L’anima dannata del Cavaliere senza testa
Milazzo cittadina intrisa di storia, fondata dai Greci nel 716 a.C, e luogo di scontro, nel 1860, tra le camicie rosse garibaldine e i Borboni, è rinomata anche per la presenza del suo magnifico castello. Il più grande della Sicilia che, con le sue possenti mura e bastioni di difesa, è considerato uno dei complessi fortificati più significativi d’Europa.
L’antico castello, come un altero gentiluomo del passato si erge fiero sulla pianura circostante e la domina con la sua vetusta bellezza, silenzioso testimone delle glorie di un tempo lontano, sembra vigilare sulla lucida distesa del mare blu acceso. Ed è proprio nel tratto di mare che scorre tra Milazzo e le isole Eolie che le vicende storiche qui avvenute, nel corso degli anni, si sono arricchite di infiniti particolari fino a trasformarsi in un suggestivo racconto popolare che è stato tramandato di generazione in generazione come la leggenda del Cavaliere senza testa.
O meglio la storia del pirata così come la raccontavano gli anziani del posto.
Si narra da tempo una storia di morte che coinvolse un brigante del tempo: Aniello Cuomo di Castellammare di Stabia . Un criminale incallito e pericoloso in quanto si era macchiato di crimini efferati fino a quando non venne arrestato e condannato a morte. Si racconta che venne impiccato e decapitato nel 1817 in una parte della cittadina dove attualmente sorge Villa Vaccarino.
Lo storico Antonino Micale, ha individuato nel grande giardino nelle vicinanze della Villa e sottostante lo storico quartiere degli Spagnoli, il luogo adibito un tempo per le esecuzioni dei criminali, e ha nominato anche il Cuomo tra i giustiziati, confermando così la veridicità storica dell’esistenza di questo brigante, però non ha riportato nessuno dei suoi reali misfatti.
Non ci sono più documenti che possano chiarirlo, storicamente si è accertato solo il luogo in cui avvenivano queste esecuzioni.
Ma secondo i racconti popolari degli anziani questo brigante aveva compiuto numerosi crimini quali omicidi, rapine ed era anche un pirata poiché era solito attaccare le imbarcazioni a vela che transitavano tra le isole Eolie e Milazzo e che riuscivano a trasportare per ogni traversata una ventina di passeggeri circa.
Durante uno di questi viaggi, il Cuomo assalì un’imbarcazione che era salpata da Lipari. Saltò all’interno con il preciso scopo di rubare le merci imbarcate e soprattutto i beni preziosi e il denaro dei passeggeri. Con la complicità della sua ciurma, il pirata derubò tutti, ma per non lasciare testimoni del suo crimine, uccise non solo tutti i marinai ma anche tutti i passeggeri a bordo. Ma non si accorse che una bambina riuscì a nascondersi sotto l’ampia gonna della madre.
La bimba si salvò e, dopo che l’imbarcazione lasciata in balia di se stessa dai pirati, fu sospinta dai venti proprio nel porto di Milazzo, corse a denunciare l’orrore che aveva vissuto. Nonostante la paura aveva visto bene in faccia il pirata assassino, per cui riuscì a descriverlo così bene che subito i gendarmi capirono che si trattava di Cuomo di cui conoscevano bene le sue attività piratesche.
Dopo una ricerca minuziosa riuscirono a catturarlo, lo condannarono subito per la ferocia dimostrata nei confronti dei passeggeri inermi e indifesi e prima lo impiccarono e poi lo decapitarono nel giardino dell’attuale Villa Vaccarino.
E per l’atrocità del suo crimine la sua testa fu gettata su uno scoglio di Capo Milazzo che, da quel momento, viene denominato “scogghiu du ‘mpisu”.
Da quel giorno la sua anima dannata dalla morte violenta non trova pace e vaga derelitta alla ricerca ossessiva della testa brutalmente tranciata.
E nelle notti senza stelle e senza luna, in tanti affermano di avere visto il suo corpo mutilato in sella a un cavallo al galoppo che corre senza freni dal giardino della Villa fino a Capo Milazzo nella speranza di poter ritrovare la sua testa perduta.
In queste notti buie capita di sentire il calpestio veloce degli zoccoli del cavallo, che affondano frenetici nel terreno, mescolarsi alle urla sovrannaturali dell’uomo che grida senza sosta il suo eterno dolore.
Ma la sua pena non si placa, anima demoniaca condannata per l’eternità a cercare la sua testa e a rinnovare ogni notte, attraverso la sua sofferenza, il dolore provocato alle vittime innocenti uccise barbaramente dalla sua spada.
Il cavaliere senza testa di John Quidor