Spettacoli

L’incanto della “Trilogia dell’estasi” al Teatro Massimo ‘Bellini’

In scena al ‘Bellini’ il balletto “Trilogia dell’estasi”, su musiche di Claude Debussy (Après-midi d’un faune), Maurice Ravel (Boléro), Igor’ F. Stravinskij (Le Sacre du Printemps) e altri autorei.
Una realizzazione della Compagnia Zappalà Danza. Ballerini: Samuele Arisci, Faile Sol Bakker, Giulia Berretta, Andrea Rachele Bruno, Corinne Cilia, Filippo Domini, Laura Finocchiaro, Anna Forzutti, William Mazzei, Silvia Rossi, Damiano Scavo, Thomas Sutton, Paola Tosto, Alessandra Verona, Erik Zarcone. Coreografia, regia, scene e luci: Roberto Zappalà. Drammaturgia: Nello Calabrò. Assistente alle coreografie: Fernando Roldan Ferrer. Costumi Roberto Zappalà in collaborazione con Veronica Cornacchini. Realizzazione costumi: Majoca. Realizzazione scene: Peroni S.p.a..Direttore allestimenti scenici; Arcangelo Mazza Goatmask, Giada Russo Art Atelier. Direzione tecnica: Sammy Torrisi. Direzione generale: Maria Inguscio. Direttore d’orchestra: Vitali Alekseenok. Orchestra e Tecnici del Teatro Massimo Bellini.

Lo spettacolo nasce da una co-produzione tra Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza Centro di Rilevante Interesse Nazionale, Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (Firenze), Centre Chorégraphique National de Rillieux-la-Pape (Lione), Fondazione I Teatri (Reggio Emilia), MilanOltre Festival (Milano),Teatro Massimo Bellini (Catania), in collaborazione con Fondazione Teatri di Piacenza e Fondazione Ravenna Manifestazioni e con il sostegno di MiC Ministero della Cultura e Regione Siciliana Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo.
Catanese d’origine (classe 1961) Roberto Zappalà -di robusta formazione classica approdava negli anni ’80 alla danza contemporanea – è oggi direttore regista, artistico e coreografo principale della compagnia Zappalà Danza, una realtà del settore tra le più importanti in Italia, che egli stesso ha fondato proprio nella sua città nel 1989.
È anche responsabile dell’ideazione di Scenario Pubblico, aperto nel 2002 sempre a Catania, uno dei quattro Centri Nazionali di Produzione della Danza riconosciuti dal MIBACT nel 2015, un centro coreografico europeo punto di riferimento nel Sud Italia.
Il multipremiato artista ha sviluppato nel tempo un linguaggio coreografico denominato MoDem, acronimo di Movimento Democratico, che attraverso suggestioni filosofiche e movenze anatomiche legate a flussi, controlli ed esplosioni sembra ispirarsi all’attività del vulcano Etna.
Accettando un’intervista per il nostro giornale Zappalà ci ha partecipato la sua grande emozione, dopo il debutto fiorentino di trovarsi con il suo spettacolo in un unico atto proprio nella ‘sua’ città a tradurre in danza queste tre icone della musica, tre coreografie che fanno tremare le vene e i polsi a chi viene dopo grandi interpreti e dopo dieci anni di preparazione in cui cercava di trovare una chiave di lettura originale. Se l’estasi è comunemente legata al piacere, tuttavia si può tradurre in due modi: uno positivo ( amore, sesso, spettacolo) e uno negativo (guerra, violenza…). Nelle tre opere ci sono importanti valori, comportamenti, sensazioni: solitudine, erotismo raffinato, sacrificio, esclusione: le suggestioni che ho voluto trasmettere.
“Il mio invito, continua, è quello di guardare la danza contemporanea con semplicità e godere delle emozioni che ci sta dando…”.
Il direttore Vitali sottolinea le difficoltà affrontate nei tre brani che vengono dal mondo francese (anche il brano russo ha colori francesi) sono brani molto difficili per l’orchestra per le molte sfaccettature…ma l’orchestra è molto professionale… non c’è da pensare ma sentire…”
Dopo il debutto all’86esimo Festival del Maggio Musicale Fiorentino ospitato nella sala Mehta il 30 e 31 maggio scorso, Roberto Zappalà affronta, nella sua Catania, tre grandi composizioni classiche, fortemente evocative e determinanti, a suo dire, per comprendere il percorso musicale e coreografico otto/novecentesco per la prima volta presentate, tutte, nella stessa serata.
Punto focale del lavoro è il concetto di spazio (ristretto, aperto o concluso…certamente simbolico) come “dispositivo scenico” che crea e interferisce, quadro dopo quadro, con la danza e la ‘riflessione’ coreografica ad essa sottesa, ma con l’occhio sempre puntato sulla contemporaneità.
La scena è unica (una metropoli con disegni pop e luci sapientemente gestite che ricorda la street art di Millo) per dare spazio, quasi atemporale -le partiture sono ininterrotte ma legate da silenzi o da brani Techno Party (Tujamo, Vinne & Murotani) – alle complicate relazioni umane che caratterizzano i rapporti di ogni tempo; ma in quell’atmosfera innovatrice, fantastica, e liberatrice che è propria del coreografo.
Chiara è l’evocazione di Kubrick (“Eyes wide shut”) nella pulsione erotica de “L’après midi d’un faune”, di Claude Debussy (1862-1918), uno dei massimi protagonisti di un simbolismo musicale che risente della frequentazione amicale del musicista con i ‘poeti maledetti’ e al contempo dell’impressionismo musicale e delle suggestioni wagneriane.
Fortemente sentita e trasmessa al pubblico è anche la sensualità e la libidine del “Bolero” (ricordate Lelouch?), di Joseph Maurice Ravel (1875-1937), spesso collegato all’impressionismo e considerato negli anni Venti il più grande compositore vivente della Francia, ma che del su Bolero diceva: «come è possibile che questo brano sia così amato, quando in realtà non c’è musica… non c’è forma propriamente detta, non c’è sviluppo, non c’è quasi modulazione»
Come ‘scandaloso’ infine è percepito il sacrificio della giovinetta consacrata alla ‘rinascita’ della primavera del “Sacre du Printemps” di Stravinskij (1882-1971), il musicista neoclassico che si pregiava di reinventare il genere musicale del balletto. Di lui diceva Debussy: “Da vecchio, sarà insopportabile… ma per ora è straordinario!”
L’intera trilogia diventa lo spunto per l’esplosione di un grande ‘saba’, magnificamente e virtuosamente ideato e interpretato tra misteri ancestrali e verità sempre attuali.
Sembra qui emergere una forza selvaggia, primordiale e insieme moderna e libera con rimandi alla struttura contemporanea: l’inquietudine del presente, la maschera sociale, le pulsioni represse, la solitudine.
Alla fine della partitura stravinskjiana cade finalmente la rete sospesa quasi a pacificare i contrasti alla ricerca di un’armonia, anche se imperfetta.
Uno spettacolo coinvolgente, questo di Roberto Zappalà, che invita, in conclusione, a riflettere sulle contraddizioni della società contemporanea attraverso il linguaggio drammatico e selvaggio del coreografo catanese, profondamente ‘siciliano’ e al contempo intensamente universale.

Video e foto di Lorenzo Davide Sgroi

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