Cultura

Libri, il fascino di “Nino Martoglio, il moschettiere del Cinema”

Franco La Magna, dopo averci narrato la Catania del Muto  ne “La Sfinge dello Jonio e altri saggi”, finisce, ricostruendo la carriera dello sceneggiatore e regista, di comporre il puzzle di quel mondo affascinante aggiungendo anche quel che oggi chiameremmo gossip.  Un libro imperdibile per chi ama il Cinema e la Sicilia.

Non c’è che dire! Siamo proprio nel secolo delle più strabilianti meraviglie, anzi si potrebbe dire delle stregonerie addirittura!”. 

Con queste parole Nino Martoglio, sulla sua rivista  satirico-politico-letteraria DArtagnan, annunciò, nel dicembre del 1896, l’arrivo nella città etnea di quel cinematografo che l’aveva subito ammaliato. E da quest’episodio prende l’avvio la vicenda narrata da Franco La Magna in Nino Martoglio, il moschettiere del Cinema, un nuovo libro della Algra Editrice in cui l’autore, dopo La Sfinge dello Jonio e altri saggi sulla Catania del Muto, ci sorprende ancora ponendoci sotto gli occhi tasselli che compongono il puzzle di un mondo affascinante e ancora, per molti versi, sconosciuto.

La Magna, storico del cinema e critico cinematografico, in questo saggio per larghi tratti piacevole e leggibile come un romanzo, descrive l’intera carriera cinematografica di Martoglio dalla collaborazione da sceneggtiatore con la Cines alla fondazione, a Roma, della Morgana Films fino alle regie dei film muti, sottolineando la trascinante capacità del Moschettiere di coinvolgere scrittori della statura di Verga, Capuana, De Roberto, Pirandello, Rosso di San Secondo.

Per la Cines scrisse nel 1913 soggetti e sceneggiature – Il gomitolo nero un “dramma sensazionale a forti tinte”, Il tesoro di Fonteasciutta, antesignano dell’horror, e Il salto del lupo, ambientato a Catania, a Torre del Grifo. Dello stesso anno, promosso regista, dirige ne Il romanzo, una delle grandi dive del muto, la messinese Pina Menichelli.

Dal libro emerge il forte legame tra Martoglio e la sua Catania, della quale magnifica al barone Fassini, dg della Cines, le location: “ho tutto quanto occorre per il successo e dei migliori […] ville, palazzi, bastimenti […] attori eleganti come tanti Dandy […] mobili e arredi, paesaggi sublimi […] l’Etna e l’Ionio […] per di più concessione municipale di un terreno stupendo nella Plaia, tra il mare e il boschetto.

Ma poiché la proposta resterà lettera morta, nel gennaio del 1914 Martoglio rifonderà a Roma, dopo quella, fallimentare, abbandonata a Catania, la Morgana Films. Un rilancio in grande stile: sarà infatti reclutato, per l’astronomico compenso di centomila lire, l’inarrivabile attore catanese Giovanni Grasso.

Nino Martoglio cominciò così nel 1914 dirigendo, in coregia con Roberto Danesi, Capitan Blanco, tratto dal suo lavoro teatrale U Paliu. Poi venne il meraviglioso Sperduti nel buio, del quale il Moschettiere scrisse la sceneggiatura insieme all’autore del dramma, Roberto Bracco: il film sarebbe stato definito da Mario Gromo nel suo Cinema italiano, “l’opera più importante e significativa del nostro verismo cinematografico di quegli anni“.

Rimasto solo dopo la morte improvvisa e prematura di Danesi nel 1914, Martoglio diresse Teresa Raquin di Zola, ultima, straordinaria prova di Giacinta Pezzana, grande attrice teatrale poi  sepolta, per sua volontà, ad Acicastello, borgo in cui aveva vissuto gli ultimi anni.

E il puzzle di quel mondo affascinante cui accennavamo all’inizio viene completato da quel che oggi chiameremmo gossip: le liti giudiziarie tra i cugini Giovanni Grasso sull’uso del nome, o quel che La Magna ironicamente definisce “lo stupefacente capolavoro estetico-giuridico“ del Tribunale di Milano quando giudicò corretta l’interruzione del contratto per altri quattro film da parte della meneghina Cinema Drama ad Angelo Musco.

I magistrati bollarono infatti di “incapacità fotogenica” Musco e  Martoglio. Ma sarebbero stati smentiti dai fatti: dal 1932 al 1937, prima della prematura morte, Musco avrebbe interpretato con successo ben dieci film. Tra questi L’aria del continente (1935) diretto da Gennaro Righelli, che segnò la ripresa “sonora“ di film tratti dall’opera letteraria di Martoglio.

Infatti, anche dopo la sua tragica scomparsa – nel 1921 a Catania morì cadendo nella tromba di un ascensore dell’Ospedale Vittorio Emanuele – la serie dei film martogliani non si esaurì. Al 1940 risale Troppo tardi t’ho conosciuta, tratto dalla commedia Il divo, in cui il Moschettiere prendeva in giro il cognato, cantante d’opera, e tre anni dopo divenne film Sempre più difficile, dal cavallo di battaglia teatrale Sua Eccellenza di Falcomarzano. Testo che, a detta di alcuni, avrebbe poi ispirato un film del 1974 interpretato da Turi Ferro e diretto da Paolo Cavara: Virilità.

Il libro contiene infine interessanti notazioni storico-politiche: negli anni dell’ascesa del fascismo, in “un Paese stremato su cui tra poco facile gioco avranno a suon di manganelli le garrulanti camice nere”, afferma La Magna, il Moschettiere rilevava l’allarmante diffusione di film conditi da inni nazionali, uniformi del nostro esercito e gesta da esso… inventate, nella maniera più goffa e idiota”.

L’Autore fa il resto puntando l’indice contro “l’impostazione ottimistica, scanzonata, convenzionale, ridanciana, strapaesana e folclorica” nella quale la “demagogia mussoliniana … relegò colpevolmente la Sicilia”.

Il volume si conclude con una ricchissima e affascinante raccolta iconografica – locandine, foto di scena e non, dipinti e disegni – che rende una volta di più “Nino Martoglio, il moschettiere del Cinema”, un libro imperdibile per chi ama il Cinema e la Sicilia.

O entrambi.

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