Le Defixiones: la fattura del passato
“Lego Zoryon figlio di Mymbyr presso Persefone e presso i morti deprecati… lego nel piombo lui, la sua facoltà intellettiva e la sua anima affinché non possa parlare, lego lui nel piombo e la sua stessa saggezza e la mente e l’anima…”
Defixiones giudiziaria,III secolo a.C. . Museo archeologico di Marsala
Il Male ha sempre esercitato il suo potente fascino e ha mantenuto inalterato il suo dominio sugli uomini, per questo esso ha impregnato, sin da tempo immemore, la cultura sotterranea della nostra isola.
La pratica della Fattura non è un artificio recente, essa affonda le sue origini in antiche pratiche rituali che, in Sicilia, terra di incontro di credenze e religioni, nei secoli si sono fuse in un unico sincretismo culturale popolare.
Nell’antica Sicilia greca era già diffusa questa pratica occulta che poi fu utilizzata anche tra i romani. Lo stesso storico romano Plinio il Vecchio scrisse che “Non c’è nessuno che non tema di essere maledetto con preghiere sinistre”.
Nella nostra isola, il Male manifestava sé stesso attraverso le Defixiones.
Delle piccole lamine metalliche con sopra incise delle maledizioni.
Il termine deriva dal latino defigere che significa trafiggere, (in greco invece si usava il verbo katadeo : lego verso il basso) in quanto la pratica consisteva nel penetrare la lamina con dei chiodi in modo tale da produrre sulla vittima dei danni sia a livello fisico che mentale. E, mentre si conficcavano i chiodi, si invocavano le forze oscure per conferire maggiore efficacia alla maledizione.
Sulla lamina arrotolata su se stessa, veniva scritto il nome di colui a cui si voleva far del male o, in molti casi, un vero e proprio testo che esplicava la maledizione.
Completato il rito malefico, la tavoletta inchiodata veniva nascosta sotto terra, in quanto si credeva che in questo modo avrebbe potuto comunicare direttamente con gli Inferi.
Molte di queste Defixiones sono state ritrovate presso cimiteri o santuari ma anche dentro pozzi, acquedotti, fontane e fiumi poiché all’acqua erano attribuiti particolari poteri di connessione con il mondo infernale che si riteneva fosse sotto terra. A volte però venivano nascoste anche nei posti dove lavorava la vittima o seppellite vicino alla sua stessa abitazione.
Le più antiche Defixiones sono state ritrovate in Sicilia e risalgono al VI-V secolo a.C. ed erano così diffuse che la nostra isola insieme all’Attica fu il principale centro di produzione di questi manufatti di magia nera. Ma poiché il Male affascina e soggioga, esse si propagarono in tutto il Mediterraneo, in Italia fino alla Gallia.
A dimostrazione che l’animo umano, in ogni epoca, si è sempre lasciato dominare da sentimenti di invidia e di odio, dalle Defixiones ritrovate, è evidente che questa pratica di magia nera veniva fatta per i motivi più svariati: per amore, per motivi di concorrenza in ambito commerciale, per rivalità in campo artistico o in occasione di processi.
Come quelle che provengono da Selinunte ritrovate presso il santuario Malophoros.
Esse sono delle Defixiones giudiziarie, fatte per provocare la dimenticanza dei testimoni o la confusione mentale dell’avvocato o del giudice, durante lo svolgimento del processo.
Così come la Defixiones citata all’inizio in cui l’autore, probabilmente uno scriba esperto in pratiche magiche, per evitare una sconfitta processuale, maledice il suo avversario, invoca le forze del male in modo tale che le sue facoltà intellettive si paralizzino e non possa difendersi.
Ma tante Defixiones sono state fatte per vendetta amorosa, dimostrando ancora una volta, che molto spesso l’odio e il rancore si fondono in un nodo indissolubile con l’amore.
A Morgantina ne sono state trovate diverse, di cui tre sono dirette contro una certa Venusta.
Il testo recita “Gea, Ermete, dei inferi accogliete Venusta figlia di Rufo, la schiava”. Dalle parole della maledizione è evidente che questa fattura è stata fatta affinché la donna morisse invocando gli inferi ad accoglierla.
Un altro testo, ritrovato a Messina, è molto più cruento in quanto diretto contro un’altra donna, Valeria Arsinoe, che dopo essere stata denominata cagna e criminale, le si augura che muoia consumata dai vermi e che il suo corpo si putrefaccia.
In un’altra lamina, conservata sempre nel museo archeologico di Marsala, uno spasimante deluso chiede a Ermes e ai Techini, malvagi demoni delle miniere, di accogliere nel regno dei morti Allia e invoca anche Cerbero per indurlo a donarla alla dea Persefone.
Spesso per intensificare la maledizione e aumentare la sua efficacia malefica, nel lato posteriore delle Defixiones, venivano incisi simboli rituali come cerchi concentrici oppure si utilizzava una forma di scrittura rituale a nastro senza andare a capo, scrittura Bustrofedica, in questo modo si rafforzava la pratica della cosiddetta magia simpatetica per cui quando si voleva invocare la distorsione della lingua di una persona, si utilizzava una scrittura distorta.
Tutti questi ritrovamenti sono testimonianze importanti che confermano come il Male abbia sempre tenuto conficcati i propri artigli nell’animo umano, attratto dal lato in ombra di ogni uomo.