Spettacoli

L’incanto di Caikovskij al Teatro Massimo “Bellini”

Nei giorni scorsi il Teatro Massimo “Vincenzo Bellini” ha ospitato il balletto “Il lago dei cigni”, quattro atti e quattro scene, con la musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij, da Marius Petipa e Lev lvanov. Corpo di ballo e solisti dell’Opera and Ballet State Theatre di Tbilisi diretto da Nina Ananiashvili, già prima ballerina del Bolshoi di Mosca. Interpreti principali: Nino Samadashvili/ (Odette/Odile), Daler Zaparov (Siegfried), Marcelo Soares (Rothbart). Libretto di Vladimir Begichev e Vasil Heltzer. Coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov. Versione coreografica e messa in scena di Alexey Fadeechev. Direttore d’Orchestra: Papuna Gvaberidze
Scenografia: Vyacheslav Okunev. Luci: Steen Bjarke. Assistenti al coreografo: Tatiana Rastorgueva, Ekaterina Shavliashvili. Direttore della compagnia di balletto: Nina Ananiashvili. Orchestra e Tecnici del Teatro Massimo Bellini.
Serata magica al “Bellini”’ grazie allo storico Corpo di Ballo dell’Opera di Stato di Tbilisi (Georgia), fondato nel 1851.
Composto tra l’agosto 1875 e l’aprile 1876 ‘Il lago dei cigni’ di questa sera, primo dei tre balletti di Čajkovskij (la prima esecuzione al Bol’šoj è del 20 febbraio 1887), fa riferimento al revival scelto da Marius Petipa e Lev Ivanov per il Balletto Mariinskij, e presentato la prima volta il 15 gennaio 1895 al Teatro Imperiale Mariinskij di San Pietroburgo.
Sarebbero seguiti nella produzione del Nostro ‘La bella addormentata’ (1890) e lo ‘Schiaccianoci’ (1892).
La nuova versione coreografica di Catania, voluta da Aleksej Fadeechev nel 2005 e rivisitata anche musicalmente, è andata in scena, per la prima volta all’Opera di Tbilisi l’11 marzo 2016.
La tragica storia di Odette trasformata, insieme alle compagne di sventura, da un maleficio del mago Rothbart, in cigno per tornare fanciulla solo la notte e del principe Siegfried, che la ama e potrebbe salvarla sposandola, trae spunto da antiche fiabe russe e tedesche.
Tra le differenti versioni del finale, in questo allestimento si è scelto il lieto fine.
Per i protagonisti, personaggi volutamente positivi, l’amore trionfa sull’inganno e sulla morte dettata dal crudele incantesimo: sparite le piume del cigno i due giovani possono finalmente unirsi nell’anima e nel corpo.
La variante ‘positiva’ della conclusione fu suggerita, dopo la scomparsa di Čajkovskij, dal fratello Modest.
Dopo la Rivoluzione russa, specie nel periodo stalinista, si rafforzò l’esigenza degli eroi positivi e prevalse il lieto fine: dopo un combattimento Siegfried sconfigge il mago e Odette riprende le sue sembianze umane coronando il proprio sogno d’amore.
Quando componeva questo primo balletto, il trentacinquenne Čajkovski era nella sua piena maturità.
Preferendo la musica agli studi giuridici voluti dalla famiglia aveva da tempo formato un suo bagaglio culturale nel campo della composizione musicale.
Alla passione adolescenziale per Mozart (“a Mozart sono debitore della mia vita dedicata alla musica”), aveva aggiunto la sua ammirazione per Bizet e Wagner giungendo a miscelare tradizioni russe – specie ucraine – e musica classica senza tuttavia aderire al nazionalismo musicale del ‘Gruppo dei Cinque’.
Čajkovskij fu comunque determinante per l’influenza russa nella storia musicale europea: la sua melodia aveva uno spirito cosmopolita, la sua arte un respiro internazionale.
Tra il 1874 e il 1875 aveva già realizzato uno dei suoi pezzi più celebri, il “Concerto n. 1 in Si bemolle minore op. 23”.
Quella personalità emotiva con punte di morbosità che tutta la bibliografia ha sottolineato si rivelava anche nella sua complessa vita privata.
Lacerante era stato il dolore per la morte della madre, conflittuale il vissuto della sua omosessualità che lo portò ad un brevissimo matrimonio ‘paravento’ con Antonina Milyukova (“dal punto di vista fisico, mi è diventata assolutamente ripugnante… avrei potuto strozzarla”), seguito da un tentato suicidio.
Strano anche il pluriennale rapporto epistolare (proibito qualunque contatto fisico!) con la sua generosa mecenate Nadezhda Filaretovna von Meck che gli avrebbe permesso di vivere serenamente la sua arte e di intraprendere numerosi viaggi in Europa e specialmente in Italia
All’inizio dell’ultimo anno di vita dopo un tour concertistico, iniziava la stesura della sua ultima sinfonia, ‘Patetica’, la cui ‘prima’ avvenne il 16 ottobre 1893 a San Pietroburgo e che fu definita il suo Requiem.
Nove giorni dopo il musicista moriva in circostanze rimaste ancora oggetto di dibattito.
Čajkovskij si ammalò di colera? Si suicidò? o addirittura fu costretto ad avvelenarsi?
Quest’ultima ipotesi prende corpo da una ipotetica denuncia allo zar per il rapporto amoroso del musicista con il giovane rampollo di una famiglia aristocratica ((la legge prevedeva la perdita di ogni diritto e l’esilio in Siberia per questo “delitto”!).
Pare che un giurì d’onore decidesse che la lettera di denuncia sarebbe stata ritirata se il musicista avesse accettato di assumere un veleno per salvare familiari e amici dal ‘disonore’. Le vere cause rimangono comunque avvolte nel mistero. Madame von Meck morì due mesi dopo.
“Il lago dei cigni” è da oltre un secolo un’icona di drammaturgia romantica, di rigorosa danza accademica che si manifesta nella carica interpretativa e nella tecnica impeccabile dei primi ballerini e dello straordinario Corpo di Ballo composto da ben nove nazionalità.
Se a questo aggiungiamo la scenografia ultra-classica (finalmente!) con i suoi candidi tutù, il dettaglio dei particolari e la spettacolarità dell’insieme possiamo comprendere come le vicende di Odette e di Siegfried abbiano potuto incantare, ancora una volta, sulle note del grande compositore russo, un pubblico attento, commosso, immerso nella magia della fiaba e generoso di ricchi e calorosi applausi.

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