La mitica Sicilia, tra glorie del passato e incuria del presente
Come un impeto passionale le estati siciliane, avvolgono con calda voluttà la nostra terra, la accendono nei suoi colori che esplodono in una deflagrazione di mille bagliori luccicanti che si espandono contornandola di una luce forte, impregnata di profumi intensi che si fondono in un unico alito, nel respiro profondo della nostra Isola.
E noi, stregati dalla forza arcana di questa nostra terra, indissolubilmente legati al fuoco sotterraneo che scorre impetuoso nelle sue viscere, assorbiamo la sua energia vivificatrice e la sentiamo pulsare nelle nostre vene come vitalità piena.
“Non invidio a Dio il paradiso, perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia”.
Queste le parole di Federico II di Svevia secondo quanto tramandato da fonti antiche.
In effetti ogni angolo incanta con la sua suggestiva bellezza e sembra testimoniare ancora oggi le origini leggendarie della nostra Sicilia.
Questa splendida terra sarebbe nata grazie a tre bellissime ninfe, le quali vagavano per il mondo a passi di danza e raccoglievano dalle parti più fertili, dei pugni di terra mescolati a dei sassolini e piccoli frutti. Attratte dall’azzurro limpido del nostro cielo, per la gioia si lasciarono andare in una danza ancora più allegra e con i loro movimenti lasciarono cadere il loro pugno di terra nel mare insieme ai fiori e alla frutta custoditi nei veli che le ricoprivano.
Quello che avevano raccolto, cadde in tre punti precisi, distanti tra di loro come i vertici di un triangolo rovesciato, e il mare tra di essi si colorò come un brillante arcobaleno e poi pian piano, si solidificò e emerse dalle onde una terra variopinta e profumata, intrisa di ogni bellezza naturale.
Questi tre punti diedero alla Sicilia la sua particolare forma triangolare e vennero identificati come i tre promontori che la caratterizzano, Capo Peloro dal lato di Messina, Capo Passero dal lato di Siracusa e Capo Lilibeo dal lato di Palermo.
Questa antica leggenda insieme alle altre due: il mito di Encelado, di epoca classica, legato alla lotta tra i Giganti e gli dei dell’Olimpo e la storia della principessa Sicilia risalente al periodo della dominazione bizantina, confermano la straordinarietà della nostra Isola che, ricca di un patrimonio culturale che si perde nella notte dei tempi, brilla come una pietra preziosa nel mar Mediterraneo racchiudendo in sé tradizioni secolari e culture antichissime.
Però noi, figli di questa nostra terra, con il trascorrere degli anni, abbiamo tradito la sua anima più profonda, ci siamo lasciati sopraffare dalla nostra atavica pigrizia e abbiamo assistito, apatici, al suo lento ma inesorabile declino.
Sospesi tra le glorie del passato e l’incuria del presente, non ci siamo resi conto che distruggendo la sua bellezza abbiamo annullato anche la nostra stessa identità.
Anni di politiche sbagliate, legate a privilegi personali, sottomesse a una vasta rete di relazioni clientelari, hanno lasciato nelle mani di organizzazioni criminali la gestione delle risorse del nostro territorio.
Il denaro è stato lo scopo e il fine ultimo di ogni decisione e adesso la nostra terra langue morente nel suo deperimento.
Il fascino mitico e leggendario che avvolge ogni luogo, ogni angolo di bellezza naturale, è stato brutalmente squarciato dalle dinamiche economiche che, invece di difendere il nostro patrimonio, lo hanno svenduto e barattato.
E oggi, questa nostra inerzia si fonde con la lenta agonia dei due pantani di Gelsari e Lentini.
Nel silenzio voluto e imposto degli organi di informazione e degli Assessorati competenti, questi due importanti zone umide al confine tra le province di Catania e Siracusa, ultime e straordinarie lagune mediterranee, habitat di interesse comunitario per la rarità di flora e fauna, invece di essere tutelate sono state sottoposte a vari interventi di prosciugamento, nonostante facciano parte dal 2012 della Zona di protezione speciale. Ed è stata autorizzata la costruzione di un elettrodotto, incurante dello scempio ambientale che ne deriva.
Eppure basterebbe voltarsi indietro e respirare l’aria pregna di tenacia e fermezza, che ha animato le azioni dei nostri progenitori, per far rivivere in noi l’antica energia.
In questa calda estate, avvolti dagli odori forti e dai profumi intensi della nostra terra, non lasciamoci travolgere solamente da una superficiale spensieratezza, soffermiamoci a riflettere e prendiamo coscienza che non possiamo più permetterci di vivere in una perenne e vigliacca indifferenza. In autunno, rechiamoci alle urne, presentiamoci nei seggi elettorali per scegliere non chi ci ha abbagliato con false promesse ma chi ha deciso di lottare per risollevarci dal nostro degrado. Solamente così potremo riappropriarci della nostra Terra e della nostra dignità di Siciliani.
Essere isolani è uno stato d’animo, una consapevolezza intima che ci accompagna per tutta la vita.
Sentimento che purtroppo abbiamo dimenticato, ma che è stato sottolineato da uno dei nostri più grandi autori, Pirandello:
“Io sono nato in Sicilia e lì l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte anche vivendo lontano dall’aspra terra natìa circondata dal mare immenso e geloso”.