diffondendosi tra le menti assorte nel fior degli anni.
Possa il fascino della cultura essere stato estirpato da una modifica dei valori del singolo?
Che la costituzione identitaria argomentata da Michela Marzano al Festivalfilosofia 2024 sia divenuta vittima dell’omologazione?
Un’omologazione talmente radicata da far vacillare l’utopia caratteristica della fanciullezza.
“altrettanto fragili e insicuri, sono drogati da un successo tanto dirompete quanto effimero che tentano disperatamente di mantenere alzando l’asticella delle loro performance fino all’inevitabile overdose fatale”.
Una realizzazione che vede il suo senso sgretolarsi perchè nutrita di un’assoluta doverosità nei riguardi del compiacimento altrui.
Quanto avrà da insegnare l’acquisizione del diploma sulla capacità di attuare un totalitario individualismo?
Una simile descrizione non dovrebbe stimolare gli intelletti nella constatazione di un malessere giovanile, fomentato da aspettative, scaturite a loro volta da un indottrinamento comunitario?
“certe volte sulla base delle aspettative altrui, si finisce col perdere di vista se stessi”.
E se le deluse aspettative fossero le nostre?
Il turbamento che genera l’ipotesi di incorrere nell’alienazione lavorativa è una nota ipotesi.
Il timore di una insoddisfacente carriera, dato il circondario entro il quale ci si orienta, è talmente sentita nelle generazioni odierne da spingerli a valutare un trasferimento presso le metropoli con un’incrementata offerta di lavoro.
Ultima conferma di ciò sono le percentuali che asseriscono che solo il 34% degli adolescenti intende rimanere a vivere nel paese natale.
Ulteriore costatazione della delicata faccenda, la quale gode di una cosi totale ragione da sbeffeggiare i dubbiosi, è assodata dal trasferimento dei tanto adorati laureati presso le capitali.
Gli stessi borghi entro i quali l’illusione di una piena realizzazione personale non sembra ridursi a una pura visione onirica e le province, limitative nel loro essere, non divengono oggetto neanche di una velata rievocazione da parte della psiche.
Siamo dunque di fronte un’Italia, soggetta all’aumento dei flussi migratori, imputabile di manchevoli prospettive future, che permettono di scagionare l’istituzione accademica per la sua mancata sollecitazione nei riguardi dei discenti.
Stando a quanto sancito ci si dovrebbe domandare se i colpevoli all’interno di questa burrascosa situazione sono i giovani, che in quanto tali godono ancora di un’immoderata e sagace dose di immaturità, o le istituzioni che hanno lasciato decorrere la vitalità giovanile in virtù di una tortuosa scalata al successo e ora raccolgono frutti privati di passione e consapevolezza di sé.