La violenza sulle donne è un problema degli uomini!
Quante volte, subito dopo aver superato il portone di casa, ci siamo guardate intorno sospettose, quante volte camminando per strada abbiamo sussultato quando degli uomini ci sono passati accanto un po’ troppo vicino.
Alzi la mano se esiste una donna che non abbia mai provato questa sensazione di ansia perenne che ci fa stare sempre in allerta per poter essere pronte a fronteggiare una possibile violenza, verbale, psicologica e fisica.
Cari uomini ci avete mai pensato? Sapete che cosa vuol dire vivere in costante stato di allerta?
La violenza di genere di cui siamo vittime non è un problema nostro, ma tutto vostro!
E’ il vergognoso comportamento tenuto da certi maschi che, tronfi della propria stupida mascolinità, credono di poter disporre del corpo della donna a proprio piacimento.
Simone de Beauvor scriveva che “Nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso di un uomo poco sicuro della propria virilità”.
Il vero problema sta tutto qui ed è perfettamente inutile continuare a dire alle donne che cosa fare, di non uscire la sera da sole, di vestirsi in modo più pudico perché non è compito della donna evitare di suscitare le voglie bramose di certi maschi che non sanno tenerselo nei pantaloni e che si comportano come uomini primitivi sbucati fuori dalle proprie caverne per catturare la preda che più gli aggrada.
Le città non sono fatte solo per gli uomini ma per essere vissute anche dalle donne che non sono individui di serie B.
Dire alle donne di starsene buone a casa significa rispolverare per l’ennesima volta le vecchie convinzioni patriarcali secondo cui si ripartiscono i ruoli in predatore e preda in quanto l’uomo è dominante per natura e alla donna si impone di difendersi, sempre e comunque.
Se non ci riesce allora “se l’è cercata” così come è stato decretato da tutti i perbenisti che si sono arrogati la pretesa di giudicare in merito al deprecabile stupro di gruppo di Palermo.
Noi donne viviamo in uno stato di iper vigilanza solo perché certi maschi sono convinti di essere uomini solo in modo prevaricante, mostrando una totale mancanza di rispetto che è radicata in una matrice culturale che considera le donne come oggetti a disposizione.
Le violenze vengono consumate anche quando le donne non sono ubriache, o vestite in modo succinto, le violenze si commettono anche di giorno e non perché siamo andate in giro da sole in piena notte.
Noi donne viviamo in una società ancora declinata al maschile in cui tutti gli uomini sono complici involontari di queste diffuse forme di prevaricazione maschile.
Spesso gli uomini anche se condannano gli atti di violenza, nel quotidiano mostrano indifferenza di fronte a battute sessiste dette nell’allegria goliardica di gruppo. Ne ridono e le minimizzano non rendendosi conto di continuare ad alimentare quel vortice di sopraffazione di cui si nutrono le azioni violente nei confronti delle donne. Parole ritenute innocue invece sono solo l’inizio in quanto sono espressione di stereotipi culturali che riducono la donna a un corpo e che conducono ad atteggiamenti discriminatori che poi sfociano in molestie verbali e psicologiche che finiscono per legittimare quelle fisiche fino a raggiungere il culmine con il femminicidio.
Esso non è un atto improvviso scatenato da un momento di rabbia, ma è l’atto culminante di un lungo e perpetrato processo di abusi sulla donna.
Se si accetta come normale un orinatoio a forma di bocca di donna come è accaduto in una palestra di Torino o il corpo nudo, ricoperto di cioccolato, di una ragazza su un buffet in un noto hotel in Sardegna, vuol dire che non si è capito che questi sono tasselli di una cultura sessista i quali, tutti insieme, generano continue forme di prevaricazione che si trasformano inevitabilmente in violenza sistemica.
Il problema non è solo degli uomini violenti ma anche e soprattutto di tutti gli altri che ancora tendono a sottovalutare quando invece dovrebbero essere più empatici nel concepire la realtà femminile e a non banalizzarla a una pretesa femminista perché ogni donna che afferma se stessa non è una invasata ma una donna che esprime la propria identità.
Così come rivendicato da Rebecca West, scrittrice britannica e una delle più importanti figure intellettuali del ventunesimo secolo per il suo costante impegno per la difesa dei diritti delle donne, che dichiarò in una sua intervista di essere tacciata come femminista “tutte le volte che esprimo sentimenti che mi distinguono da uno zerbino e da una prostituta”.
Tutti gli uomini devono avere il coraggio di ammettere le proprie responsabilità e riconoscere che la violenza sulle donne è un loro problema e che non lo si si può risolvere, superficialmente e vigliaccamente, trasferendone la responsabilità alle donne perché noi donne non siamo carne da macello.