La Strina. In Sicilia, in un tempo lontano, Babbo Natale era una donna
Nella notte ammantata di stelle lucenti, una vecchietta, dal viso segnato da rughe profonde, ma illuminato da due occhi brillanti di gioia, cammina allegramente. Avvolta nel suo scialle, sorride contenta sapendo di essere attesa. I suoi passi riecheggiano per le stradine e si confondono con lo scalpitio dei muli grigi che la seguono. Presto elargirà i suoi doni e la vita ritornerà a risplendere.
Nella nostra tradizione natalizia, diffusa soprattutto nella zona del palermitano, si narra un’antica leggenda secondo la quale una vecchina sdentata, vestita di scuro, nella notte del 24 dicembre, secondo alcuni comuni siciliani la notte del 31, porterebbe giocattoli e dolci ai bambini che durante l’anno si sono comportati bene. Essa è chiamata da tutti la Vecchia o Strina ma anche la Vecchia di Natali a Ciminna o la Carcavecchia a Corleone, o Nunna Vecchia ad Isnello.
Ma qualunque sia il suo nome, il suo animo è buono e desidera solo rendere felici i bambini con i suoi doni, anche se punisce quelli monelli portando loro del carbone.
Lo storico Giuseppe Pitrè riporta questa antica credenza siciliana nel libro IV della sua raccolta: Usi e costumi, del popolo siciliano.
Egli scrive che la Strina è una vecchia brutta ma buona e cara ai bambini.
A loro, qualche giorno prima di Natale, si racconta che sta per arrivare la Vecchia di Natale, una fata benefica per quelli che sono stati buoni e per cui ha preparato di nascosto dolcetti e doni. Invece i bambini monelli vengono spaventati con la minaccia che questa Vecchia, brutta, sdentata, gibbosa e decrepita, verrà a prenderli per portarli via.
In quei giorni i bambini ne parlano continuamente e la sognano, poi, la notte di Natale vanno a letto presto, desiderosi di ricevere i suoi regali, perché se lei li trova svegli, non entra in casa poiché non vuole farsi vedere. E quella notte la Vecchia di Natali arriva suonando una tromba di conchiglia e cammina per le stradine, accompagnata da molti animali che trasportano in groppa sacchi pieni dolci e giocattoli da distribuire nelle case dove ci sono i bambini.
La Strina entra anche se le porte sono chiuse, infatti lei passa attraverso le piccole fessure, deposita il regalo e poi va via fino all’alba, quando ritorna nella sua abitazione che si trova in luoghi isolati.
La mattina, i bambini trovano dolci e giocattoli di ogni genere che i genitori, secondo la loro condizione economica, hanno avuto cura di preparare ai loro figlioletti.
Oltre a questa versione riportata dallo storico, ne esistono altre, differenti per ogni paesino siciliano.
A Vicari si racconta che la Strina arriva in paese senza farsi vedere poiché ha il potere di trasformarsi in formica per potersi intrufolare più facilmente.
A Cefalù, è la notte del 31 che lascia la Rocca, che si trova sulle pendici del paese, e scende a valle accompagnata dal marito, sbattendo energicamente dei barattoli di latta per avvertire del suo arrivo con il baccano prodotto.
A Gratteri, abita nella Grattara, una grotta alle falde del Pizzo di Pilo, e arriva in paese in groppa ad un asino, avvolta da un velo bianco.
Qualunque sia la versione raccontata, quella della Strina è una leggenda radicata nella nostra tradizione popolare, ci ricollega al nostro lontano passato perché è una leggenda ancora più antica di quella di Santa Claus e risale alla concezione della donna di epoca pagana in cui ella, procreando, era considerata simbolo di nuova vita e di rigenerazione per questo, indissolubilmente legata alla nascita del nuovo anno.
Questa leggenda è rimasta radicata nella nostra terra fino alla fine dell’800, oggi è svanita nell’oblio dei ricordi dei nostri anziani ed è stata soppiantata dalla Befana e da Babbo Natale. Eppure bisognerebbe riprendere a raccontarla ai nostri bambini, far comprendere loro la bellezza intrinseca della Vecchia Strina, una donna anziana che segna un momento di passaggio per noi e per la natura che ci circonda, per essere partecipi del ciclo eterno della vita.