L’eterno ritorno dell’autoritarismo: antropologia di un’umanità autolesionista

«L’uomo è condannato a essere libero» scriveva Sartre, eppure la storia dimostra come sistematicamente l’umanità tenti di evadere da questa condanna attraverso un meccanismo antropologico tanto antico quanto paradossale. L’attuale panorama geopolitico, dall’Occidente illiberale alle teocrazie post-moderne, dai nazionalismi revanscisti ai neocomunismi autoritari, rappresenta l’ultima manifestazione di quello che potremmo definire il “complesso di Crono” delle società umane: la pulsione a divorare i propri figli politici dopo averli generati. L’analisi sociologica deve muovere da un dato incontrovertibile: le culture umane oscillano permanentemente tra pulsione egalitaria e istinto gerarchico, come magistralmente dimostrato da Dumont nel suo “Homo Hierarchicus”, dove si evidenzia come ogni comunità costruisca narrazioni mitopoietiche per giustificare l’ordine esistente.
Il caso israeliano rappresenta un paradigma perfetto di questa dialettica, dove la memoria traumatica della Shoah invece di tradursi in un’etica universalista ed empatica si è cristallizzata in un particolarismo difensivo che replica esattamente i meccanismi di esclusione subiti, realizzando quella che Girard avrebbe definito una perfetta “crisi mimetica” del conflitto. La rivoluzione bolscevica e la sua degenerazione staliniana incarnano invece la trappola hegeliana della “negazione della negazione”, dove il movimento liberatorio si autofagocita generando mostri ancora più voraci, come analizzato da Arendt nelle “Origini del totalitarismo” – opera fondamentale che analizza come i regimi totalitari moderni abbiano sviluppato forme inedite di dominio attraverso la distruzione sistematica della realtà e la creazione di universi paralleli di propaganda.
La Russia putiniana completa questo ciclo con una sinistra eleganza dialettica: il post-comunismo ha partorito un regime che è la sintesi perfetta tra dispotismo zarista e burocrazia sovietica, dimostrando come le società post-rivoluzionarie soffrano di quella che potremmo definire “sindrome del vuoto sacro”, dove la demolizione delle vecchie istituzioni crea un’ansia di gestione del caos che solo un nuovo culto – laico o religioso – può colmare. Bauman aveva intuito questa contraddizione nella modernità: più la società si libera dalle vecchie regole e tradizioni, più la gente sente il bisogno di nuove sicurezze, di nuove “catene”. È come se, senza punti di riferimento, l’uomo avesse paura di troppa libertà e cercasse qualcosa a cui aggrapparsi. Durkheim, un grande sociologo, chiamava questa situazione anomia: un caos sociale in cui le vecchie norme non valgono più e quelle nuove non sono ancora chiare. E questa confusione può portare a scelte pericolose, come affidarsi a leader autoritari che promettono ordine a tutti i costi.
Anche le neuroscienze cognitive offrono oggi una chiave interpretativa inedita: troppe scelte e troppa confusione e complessità, unitamente all’ignoranza e alla poca comprensione dei fenomeni, spingono le persone a cercare risposte facili, e i politici populisti, da Trump a Viktor Orbán o da Erdoğan a Narendra Modi, approfittano di questa confusione, offrendo soluzioni semplici (e spesso ingannevoli) a problemi complicati, dividendo il mondo in fazioni, in buoni e cattivi. L’avvento dell’informazione virtuale globalizzata crea un paradosso antropologico senza precedenti: mai l’umanità ha avuto accesso a tanta conoscenza, mai è stata così vulnerabile alla disinformazione, come dimostrano gli studi del MIT sul “negazionismo algoritmico”.
Forse la risposta sta nell’ammonimento di Adorno: «La libertà non sta nella scelta tra bianco e nero, ma nella capacità di sottrarsi a questa scelta prescritta». Ma qui si cela l’ultimo paradosso: le società che sviluppano anticorpi critici sufficienti a resistere all’autoritarismo sono le stesse che, saturandosi di benessere e sicurezza, smarriscono la memoria della necessità di questi anticorpi. Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza, ma in un’epoca di overdose informativa, chi ha ancora la capacità di pagarlo?
Bibliografia essenziale:
- Arendt, H. “Le origini del totalitarismo” (1951)
- Dumont, L. “Homo Hierarchicus” (1966)
- Girard, R. “La violenza e il sacro” (1972)
- Han, B.-C. “Psicopolitica” (2014)
- “MIT Study on Algorithmic Negation” (2022)
- Jean-Paul Sartre “L’esistenzialismo è un umanismo” (1946)
- Theodor W. Adorno “Minima Moralia” (1951)
- Zygmunt Bauman “Modernità liquida” (2000)
- Émile Durkheim “Il suicidio” (1897)