Cultura

Letteratura Italiana: Verga e la critica letteraria

Uno dei critici verghiani poco conosciuti al grande pubblico é stato senza dubbio il prof. Ermanno Scuderi, che già nel 1937 sul quotidiano catanese “II popolo di Sicilia” poneva l’accento su uno dei maggiori argomenti di discussione del nostro tempo: Ia critica su Verga.

Egli citava in un suo breve articolo il volume di Edmondo Hho, “La Nuova Italia”, 20 novembre 1934 che “anche di fronte al Verga” la critica italiana ha dato prova di maturità.

Ermanno Scuderi coglie |’occasione per citare a sua volta che “ingegni maturi e fini si siano accostati aIl’opera del Verga per intenderla — basterebbe citare i nomi del Croce, del Russo, del Momigliano, del Tonelli e di qualche altro…” per compiere una disamina interessante su quanto scritto fino al 1937. Ecco le motivazioni.

“II Croce, che scriveva nel 1903, traccia le Iinee fondamentali, le caratteristiche essenziali de||’arte verghiana, affermata |’unita e l’originalità di essa ne intuì la perfezione in quella “potente unita d’impressione dei Malavoglia di cui colse la “spiritualità” del nodo ispiratore”. Per Ermanno Scuderi il saggio del Croce “voleva essere, ed è veramente, una orientazione, una guida per lo studio dell’arte verghiano”; insomma Croce aveva dato il via all’impegno del critico Ietterario di fronte alla grande opera, anche se — in verità — il Croce non prese mai in considerazione (e non poteva essere altrimenti…) la seconda grande opera del Verga, vale a dire il “Mastro don Gesualdo”, impossibile da comprendere appieno nel 1903.

II secondo critico esaminato dallo Scuderi é Luigi Russo, affermando che “…titubanze e divagazioni impedirono al Russo di percorrere in fondo la via già magistralmente aperta dal Croce”. E continua “…si lasciò sviare, nel precisare il nodo poetico del romanzo, dalle dichiarazioni fatte dall’autore nella sua prefazione”. Ma il tono della polemica si inasprisce quando il prof. Scuderi, citando il Russo, non accetta minimamente le sue asserzioni in cui si parla di “arte provinciale” e “mondo dialettale di affetti e di ispirazioni” e cosi conclude:”…il Russo ha penetrato molti lati dell’anima e dell’arte verghiano, ma non si può affatto nascondere il carattere contradditorio ed evasivo dei suoi giudizi.

Successivamente in questo articolo Scuderi, con piglio e giusta fermezza, esamina un volume di Attilio Momigliano “G. Verga narratore”, 1923 definendo il tono complessivo del volume di carattere “requisitorio”.

Vediamo il perché. Momigliano affermava: “E’ un narratore senza vena. Gli manca quella che si dice la felicità dell’ispirazione. Nato da un popolo cosi eloquente, non conosce affatto l’eloquenza. C’é nelle sue pagine qualche cosa di compresso e di rappreso che non si scioglie quasi mai: una sobrietà soverchia…”. A questo giudizio cosi negativo nei confronti del grande concittadino, Ermanno Scuderi sbotta: “…non so proprio spiegarmi come mai il Momigliano , che é tanto scrupoloso, per altro, si sia potuto decidere a divulgare un giudizio di cui egli stesso non era sicuro, con un tono, per giunta, che io non ho esitato a definire requisitorio…”.

Ermanno Scuderi non molla la preda ed insegue con passione e rabbia critica le tesi del Momigliano, affermando che il suo giudizio é “…troppo severo, troppo sbrigativo e, quel che più é da notare, non confortato da alcuna dimostrazione…”. Insomma, Scuderi ha centrato l’obiettivo, tanto che successivamente nello stesso articolo cita Natale Busetto nel volume “L’opera e l’arte di G. Verga” (Archivio Storico per la Sicilia Orientale 1932), in cui il Busetto ha “…confutato brillantemente le gratuite asserzioni del Momigliano circa la “povertà” del mondo poetico verghiano e circa la “discontinuità” dell’espressione poetica del Verga.

A conclusione dell’articolo Ermanno Scuderi pone il dito nella piaga (siamo nel 1937) affermando che “…da questa rapida rassegna credo debba emergere chiaro il senso della “insufficienza” della critica verghiana , e insieme il senso della necessita di una nuova critica verghiana che, scevra di preconcetti teorici e pratici, si cali a penetrare l’anima e l’arte verghiana, e ne stabilisca con cautela ma anche con sicurezza, il significato e il posto nel quadro della letteratura italiana e in quello, più vasto, della “Weltliteratur”.

Dunque, il prof. Ermanno Scuderi aveva già posto “in fieri” nel 1937 quali sarebbero stati, negli anni futuri, le problematiche e le tematiche da sviluppare intorno alla figura del grande scrittore catanese, al di fuori ed al di sopra degli schemi e dei preconcetti di chi non ha saputo valorizzare per tempo il “mondo degli umili e dei diseredati” di Giovanni Verga.

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